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Internet nel 2014: meno libero e più iniquo

La World Wide Web Foundation, la fondazione creata dall’inventore del Web, Tim Berners Lee, ha presentato il rapporto “Web Index 204-2015″ attraverso il quale si offre un quadro della Rete dal punto di vista social, economico e politico. Il rapporto prende in considerazioni 86 paesi e sottolinea come nel 2014 il Web sia diventato meno libero e più iniquo.

In questi giorni è stato presentato il nuovo rapporto di World Wide Web Foundation, la fondazione che Tim Berners Lee, colui che ha creato il Web, ha fondato nel 2009, con l’obiettivo di fornire dati, numeri, notizie sullo stato di Internet nel mondo e di come esso viene usato. Per la prima volta si è considerato anche il dato relativo alla net neutrality. Da quello che si evince dal rapporto “Web Index 2014-2015“, il Web in questo ultimo anno è stato meno libero e più iniquo.

Gli utenti Web, rivela il rapporto, vivono sempre di più il rischio di una sorveglianza governativa indiscriminata. E aumentano nel mondo i paesi dove non esistono leggi che possano impedire questo tipo di attività, sono l’84% oggi mentre erano il 63% nel 2013.

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Il rapporto avverte che nel mondo cresce il fenomeno della censura online che è di tipo moderato o estesa nel 38% dei paesi monitorati, erano il 32% nel 2013, quindi una crescita del 6% in un anno.

E nonostante il peggioramento in quasi tutti i paesi della libertà di stampa, il Web e i Social Media stanno dando un contributo importante e offrendo ai cittadini la possibilità di poter far sentire la loro voce. E allo stesso tempo, le donne nel 60% dei paesi monitorati utilizzano il Web per esercitare i propri diritti.

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Come dicevamo, per la prima volta il Web Index prende in considerazione anche la net neutrality e a riguardo il primo risultato è che nei paesi monitorati questa è oggi una rarità. Solo un quarto dei paesi effettivamente fa rispettare regole contro la discriminazione commerciale o politica nella gestione del traffico Internet. Di recente anche Barack Obama si è schierato a favore della net neutrality.

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Il rapporto evidenzia anche che nel 74% dei paesi monitorati, tra i quali anche paesi ad alto reddito, le forse dell’ordine locali e i tribunali non sono ancora in grado di affrontare con misure adeguate il fenomeno della violenza di genere.

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Ma il Web Index 2014-2015 evidenzia anche che quasi il 60% della popolazione mondiale ancora oggi non ha un accesso completo al Web e che la metà degli utenti web vive in paesi che limitano fortemente i diritti online. Sono 4,3 miliardi le persone che non hanno accesso al web, mentre sono almeno 1,8 miliardi le persone che affrontano violazioni della loro privacy e della loro libertà di espressione quando sono online. Ci sono poi altre 225 milioni di persone per cui la possibilità di pagare può limitare il loro accesso a contenuti e a servizi online.

E Tim Berners Lee un invito specifico:

E’ tempo di riconoscere Internet come diritto umano fondamentale. E questo significa garantire l’accesso a tutti, assicurando l’accesso alla Rete senza discriminazioni commerciali o politiche. E’ necessario proteggere la privacy e la libertà degli utenti Web, indipendentemente dal luogo in cui vivono.

Nella classifica generale che rileva il Web Index degli 86 paesi monitorati, i paesi nordici come Danimarca, Finlandia e Norvegia sono quelli che si piazzano ai primi tre posti. L’Italia si piazza al 29° posto dietro Repubblica Ceca, Uruguay e Ungheria, quest’ultima è comunque la prima nella classifica dei paesi a medio reddito. La Spagna è 23°, la Svizzera 18°, Germania 14°, Francia 11°, Islanda 7°, Usa 6° e Uk 4°.

Per consultare tutto il rapporto basta accedere a questo link: thewebindex.org/report.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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