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Israele alla ricerca di un governo di centro-destra

La Livni continua a resistere alle avances di Netanyahu, incaricato dal presidente Peres di formare un governo di larghe intese. Il partito centrista Kadima, infatti, è uscito vittorioso dalle elezioni politiche della scorsa settimana, ma per un solo seggio, e per la prima volta nella storia di Israele il primo ministro potrebbe non essere il leader del partito che ha più seggi alla Knesset, il Parlamento israeliano.

Bisognerà vedere se le resistenze della Livni sono finalizzate a far fallire il tentativo di Netanyahu e a convincere il presidente Peres a revocargli l’incarico, affidandolo alla stessa leader di Kadima, oppure fanno parte di un "balletto" per non perdere la faccia con i suoi elettori, e di un gioco delle parti per ottenere un compromesso più favorevole a Kadima negli equilibri del nuovo esecutivo.


Di sicuro la Livni è riuscita a far sopravvivere Kadima dopo i disastri di Olmert attingendo voti dai partiti alla sua sinistra, convincendo i loro elettori che i voti per lei erano voti contro Netanyahu, ma senza dubbio Hamas e la guerra del 2006 in Libano hanno spostato l’elettorato israeliano a destra. Visto con gli occhi degli israeliani, i ritiri unilaterali dal Sud del Libano e dalla Striscia di Gaza hanno prodotto più vulnerabilità e non la pace.

Secondo David Makovsky, del Washington Institute for Near East Policy, Netanyahu avrebbe in mente una "pace economica" con i palestinesi. I suoi consiglieri spiegano privatamente che le sue idee su come sviluppare le istituzioni palestinesi - senza istituzioni palestinesi forti e legittimate non può esservi una pace duratura - coincidono con quelle dell’inviato del Quartetto, Tony Blair. Un accordo di pace definitivo con i palestinesi rimane improbabile nei prossimi 5 anni, anche perché ci vorrà tempo per rafforzare le istituzioni palestinesi. Ma nel frattempo l’idea è di demarcare il confine tra Israele e la Cisgiordania. Anche se tutte le questioni non potranno essere risolte, una demarcazione dei confini porrebbe fine all’ambiguità sugli insediamenti, definendo quali territori faranno parte di Israele e quali di un futuro Stato palestinese.

Secondo Michael Oren, l’opinione pubblica israeliana è disillusa. Ha capito che il conflitto non riguarda più il 1967, ma piuttosto il 1948. In altre parole, il conflitto non è più per le terre, ma minaccia l’esistenza stessa di Israele. Il principio "terra in cambio di pace" è stato screditato quando il disimpegno di Israele dal Sud del Libano e da Gaza ha prodotto il lancio di razzi, non la pace. In questo momento Israele vuole evitare attriti con gli Stati Uniti per facilitare la cooperazione sul tema del nucleare iraniano. Sulla questione iraniana infatti i rapporti tra Stati Uniti e Israele potrebbero conoscere il momento di maggiore tensione della storia recente tra i due paesi. Obama è orientato a rilanciare i negoziati, forse diretti, con l’Iran, ma in Israele sono tutti altamente scettici. E questo scetticismo è una delle poche cose su cui concordano tutti i principali attori politici in Israele.

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