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Il ritorno al prestigio italiano

Testo della petizione inoltrata alla Camera del Senato dal sottoscritto.

È molto diffusa l’opinione che l’azione dello Stato e degli altri pubblici poteri dell’età contemporanea sia contrassegnata da un intervento nell’economia. Intervento massiccio nei paesi collettivisti, meno esteso ma pur sempre inteso nei paesi non collettivisti, anche se si proclamano liberisti.

(cfr. Massimo Severo da Enciclopedia del Diritto Giuffrè).

Orbene, l’art. 1 della Costituzione sancisce che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Tuttavia, il primo aspetto da analizzare sul tema in questione è rappresentato dalla evoluzione storica, sotto il profilo sia della cognizione che della produzione normativa che, sensibilmente, si articola in tre diverse fasi rappresentate dalla “Legislazione sociale”, in cui matura la concezione che gli atti legislativi in materia del diritto del lavoro si presentino come norme eccezionali rispetto al diritto comune. “L’incorporazione” nel diritto privato della fattispecie dei contratti collettivi in materia della codificazione civile, ed infine la garanzia dei principi fondamentali lavoristi garantiti dalla carta costituzionale. L’analisi dei cenni storici ci permetterà di analizzare i vari problemi che imperano non solo nell’ambito lavorativo italiano ma anche nello stesso sistema economico.

Evidenziando le recenti situazioni che hanno notevolmente indebolito il sistema economico e sociale italiano, abbiamo assistito all’incrementarsi della disoccupazione, della povertà nonché della chiusura di piccole, medie e grosse imprese che hanno portato a innumerevoli licenziamenti. Nel chiudere la rubrica “Attualità Solidarietà” del settimanale Famiglia Cristiana, Don Vittorio Nozza (da dieci anni alla guida della Caritas) dice che il ruolo della Caritas è quello di:

"Tracciare nuove mappe, far emergere opportunità e rischi, valutare progressi e regressi, sostenere con informazioni affidabili la discussione nel paese, e sopratutto non dimenticare mai che un uomo, per quanto lacero e sporco, vale più del decoro di un marciapiede”.

Da queste parole deve trascendere la massima esigenza di trovare risposte chiare al fine di garantire dei soddisfacenti sussidi sociali da dare a chi tornando a casa non ha un pezzo di pane. Sussidi sociali che quantomeno devono garantire il soddisfacimento dei bisogni primari di ogni individuo, ovvero, salute, cibo, casa e informazione.

Un altro punto che merita di essere rivisitato è quello concernente l’impresa. Essa, difatti, giuridicamente ed economicamente, si trova esposta in una posizione prettamente protagonistica circa il centro di produzione della ricchezza a livello Statale. Il flusso di prodotti caratterizzato da beni e servizi vanno direttamente a soddisfare i bisogni della Pubblica Amministrazione, delle famiglie e delle aziende che, a sua volta, attraverso il pagamento dei prodotti alle stesse imprese attuano la remunerazione dei fattori produttivi alle famiglie attraverso gli stipendi, i salari, gli interessi e i dividendi; alla pubblica amministrazione grazie alle imposte, al sistema monetario ed alle aziende fornitrici di beni e servizi attraverso i prezzi di acquisto.

Il ciclo si va a chiudere con l’input del flusso di fattori produttivi da parte degli elementi in analisi e attraverso la cessione di beni, servizi, lavoro, capitale, risorse naturali, ecc. Si ribadisce pertanto l’esigenza fondamentale di ampliare le garanzie dello Stato verso le imprese che nascono, dando così la spinta iniziale che darà frutti nel momento in cui si comincerà a realizzare il fine per cui sono state costituite. Questo pensiero, affonda il concetto nel fatto che attualmente in Italia sono poche le imprese che riescono ad avviarsi ed imporsi sul mercato, le altre, invece, chiudono prima ancora di aver cominciato. Ma, tendenzialmente, sul concetto si riscontrano delle incertezze che non possono essere tutte le volte chiarite poiché il sistema economico a mio modo è considerato come una collana; la rottura di un piccolo anello che la compone manda in frantumi l’intero sistema economia - Stato - individuo.

"Uno dei dati più caratteristici degli ordinamenti contemporanei e dell’ordinamento italiano in particolare, è la speciale rilevanza giuridica del lavoro come fatto economico e sociale" (Ubaldo Prosperetti, Sulla rilevanza giuridica del Lavoro), la stessa utilità sociale per cui l’iniziativa economica libera non può svolgersi in contrasto o in modo da recare danno alla dignità umana. Il lavoro deve essere interpretato come mezzo che curi l’elevazione professionale dei lavoratori nonché volto favorire gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro (art. 35 Cost.).

