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Incidenti auto: la notte è fatta per dormire, non per morire

Secondo statistiche ufficiali, dall’inizio del 1969 al 30 giugno 2004, hanno perduto la vita, vittime di disgrazie sulle strade, circa 100.000 persone di età compresa fra i 14 e i 29 anni (ben il 33% del totale).
 

L’ISTAT pone in evidenza che, in aggiunta al sacrificio di vite umane, l’incidentalità sulle arterie del nostro Paese si porta appresso anche una montagna di danni economici: per il 2002, sono stati stimati in 34.100 milioni di euro, corrispondenti al 2,7% del prodotto interno lordo.
 
Dunque, una vera e propria ecatombe su più fronti.
 
E però, è chiaro che, alla luce di quanto dianzi accennato, nell’insieme delle sciagure stradali, attenzione e riflessione più marcate vanno rivolte a quelle che riguardano i nostri giovani e giovanissimi, i quali, di notte e ancora maggiormente nelle prime ore del mattino, si muovono in macchina per recarsi in luoghi di svago (discoteche, pub ecc. ecc.) e, successivamente, per fare rientro a casa.
Corse nella notte avanzata, inevitabile stanchezza, riflessi meno pronti, abitualmente anche qualche bicchiere di bevande alcoliche.
 
Il punto, il vero punto, sta proprio qui.

V’è intanto da dire che nessun ragazzo riesce a spiegare come mai i divertimenti – a cui ci si abbandona, ad esempio, dalle ore 24 alle ore 4 – non possano essere coltivati fra le 20 e le 24. Ho personalmente svolto con sistematicità indagini in tal senso, ma niente risposte o chiarimenti congrui.
 
E poi, i locali, altro grosso bastione di diatribe e resistenze: perché devono chiudere quando è già nuovo pieno giorno e non a mezzanotte?
Molto tristemente, alla fine tocca constatare come il nocciolo del problema sia costituito unicamente, o almeno prevalentemente, dalla difesa a denti stretti delle posizioni attualmente raggiunte e in vigore: in sintesi, tenere viva e accesa la macchina dei consumi 24 ore su 24. Il che appare profondamente assurdo.

A mio giudizio, occorre prendere di petto la faccenda, ad ogni livello ed in tutte le sedi, con rigore e senza tentennamenti: altri paesi civili, vedi l’Inghilterra, hanno detto basta, conseguendo significativi risultati.
 
Perché dovremmo sentirci sminuiti imitando o copiando comportamenti, positivi e utili, altrui?
 

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