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Il volto della globalizzazione

Ogni essere umano ha diritto di vivere in pace, di proteggere i propri figli dalla povertà, ed è un obbligo sociale dei governanti e dei sistemi economici di apportare delle modifiche di correzione di un sistema di globalizzazione non più sostenibile. Occorre lavorare prima che scoppino le crisi e non limitarsi alla sola emergenza per poi aspettare la prossima criticità.

La costante crisi migranti, tra alti e bassi, tra periodi di sbarchi ridotti e aumento in altri periodi pone il problema della gestione e della risoluzione di un fenomeno umano e non di pacchi postali. Puntualmente spuntano ricette come se con un colpo di bacchetta magica tutto si potresse risolvere nel giro di un periodo relativamente breve. Tra i partiti politici e le stesse istituzioni vi è il solito scambio di accuse circa l’incapacità di gestire il problema, si invoca l’Europa la quale a sua volta ripete la solita formula “non lasceremo sola l’Italia”, si pongono sul tavolo negoziale nuovi accordi di finanziamento o sospensione di fondi ai paesi di transito dell’area Maghreb. Cose già viste e ripetute dove in questo periodo con i già gravi problemi interni, sia sanitari che economici, l’umore della popolazione si irrigidisce e le critiche si fanno sempre più veementi.

Eppure nessun leader politico europeo, ammesso che questa Europa abbia qualche leader, non vede la questione oltre il proprio giardino di casa. Nessuno mette in discussione le proprie politiche economiche nei paesi un tempo colonizzati, nessuno mette in discussione il sistema economico globale.

Già la globalizzazione. Con questo termine agli inizi degli anni ’90, dopo la fine della guerra fredda, si indicava un nuovo mondo dove si credeva, sbagliando di grosso, che la storia sarebbe finita e che tutto sarebbe cambiato. Si pensava alla fine di qualsiasi contrapposizione internazionale, si credeva che solo da qualche parte remota del mondo ci sarebbero stati conflitti ma circoscritti. Eppure pochi mesi dopo il sogno si frantumava nella crisi jugoslava. Primo banco di prova di un’Europa a trazione tedesca, smarcamento francese, fallimento ONU e successivo interventismo politico e militare americano. Si potrebbe citare anche la prima guerra in Iraq a seguito dell’occupazione del Kuwait. Guerra conclusa ufficialmente nel giro di pochi mesi, ma costantemente presente fino ad oggi.

Se la globalizzazione era intesa come mondo non più diviso, come vicinanza tra i popoli e rispetto delle varie culture, centralizzazione della persona umana questa ha fallito. Se invece, come pare, la globalizzazione era intesa dal punto economico-finanziario con l’obiettivo di attuare politiche di governance con il volto di un’economia dove contano i freddi calcoli sulla vita delle persone il risultato è stato pienamente centrato. 

Il copione è sempre lo stesso: aumento di tasse, debito pubblico esplosivo, deprezzamento del potere di acquisto, azioni dannose per gli habitat, tagli ai servizi sociali e sanità, accumulo di ricchezza in pochissime mani con un divario sempre più grande tra élite e popolo. Gli Stati, le popolazioni in balia degli umori delle multinazionali, freddi numeri giocati sulla pelle della gente che inevitabilmente è portata a spostarsi dalla propria terra. 

Salvatore Falzone

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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