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Il villaggio di cartone

I dilemmi dell'esistenza raccontati da Olmi nel mezzo dei flussi migratori, della ricerca di spiritualità, della memoria che permane.

“Da domani sono stato messo a riposo anch’io”, dice il sagrestano al parroco la cui chiesa sta venendo chiusa, per esigua frequentazione di fedeli e/o spending-review ecclesiastica (prima di Papa Francesco), al parroco, cui non sembra vero che i decori, la croce e le statue della sua chiesa - dove fu ordinato cinquant’anni fa - stanno per essere portati via. Non gli resta che scrivere una supplica al vescovo per almeno poter continuare a dimorare in canonica.

“Quando ancora la domenica queste panche si riempivano di fedeli, mi capitava una sensazione di vuoto, era il dubbio dentro di me…”. Frequentare le riunioni in parrocchia da ragazzo era “non devozione, ma rara occasione per stare con le ragazze. I miei occhi si incontrarono con quelli di lei e quegli occhi mi hanno tentato per tutta la vita… sempre la stessa domanda, perché il creatore ci ha messo questo fuoco dentro e poi ci minaccia con il suo castigo?”. È il parroco che racconta al medico condotto, venuto a curare degli ospiti che si sono installati – letteralmente attendati, con lenzuola come tende e paraventi divisori di cartone - nella sua chiesa vuota, ospiti neri, “clandestini”, per i quali il sagrestano lo mette sull’avviso, “quella gente nella nostra chiesa, gente diversa che non può essere come noi”.

Forse avevo un po’ di fede “in gioventù… ho pregato da bambino in un campo di sterminio. Credere, residuo d’infanzia o forse per istinto… o per non sentirsi del tutto soli”: è il medico che parla, rispondendo al prete che lo invita alla fede, al credere, ed esprime un senso della preghiera volto a qualcosa di vitale, di molto concreto, come il sopravvivere in un campo di sterminio.

“Le mura non udranno più parole di vita eterna e Cristo tace … bisogna parlare a voce alta per tenersi compagnia”: è ancora il parroco sconsolato che parla, prima ancora che i clandestini neri entrino nottetempo nella sua chiesa ormai in disarmo. Secondo il condivisibilissimo Olmi-pensiero, forse, quelle parole di vita eterna non aiutavano le persone nel loro molto prosaico quotidiano, perciò le chiese si vanno svuotando e rimangono cattedrali nei deserti.

“L’Africa può ancora ricominciare, qui può solo finire”: lo dice un ospite straniero, quando i poliziotti fanno per cacciare i “clandestini”. “Precise disposizioni di legge a carico di chiunque dà ospitalità a gente non identificata”: è il commissario Alessandro Haber che si esprime con linguaggio giudiziario-burocratico, eppure “quando la carità è un rischio, quello è il momento della carità”, questo invece lo pensa il parroco.

Il film è effettivamente pieno di citazioni del regista attorno alla religione, già parzialmente accennate in Cento chiodi. Una chiesa che si svuota per mancanza di devozione può servire benissimo a dare ospitalità a diseredati, disperati che sono venuti da noi in cerca di una vita un briciolo migliore, pure se tra essi vi sono malviventi o terroristi (“La nostra miseria è l’inizio della loro fine”, una ragazza terrorista lo dice). Questo sì è uno scopo sacrosanto, già in parte le chiese lo fanno (v. Cose dell’altro mondo), e potrebbero servire allo scopo anche i maestosi palazzi della politica, del Colle e del Vaticano. Sarebbe un atto ecumenico concreto, di vero abbraccio a razze e religioni. La chiesa in questo film è diventata una casa per tutti, segnatamente per i “diversi” (come li definisce il sagrestano): la funzione che le autorità ecclesiastiche non vi ravvedevano più è stata trovata nei fatti. Il punto dove prima era l’altare diventa una mensa dove si divide il cibo, a cui tutti partecipano, così avviene nel film quando vengono distribuiti viveri a questi che fuggono verso altri paesi.

La chiesa vuota è un set teatrale, dove maggiormente si odono delle citazioni dall’Olmi-pensiero, come ancora: “La sapienza è stata creata dall’uomo e il segreto del mondo è la persona umana … credo a Dio e alla persona umana … per fare del bene non serve la fede. Il bene è più della fede … persino nella pietà, quanta menzogna”, ma… “forse le rondini non amano più le nostre città”.

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