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Internet non è un media. Ma non ditelo ai giornalisti

Cos'è Internet e come sta cambiando il modello di diffusione delle informazioni. Un'analisi sul ruolo dei giornalisti e sulle nuove dinamiche digitali.

La genesi di una notizia.

Quando avevo all'incirca 11 anni il mio più ardente desiderio era quello di possedere una telecamera per riprendere qualsiasi cosa avesse potuto ispirare un mio possibile documentario, film, reportage. Avevo una gran voglia di documentare. Era il 1998 e nei negozi di elettronica si vendevano quelle prime telecamere 8 mm che non avevano ancora neanche lo schermo estraibile, quindi per riprendere dovevi poggiare l’occhio sul foro che consentiva di vedere quello che stavi registrando e se volevi rivedere quello che avevi appena documentato dovevi: modificare la modalità della telecamera, riavvolgere il nastro e premere su “play”. Una pratica piuttosto farraginosa.

Ero innamorato di quello strumento, quindi convinsi mio nonno a comprarne uno e anticipare così il regalo di una qualche ricorrenza. Mi pare che il costo si aggirasse intorno alle 700 mila lire. Mi feci comprare ovviamente anche le cassette da 8 mm per registrare, altrimenti mi sarei potuto limitare solamente a guardare il mondo dal foro di una telecamera. Iniziai subito le riprese: era estate ed ero in campagna, quindi non c’era niente di meglio che realizzare un documentario sulla natura.

Una volta fatta la registrazione mi resi conto che mancava il tassello fondamentale per rendere il mio documentario un vero prodotto editoriale: qualcuno che lo distribuisse.

Le mie ambizioni di produttore e regista avevano trovato un grosso ostacolo che non avrei potuto superare da lì a chissà quando: mi resi subito conto che avrei dovuto avere i contatti giusti, come giornalisti o persone che lavoravano nel mondo dell’editoria e questo sarebbe potuto succedere con il tempo, magari dopo aver completato un percorso di studi che avrebbe compreso l’Università. I miei sogni di gloria erano finiti sul nascere.

Meno di 20 anni dopo la situazione è profondamente cambiata. Chiunque può registrare un video o fare una fotografia con il proprio cellulare, ovunque e in qualsiasi momento della giornata. Non solo. L’accesso a Internet da mobile oggi consente a chiunque di inviare o trasmettere il video in diretta sul web, sfruttando una delle tante piattaforme sociali che lo consentono, come Facebook o Periscope.

Si tratta di una vera e propria democratizzazione della trasmissione video in tempo reale e, più in generale, di una democratizzazione della diffusione delle informazioni.

I giornalisti non sono più i detentori delle notizie perché il modello di distribuzione delle news è profondamente cambiato, passando da un modello gerarchico e piramidale a un modello a rete, dove tutti i nodi hanno la stessa possibilità di produrre e distribuire un’informazione.

 

Internet è il media di se stesso.

Sul Web Emittente e destinatario non rivestono ruoli così facili da distinguere, in quanto contribuiscono entrambi alla creazione e alla diffusione di un’informazione online. A conferma di questo, basti pensare che nel caso di altri mass media il messaggio esiste anche in assenza di un destinatario, come ad esempio un’affissione posizionata lungo una strada in cui non si registra nessun passaggio di persone. Su internet, invece, la questione è molto diversa. Sia da un punto di vista tecnico, perché è la connessione tra le reti a rendere possibile la trasmissione del messaggio. Sia da un punto di vista semiotico, perché il messaggio messo online attende di essere condiviso, commentato, modificato e propagato. Altrimenti, perde la sua stessa natura.

Il web quindi non è un media. Non lo è, da un punto di vista teorico per due motivi principali. Uno riguarda i soggetti coinvolti: la comunicazione online, infatti, presuppone come indispensabile l’interazione tra i nodi, per quanto mediata dalle reti (in termini di protocolli e accessi). La Legge di Metcalfe sintetizza molto bene la specificità di Internet e la sua natura, strettamente legata al concetto di rete e di interazioni sociali: “l’utilità e il valore di una rete sono pari a n^2 — n dove n è il numero degli utenti”. Questo significa che una rete costituita da un solo computer ha un valore uguale a zero oppure, semplicemente, non esiste. Non è una rete, perché non permette di comunicare. Applicando la Legge di Metcalfe, infatti, il suo valore è uguale a 1–1 = 0. Le cose cambiano quando si collegano più computer alla rete. Con tre computer collegati, ad esempio, si avrà un valore della rete pari a 9–3 = 6. È evidente che più aumenteranno i computer e maggiore sarà la forza su cui la rete potrà contare, elemento tanto più significativo oggi, in quanto l’evoluzione dei device e dei comportamenti delle persone porta a connessioni pressoché costanti, con reti sempre più solide e potenti. È in questo contesto, popolato di nodi e quindi di persone, che Internet riesce ad esprimere al meglio le sue potenzialità, fornendo soluzioni tecnologicamente e socialmente capaci di valorizzare la comunicazione nel suo significato più ampio di collaborazione, partecipazione e condivisione. L’altro motivo riguarda gli strumenti coinvolti: il Web non è assimilabile allo strumento (smartphone, TV, radio, computer, ecc., tant'è che ormai andiamo su Internet con praticamente quasi tutti questi device), e non è identificabile con il contenuto (video, messaggio vocale, testo, immagine, ecc.).

Internet è un contesto sociale, un “luogo”, nel quale è possibile sviluppare relazioni umane, collegare le esperienze dei singoli, mescolare chi produce il messaggio e chi lo fruisce, insieme al messaggio stesso.

La celebre affermazione di McLuhan “Il mezzo è il messaggio” sembra trovare nel web un nuovo orizzonte, per includere anche tutti i soggetti coinvolti nella produzione, elaborazione e fruizione del messaggio stesso.

 

Internet non è un posto per giornalisti. Forse.

Internet non produce notizie, ma le notizie costituiscono il Web. La produzione di notizie oggi, per scopi completamente diversi da quelli degli editori, è un’attività fondamentale anche per le imprese che creano canali YouTube, blog, newsletter, ecc. per acquisire traffico di utenti interessati ad argomenti legati al loro business, tentando così di farli diventare clienti. Per questo motivo le imprese hanno sempre più bisogno di competenze narrative, oltre a quelle tecnologiche e di marketing, in grado di scrivere contenuti di interesse per gli utenti che siano in grado di imporsi nell'ecosistema costituito dall'oligopolio degli algoritmi di Facebook e Google.

Dal punto di vista delle redazioni, fucina di narratori, il dominio dell’algoritmo impone l’acquisizione di nuove competenze: la vera figura professionale innovativa è quella dell’artigiano dell’algoritmo, un profilo che coniuga competenze tecnologiche e narrative, capace di muoversi con disinvoltura nell'ambito del marketing e dei media, soprattutto digitali.

Bisogna imparare ad essere nodi della rete e dimenticare il tempo in cui i fatti e le informazioni erano alla portata di pochi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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