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In morte di Ciro Esposito

Ora serve un segnale forte da parte di tifosi, dirigenti e calciatori di Napoli e Roma.

 Ora basta.

Tacciano le radio, si spengano le tv, si richiudano i giornali.

Si fermino le carovane incendiarie dei tifosi organizzati.

Ciro è morto.

Un silenzio infinito, e non solo il canonico minuto, accompagni l'ultimo viaggio di un ragazzo morto senza un perché. Non vogliamo parole di cordoglio, che anche quando sono sincere appaiono false e di circostanza.

Da Hamsik e Totti, da Pallotta e De Laurentiis vogliamo fatti. Esempi. Simboli.

Prima del fischio d'inizio del prossimo campionato capitani e presidenti di Napoli e Roma si siedano davanti ad un tavolo e facciano qualcosa.

Di forte. Di eclatante.

Si potrebbe cominciare con una amichevole da giocarsi all'Olimpico, con incasso devoluto alla famiglia di Ciro. Ma poi nella discussione vanno coinvolti i capi ultras. E con loro va usata l'unica arma che capiscono: quella delle minacce, del ricatto.

"O la smettete o noi non giochiamo più".

E chissenefrega dei soldi, del campionato, dei gol e dei punti in classifica, di fuorigioco e di moviola i campo...

Una volta le due tifoserie erano unite da un gemellaggio, che faceva di Napoli-Roma il derby del sole, una festa per famiglie. Poi qualcosa è cambiato, è partita un'escalation di scaramucce e scontri, fino a veri e propri agguati.

È tempo di dire basta.

È tempo di tornare al gemellaggio.

Nel nome e nel ricordo di Ciro.

Venerdì ci sono i funerali.

Sarebbe bello vedere la bara di Ciro portata a spalle da chi fino a ieri si è fatto la guerra... 

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