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 Home page > Tribuna Libera > Immigrazione: le colpe e le responsabilità della politica italiana

Immigrazione: le colpe e le responsabilità della politica italiana

Bisogna dirlo: la politica italiana dagli anni ’70 dedica poca attenzione e risorse ai flussi migratori. Ciò che sta accadendo ai nostri giorni è frutto di questa tendenza costante a sottovalutare il problema. E lo si sottovaluta sotto diversi aspetti: numericamente ad esempio e anche per ciò che riguarda gli stanziamenti, conseguentemente.

In Italia abbiamo creato strutture per accogliere circa 13.000 migranti, per poi far scoppiare letteralmente i centri di identificazione ed espulsione – i CIE - e i centri di accoglienza i richiedenti asilo politico – i CARA - e far imbufalire la popolazione nazionale che non ha fatto altro che vedere le conseguenze di scelte scellerate.

La politica ha sfruttato il tema per decenni per scopi propagandistici e anche per scopi ancor più infami quando si è messa a braccetto con le cosche malavitose che sanno bene come avvantaggiarsi economicamente di qualsiasi cosa abbia a che fare col territorio e gli esseri umani.

Nazioni come la Francia o la Germania, quando hanno visto salire le cifre dell’immigrazione, hanno di conseguenza previsto fondi maggiori nei loro bilanci e si sono attrezzati per dare accoglienza ai richiedenti asilo. E si parla di centinaia di migliaia di migranti, non di bruscolini.

Non hanno fatto scoppiare un pandemonio come accade da noi, per poi realizzare campagne di razzismo contro "l’uomo nero". L’uomo nero, l’orco, in Italia è la politica marcia. Infettata dal virus del pressapochismo, dell’incapacità a governare saggiamente il paese, della corruzione.

Ovvio che oggi le altre nazioni europee ci chiudono le frontiere in faccia di fronte alle richieste assurde del nostro governo. Attenzione, assurde proprio perché a monte c’è la malapolitica che non ha lavorato per gestire al meglio almeno i richiedenti asilo politico, come previsto dal regolamento di Dublino o nei trattati della Convenzione di Ginevra.

Sono anni ed anni che i governi italiani dichiarano l’esistenza delle criticità legate ai flussi migratori ma non un solo governo ha messo in essere le soluzioni adeguate. L’unica cosa che hanno fatto, è stata sfruttare il tema a fini elettorali. Hanno esacerbato gli animi dei cittadini italiani per poi promettere che, una volta eletti, avrebbero sicuramente posto fine ai disagi. Cosa che, non è mai accaduta.

Abbiamo 8.000 chilometri di coste sul Mediterraneo, il mare più facilmente navigabile al mondo. E cosa fa la politica? Continua a comportarsi sempre come fossero problemi “momentanei” e senza mettere in conto le evoluzioni, le guerre, le modificazioni sociali e la siccità, che è uno dei motivi di migrazione di cui nessuno parla.

La nostra Costituzione, all'art. 10 stabilisce il diritto d’asilo in Italia allo straniero al quale nel suo Paese non è garantito l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione. Sapete perché è stato scritto questo articolo? Perché alcuni dei nostri padri costituenti erano stati a loro volta migranti richiedenti asilo politico durante l’era fascista e la seconda guerra mondiale.

Ciò significa che, costituzionalmente, l’Italia è obbligata a dare asilo e non certo a creare casini a chi ci chiede che questo diritto venga riconosciuto. E bisogna finirla col discorso che “sono tutti migranti economici” dal momento che nessuno si è mai preso la briga di controllare attentamente le motivazioni individuali dei migranti. Li hanno sempre messi in un enorme calderone, sbattuti da qualche parte ad attendere di essere sfruttati per qualche ignobile ragione.

Sappiate che, nella realtà dei fatti, circa il 70% dei migranti ha diritto a richiedere asilo politico. Questi dati, costantemente monitorati e diffusi dall’ Asgi - Associazione studi giuridici sull’immigrazione - ma non vengono mai diffusi.