Correlato all’esigenza da parte di ognuno di avere un lavoro, troviamo il pagamento delle tasse. Le manovre che ultimamente sono state emanate hanno determinato un incremento significativo della tassazione, questo incremento, purtroppo, sta mettendo a soqquadro i precari bilanci di ogni nucleo famigliare, sebbene, la questione trova il suo dubbio nel “come riuscire a pagare le tasse qualora manchi il lavoro?”

La situazione descrittiva del cittadino al momento si rivela come la doppia faccia di una medaglia, dove da un lato vi è la piena consapevolezza che l’imposta in sé stessa apporti più servizi alla collettività e, quindi, la piena disponibilità del singolo al pagamento, ma, dall’altra faccia non è garantito al cittadino il mezzo per pagarla poiché non c’è lavoro. Il risultato è che l’Italia sta attraversando un forte periodo di stagnazione dovuto al fatto che le istituzioni governative che si sono succedute nel corso degli anni non hanno saputo dare garanzia sia al lavoro che al lavoratore. L’intento principale dovrebbe essere quello di ripristinare i diritti previsti dalla carta costituzionale nonché dalle normative insite nel diritto del lavoro.

Un altro dato di fatto è quello rappresentato dalla tassazione degli immobili. L’istituzione di una imposta sugli immobili era stata vagheggiata da tempo fra le misure da adottare per un ritorno ad una piena ed effettiva autonomia tributaria dei Comuni italiani. L’ordinamento dei tributi deve essere necessariamente configurato in base alla struttura economica del paese nel quale viene applicato. Ma, questo sistema non deve essere concepito solo come un sistema di entrate tributarie, ma deve stimolare il progresso economico. Appunto per questo i sistemi in analisi si evolvono attraverso il tempo, in relazione alla dottrina dello Stato ma anche attraverso l’evoluzione delle condizioni economiche e sociali nei paesi in cui vengono applicati.

Questo legittima il fatto che la c.d. IMU non deve essere considerata come risoluzione a tutti i problemi ma goccia che contribuisce temporaneamente all’incremento delle casse italiane. Impensabile che oggi, un sistema tributario per l’elevatezza del gettito che gli si richiede di procurare e per la molteplicità di obiettivi che gli si attribuiscono, sia costituito da una forma soltanto d’imposizione. L’evoluzione del sistema tributario di un paese va spiegata tenendo conto soprattutto dei mutamenti nelle strutture economiche e nei rapporti d’interesse tra i vari settori produttivi e le diverse classi partecipanti all’attività economica. Bisogna pertanto rendere maggior funzionalità al sistema in analisi al fine di adeguarla alle esigenze e agli interessi delle classi sociali che vengono rappresentate dal governo, rispecchiando sempre il livello di sviluppo delle forze produttive e i rapporti di classe in esso esistenti.

Il quasi ultimo punto in analisi su questa petizione è rappresentato dalle pensioni. Abbiamo assistito recentemente ad una brusca piega che ha preso il sistema pensionistico italiano. Il continuo aumento della pensione che è stato decretato porterà ad una completa saturazione di posti di lavoro in ragione al semplice pensiero che più tempo un soggetto occupa un posto di lavoro meno saranno le assunzioni. Inoltre bisogna tenere conto del progressivo invecchiamento degli impiegati che saranno tenuti a svolgere mansioni troppo faticose che potrebbero cagionarne la loro salute.

“Il sostegno alle imprese in crisi e ai lavoratori in esubero è affidato nel nostro ordinamento a tutti quegli strumenti ormai comunemente definiti ammortizzatori sociali” (cfr. Gli ammortizzatori sociali in deroga di Domenico Garofalo). Bisogna evidenziare che in Italia la questione degli aiuti sociali è molto limitata circa il confronto con gli altri paesi europei. Un cinquantenne che si trova a dover affrontare un licenziamento deve essere assistito al fine di poter reperire una nuova occupazione. I giovani una volta completato il ciclo di studio devono essere assistiti materialmente fino a quando non siano in grado di autogestirsi autonomamente, devono quindi essere creati tenendo conto, più o meno, dei bisogni fondamentali di ciascuno.

Infine, alla base di una seria ripresa della crescita va evidenziata l’esigenza di abrogare definitivamente la legge 30 del 2003 meglio conosciuta come legge Biagi. La critica che si può stilare è quella che questo provvedimento legislativo ha colpito in maniera non indifferente i giovani lavoratori che dall’anno 2003 si sono affacciati al mondo del lavoro con la conseguente diminuzione della sicurezza e della stabilità lavorativa e la repentina certezza di essere senza futuro. Durante gli ultimi anni su questa legge vi si è speculato sopra ed il risultato è quello che di certo ha versato l’enorme goccia nel vaso della crisi.

L’esigenza di riportare stabilità, equità e crescita deve essere intesa ed affrontata in maniera celere ed ottimale allo scopo di riemergere dagli enormi malanni di cui il sistema economico italiano si è ammalato.

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