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Intervento in Siria. Quale diritto?

La denuncia del'uso di gas Sarin rivolto dai ribelli siriani al regime di Assad ha rimesso in moto il collaudato meccanismo dell'intervento militare per motivi umanitari. Quanto c'è di fondato e quanto di strumentale in questa denuncia?

E' sconcertante vedere con quanta fretta i governi di alcuni paesi occidentali prendano per vere le dichiarazioni dei ribelli siriani, prima ancora che vi sia una pur minima verifica. Il presidente degli Stati Uniti invece sembra ritenere maleducato dubitarne ma, finora, ha sempre trovato motivi per non concretizzare azioni conseguenti. Motivi legittimi peraltro, che tengono conto del buonsenso e del diritto internazionale. Il diritto di ingerenza umanitaria infatti si applica se autorizzato dal Consiglio di Sicurezza ONU, altrimenti gli atti di guerra contro un paese sovrano sono un crimine. Invece sembra che Obama li usi come un alibi, quasi scusandosi.

Eppure sulla questione dell'uso di Sarin la fonte dell'accusa è al di sotto di ogni sospetto. Basti ricordare che qualche mese fa la polizia turca ha arrestato un gruppo di ribelli di al Nusra in possesso di Sarin, o le dichiarazioni di Carla dal Ponte, che ha raccolto testimonianze dell'uso di agenti chimici da parte dei ribelli.

Ancora più sconcertante è il fatto che essi definiscono umanitario un eventuale intervento militare in Siria. Basta considerare lo stato attuale dei paesi che più di recente sono stati oggetto di interventi analoghi. Libia: 50.000 vittime civili, integrità sociale e civile del paese distrutta, mutata in un coacervo di fazioni in lotta; Iraq: 1.000.000 di vittime, milioni di profughi, divisione del paese in tre entità separate teatro di continui sanguinosi attentati. Che vengano definite "umanitarie" azioni di guerra che hanno questi effetti è sconcertante.

Il diritto/dovere di ingerenza umanitaria è diventato parte del diritto internazionale dopo la seconda guerra mondiale, sull'onda dell'orrore suscitato nell'opinione pubblica dalla scoperta dallo sterminio nazista. La Comunità Internazionale ha quindi deliberato di comune accordo di porre un limite alla sovranità degli stati, qualora i loro governi commettano crimini contro l'Umanità nei confronti della popolazione civile analoghi a quelli commessi dalla Germania Nazista. Nel caso in cui il CdS ONU ritenga che un governo si stia macchiando di tali crimini può autorizzare un'azione militare da parte degli stati membri affinché vi venga posto termine con la forza. Si tratta di un principio di grande civiltà che ha come scopo la protezione della popolazione civile.

Tuttavia per poter essere invocato il diritto/dovere di ingerenza umanitaria occorre che ricorrano alcuni presupposti: 1. che il CdS deliberi la necessità dell'intervento; 2. che l'intervento abbia l'unico scopo della protezione della popolazione civile; 3. che l'intervento non causi alla popolazione civile maggiori sofferenze del non intervento. Il primo punto fa parte delle norme procedurali concordate; il secondo punto esclude dalla protezione le forze armate: regolari o irregolari che siano, dunque presuppone l'imparzialità rispetto ai belligeranti; il terzo punto è un corollario che deriva dall'oggetto della norma. Sarebbe infatti illogico e contraddittorio se un intervento a protezione della popolazione civile infliggesse alla medesima danni e sofferenze maggiori di quanti ne causa chi la offende.


Il ventilato intervento militare contro il regime siriano è dunque già in premessa illegittimo.

In primo luogo perché è apertamente finalizzato a sostenere una parte belligerante contro l'altra, il che viola il dovere di imparzialità; in secondo luogo perché tutto fa supporre che la popolazione civile avrebbe maggiori danni e sofferenze se, a causa dell'intervento, prevalesse la fazione ribelle. Meglio: se prevalessero le fazioni ribelli, alcune delle quali notoriamente animate da violenta intolleranza su base religiosa e/o etnica.

Per come si presenta, l'intervento militare in Siria è già definibile come illegittimo e criminale, ma, nonostante questo, sembra che nessuna delle cancellerie occidentali, con l'eccezione della Germania, abbia intenzione di prendere le distanze da un intervento militare in Siria. Perché?

Perché i due paesi più interventisti: Francia e UK, vorrebbero rovesciare il regime siriano adottando il medesimo format adottato in Libia, pur sapendo che questo causerebbe la destabilizzazione di un'area geopolitica alle porte d'Europa dalla quale hanno tutto da perdere e nulla da guadagnare? In sintesi: perché Hollande e Cameron stanno lavorando per un obiettivo che, oltre ad essere illegittimo secondo il diritto internazionale, va contro gli interessi dei loro rispettivi paesi?

In mancanza di ipotesi più fondate la mia risposta è che essendo quelli di Francia e UK i due regimi più sionisti d'Europa, e volendo il regime sionista israeliano togliere di mezzo Assad per avere la strada libera per un attacco all'Iran, Francia e UK stanno lavorando per agevolare questo obiettivo. Un obiettivo disastroso.

 

Foto: Freedom House/Flickr

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