L’Italia non fa che chiedere “maggiori risorse economiche all’Europa”. Risorse che puntualmente riceve ma che poi non utilizza per organizzare meglio la situazione dei migranti. E’ un abuso che continua ad essere perpetrato contro i migranti, contro la popolazione italiana, contro l’Europa.

Le regole europee prevedono accoglienza e non solo salvataggi in mare, come facciamo noi. Ma ovvio: fa più effetto far vedere al mondo come siamo bravi a fare i soccorritori o peggio, come si muore in mare, piuttosto che mettere in atto alla lettera le normative europee.

Poi cosa facciamo ancora? Respingimenti, come quelli che attuò Maroni per poi beccarci una sanzione dalla Corte Europea per i diritti dell’Uomo che dichiarò la violazione delle norme internazionali che vietano il respingimento dei migranti senza alcun tipo di controllo e verifica dei richiedenti asilo politico. Controllo. Verifiche. Adesione alle normative. Finanziamenti. Realizzazione delle strutture di accoglienza. Sono tutte le cose che l’Italia avrebbe dovuto fare, come hanno fatto le altre nazioni europee, e che non ha fatto. Per poi dare la colpa – sistematicamente - ora all’Europa ora – addirittura – ai migranti.

Non dimentichiamo peraltro, che l’Italia ha approvato il regolamento di Dublino III, che fra le altre cose fissa i criteri di determinazione dello Stato competente a esaminare le domande di asilo. Da un lato firmiamo, dall’altra non applichiamo. E’ disonesto. Nei confronti di tutti.

Sempre Dublino III stabilisce un principio generale per cui spetta allo Stato dell’Ue di primo ingresso la responsabilità di esaminare la domanda di asilo e le conseguenti regole dell’accoglienza del richiedente asilo. Oltre ciò, vengono stabiliti altri criteri per determinare lo Stato competente. E’ un documento che ha subito tre trasformazioni nel corso degli anni, e che ha sempre trovato d’accordo il nostro paese. Una delle norme prevede l’identificazione delle persone che arrivano nel nostro paese e lo Stato italiano ne diviene responsabile per 12 mesi, lasso di tempo all’interno del quale deve essere valutata la richiesta di asilo politico.

Se però un migrante ha soggiornato per 5 mesi in un altro stato dell’unione, la responsabilità deve essere presa da quello Stato. Ecco spiegato il perché in Italia spesso non viene imposto il riconoscimento dei migranti. E’ un continuo andare contro le regole sperando che le nostre colpe diventino responsabilità di altri. La chiamate politica questa?

Poi, contrariamente a ciò che viene inoculato nella mente degli italiani da certi politici, i migranti non ne vogliono sapere di stare in Italia e questo proprio perché sanno che da noi non vengono rispettate le regole europee sull’accoglienza, assistenza e alloggio per i migranti, altro che “colazione pranzo e cena e tutto pagato” come canta qualcuno in Italia.

Ma in tutto questo sfascio, c’è anche qualcosa che potrebbe funzionare, non fosse per le errate previsioni sui flussi migratori che continuiamo a compiere e questa cosa si chiama SPRAR: Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e per i Rifugiati. Sono centri di accoglienza ben organizzati e all’interno dei quali si attuano trattamenti umani. Centri che accolgono, assistono i richiedenti asilo, offrono corsi di formazione di lingua italiana e orientano persino per la formazione professionale. Sono finanziati sia con contributi europei che nazionali che vengono fissati di anno in anno.

Dov’è il problema? Nella sottostima del numero dei migranti. Se il Ministero degli Interni non è capace di stimare in maniera quanto più aderente alla realtà il numero di migranti, ecco che persino i progetti migliori vanno alla malora. In Italia se è emergenza conviene, altrimenti no. Mala politica allo stato puro.

Quanto avete letto fin qui, è un tentativo di chiarire almeno un poco la realtà di ciò che sta accadendo, per cercare di non farsi manipolare dalla politica nazionale e quindi di non sbagliare quando si tratta di dare responsabilità su quella che ora, da molti italiani, è indicata come “l’invasione dei clandestini”.

Di seguito, troverete il testo della Convenzione di Dublino: leggerlo - e comprenderlo - è un diritto di ogni singolo cittadino

Convenzione di Dublino

 

Foto: Denis Bocquet/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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