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Il ricordo di Dalla Chiesa e le ombre nere dell’eccidio di Via Fracchia

"Il generale Dalla Chiesa è rimasto nella memoria collettiva un simbolo di rigore morale, un esempio di vita al servizio dello Stato. Spero che questo ricordo resti scolpito per sempre nella memoria dei giovani italiani". Così Mario Monti, nel trentennale della morte celebratosi ieri, ha ricordato il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso il 3 settembre 1982 dalla mafia.

La memoria collettiva, tuttavia, deve essere nutrita fino in fondo. A trent’anni dalla morte del generale è opportuno se non doveroso ricordare, proprio in funzione di quella memoria collettiva richiamata da Monti e da praticamente l’intera stampa nazionale, una vicenda destinata a rimanere per sempre un mistero, il lato oscuro di Dalla Chiesa.

Genova, Via Fracchia, quartiere Oregina. E’ il 28 marzo del 1980 e sono le 2.42 del mattino. Annamaria Ludmann, 32 anni, Lorenzo Betassa, 28 anni, Piero Panciarelli, 25 anni, Riccardo Dura di 30 anni, stanno dormendo. Si tratta della colonna genovese delle Brigate Rosse.

A Genova le BR nelle settimane precedenti avevano ucciso quattro carabinieri. Gli investigatori sono sulle loro tracce da giorni, e quella notte Dalla Chiesa decide che è giunta l’ora del blitz. Almeno trenta gli uomini del reparto antiterrorismo, carabinieri e personale del Nucleo operativo, fanno irruzione nell'appartamento all’interno 1 del civico 12.

I primi spari dopo aver sfondato la porta. L'esatta dinamica degli avvenimenti non è stata ancora perfettamente ricostruita. Il comunicato ufficiale dei carabinieri parla genericamente di conflitto a fuoco, ma fu forte la sensazione che i quattro vennero uccisi nel sonno, come appare dalle immagini successivamente pubblicate dai giornali, che mostrano i quattro semisvestiti e in pigiama.

Una esecuzione, come molta parte dell’opinione pubblica e della stampa compresero presto. Qualche tempo dopo il blitz Giorgio Bocca intervistò il generale Dalla Chiesa, chiedendogli se ai quattro brigatisti fu data la possibilità di arrendersi o furono uccisi subito: “Non mi disse chiaramente che li avevano ammazzati ma il tono usato per parlare rivelava intransigenza, durezza. Per me, al di la delle parole, non andò come era stato raccontato nella versione ufficiale".

Fu così che lo Stato mostrò di saper adottare la linea dura, ma per farlo si è messo sullo stesso piano dei terroristi. Può darsi che Via Fracchia sia stata la risposta dello Stato alle BR, per mano del Generale Dalla Chiesa. Un servitore dello Stato morto per mano mafiosa, che è giusto celebrare. Ma spesso, quando la luce è più forte, le ombre sono più nere.

Ad agitarsi, in questo caso, sono le ombre di quattro cadaveri in fila lungo un corridoio stretto. Giustiziati. Ombre di cui è giusto parlare, che è giusto ricordare. 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.35) 4 settembre 2012 10:38

    Bell’articolo, breve ma molto intenso.

    Grazie

  • Di (---.---.---.85) 4 settembre 2012 11:40

    Pessimo articolo. Da due indizi inconsistenti si fa discendere che l’operazione fu una esecuzione. Per affermare una cosa del genere ci voglioni indizi ben più consistenti dell’impressione di un giornalista e del fatto che i 4 furono trovati semivestiti o in pigiama. Ma ve lo immaginate voi che a fronte di una irruzione armata i brigatisti pensino prima a vestirsi e poi a decidere il da farsi?

    Sulla morte di Dalla Chiesa altre furono le ombre, quelle dei politici dell’epoca che lo mandarono allo sbaraglio senza i necessari poteri che gli erano stati promessi e che avrebbero garantito la sua azione. In ogni caso nella lunga storia della mafia non si è mai verificato un "omicidio preventivoi". Dalla Chiesa è stato a Palermo 100 giorni, senza concludere alcunché, privo com’era di reali poteri di intervento antimafia e non si è mai visto che la mafia uccidesse un alto funzionario dello Stato prima che questi realmente cominciasse ad operare incisivamente contro i mafiosi.

    Per conto di chi la mafia uccise Dalla Chiesa?

  • Di (---.---.---.167) 4 settembre 2012 12:06

    Che i fatti non siano chiari, è evidente. Il sopralluogo dei magistrati avvenne l’8 aprile, quindi undici giorni dopo il blitz.
    Nel frattempo l’appartamento fu “sigillato” dai carabinieri e presidiato in forze dai Reparti
    speciali. Solo dopo il sopralluogo di due sostituti procuratori i giornalisti, per tre minuti,
    furono accompagnati all’interno del covo “in visita guidata”, tre minuti in tutto. Il tragico
    epilogo del blitz, la “blindatura” dell’appartamento, i mezzi silenzi ufficiali, alimentarono
    il mistero e la sensazione di trovarsi di fronte ad una pagina tanto decisiva quanto
    ambigua della lotta al terrorismo.

    • Di Wallace (---.---.---.215) 16 maggio 2016 11:46

      Possiamo dire che forse fu un’operazione dai metodi spicci, ma non paragonerei questa vicenda a quella della Diaz. I brigatisti di via Fracchia non erano dei pacifisti gandhiani, erano feroci terroristi che si erano macchiati di crimini efferati, avevano ucciso giudici e carabinieri, e un anno prima avevano abbattuto senza pietà un operaio comunista, Guido Rossa, "colpevole" di aver denunciato le infiltrazioni terroristiche in fabbrica. Certo sarebbe stato meglio prenderli vivi, ma siccome fino a prova contraria a sparare per primi furono loro, quasi uccidendo un maresciallo, direi che la reazione, anche se un po’ sproporzionata, fu giustificata. La società credo non abbia perso chissà quali contributi con la perdita di questi assassini

  • Di From Church (---.---.---.231) 8 giugno 2018 07:26

    Ma come si fa a dire che furono uccisi nel sonno se con tutta evidenza erano sul pavimento quando gli spararono? Dormivano sul pavimento?

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