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Il mondo al tempo dell’austerity, crisi di giovani a lavoro e più povertà

Dal Rapporto sui Diritti Globali 2013 (Ediesse) emerge che sono 3.315.580 i precari in Italia, guadagnano in media 836 euro netti al mese (927 euro mensili per i maschi e 759 euro per le donne), il 46% ha un diploma di scuola superiore, il 35,18% lavora nel Mezzogiorno e il 34% nell'Amministrazione pubblica. Solo il 15,1% dei precari è laureato, mentre il 38,9% si è fermato alla licenza media.

Nella scuola e sanità si contano 514.814 precari, nei servizi pubblici e in quelli sociali 477.299. Sommando i 119 mila occupati direttamente nella Pubblica Amministrazione (Stato, Regioni, enti locali, ecc.), emerge che un terzo dei precari è dipendente pubblico. Gli altri settori con una forte presenza di lavoratori atipici sono il commercio (436.842), i servizi alle imprese (414.672) e gli alberghi e i ristoranti (337.379). A livello geografico, invece, l'incidenza maggiore di precari, sul totale degli occupati, si ha in Calabria (21,2%), Sardegna (20,4%), Sicilia (19,9%) e Puglia (19,8%).

"Il mondo al tempo dell’austerity" pone una riflessione tra austerità e crollo del modello sociale che condanna i giovani a vivere senza futuro. Economisti di spessore internazionale hanno espresso dubbi e critiche sull’austerità che sta aggravando la crisi economica e sul modo come una piccola classe di ricchi sta imponendo sacrifici estremi a tutti gli altri. Nell’edizione del 2013 del Rapporto sui diritti globali si portano esempi di altri paesi nei quali oltre al rigore dei conti pubblici si attuano forme di politiche di sviluppo e crescita per rilanciare produttività e occupazione. In Italia, invece, e in Europa si sono accentuate disoccupazione e precarietà che stanno portando a intensa sofferenza sociale che presto potrebbe sfociare in atti clamorosi collettivi.

Il lavoro è stato curato dall'Associazione Società Informazione Onlus ed esso documenta la situazione che si sta vivendo e gli scenari futuri che ci attendono attraverso un’organizzata analisi degli argomenti trattati e presentati in schede tematiche, statistiche, sintesi di capitoli, ricca bibliografia e sitografia, racchiudendo un grande lavoro di ricerca.

Bilanci ed economie si alternano in una visione delle relazioni sociali, umane e degli affari che scardina tutto quello fin qui fatto e pensato poiché davanti al dramma di una popolazione in crisi senza lavoro crolla ogni riferimento democratico e di crescita che non ha più tempo di attendere vuote dichiarazioni politiche né promesse elargite dietro momentanei finanziamenti dispersivi. È tempo di decisioni decise e strutturate in grado di disarcionare l’attuale pensiero economico che ha ruotato sull’arricchimento finanziario divorando il bene comune e la speranza dei popoli. Il capitalismo sregolato ha creato disoccupazione e il rigore necessario non è sufficiente per liberare la creatività che curi il trovare soluzioni alternative anche abbandonando “progetti di orgoglio” politico o di una parte di settori del Paese che stroncano ogni azione utile al risanamento.

L’Europa del 2013 è più povera e secondo dati Eurostat 119,6 milioni poveri nel 2011, il 24,2% della popolazione totale con l’indicatore relativo al rischio povertà al 16,9%. Il Rapporto indaga anche su quello che succede in Italia e gli ultimi dati dell’Istat documentano un Paese colpito in profondità, con consumi in picchiata, famiglie impossibilitate a far fronte ai costi di cure ed esami diagnostici, a pagare le bollette, a riscaldare l’abitazione, con povertà dilagante. Tra il 2012 e i primi tre mesi del 2013 sono state più di un centinaio le persone suicide per cause direttamente legate al deterioramento delle condizioni economiche personali o aziendali. Il 13,3% dei pensionati italiani riceve meno di 500 euro al mese, il 30,8% tra i 500 e i 1.000 euro, il 23,1% tra i 1.000 e i 1.500 euro e il restante 32,8% percepisce un importo superiore ai 1.500 euro.

Nelle pagine delle proposte del documento si suggerisce di "ritrovare l'equilibrio tra economia, società e politica". E’ utile anche "affiancare la crescita quantitativa al miglioramento della qualità e del benessere, puntando sulla sostenibilità sociale e ambientale" e "sviluppare nuove attività ad alta intensità di conoscenza, apprendimento, valore aggiunto, occupazione stabile, alti salari".

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