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 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > Il giorno in cui ho incontrato Mick Jones

Il giorno in cui ho incontrato Mick Jones

Quella che sto per raccontarvi è una storia di quelle che si spera, un giorno, di raccontare ai propri nipotini. Il giorno in cui ho incontrato il mito: Mick Jones. Una delle due anime dei Clash. Non solo uno dei gruppi che ha accompagnato le mie giornate da teenager e da ventenne, facendomi viaggiare nell’Inghilterra di fine anni Settanta, tra gli scontri al carnevale giamaicano e la rabbia giovanile di una generazione senza prospettive (“No future”), messa sotto scacco dal pragmatismo conservatore della Thatcher. Quella rabbia, quei sogni di ribellione, quel suono che dal punk si faceva sempre più sfaccettato e tornava all’essenza del rock’n’roll erano miei, profondamente miei.

E così la coerenza e l’attitudine punk che sono sempre stati il tratto distintivo dei Clash.

Per questo motivo, quando dopo 20 anni, mi ritrovo a scendere le scale del backstage alla Mostra d’Oltremare di Napoli con Mick Jones per accompagnarlo nella saletta allestita per la conferenza stampa del Neapolis Festival la cosa non mi sembra vera.

Mentre parlo con lui, alla mia sinistra, mi dico: “Questa cosa non è reale, non sta succedendo veramente”. Per un attimo guardo il cielo e penso a un amico che non c’è più e che avrebbe condiviso con me questo momento di gioia…

E poi la conferenza stampa dei Carbon/Silicon, il nuovo gruppo di Mick e di suo compare Tony James (un tempo Generation X/Sigue Sigue Sputnik, ma prima ancora con lui nei seminali London SS): uno spasso.



E poi ancora un face-to-face di mezzora con Mick e Tony super-rilassati e amichevoli. E’ tutto un “thanks, Roberto” e risate e chiacchiere. Penso che quest’uomo ha cambiato la storia del rock e penso alle band italiane che al primo disco di relativo successo se la tirano come se fossero i nuovi Stones…

Mick Jones è invecchiato: ha perso la sua chioma fluente, ha i denti tutti sconnessi…ma il mito è rimasto intatto. Oggi è un signore di 55 anni che non ha dimenticato chi è: lo stesso musicista che a 23 anni faceva dormire i fan nella sua stessa camera d’albergo, che li incontrava dopo i concerti e stava a parlare con loro per ore, che aveva contribuito con la sua musica e i suoi comportamenti ad abbattere le barriere tra musicisti e pubblico.

Una vera anti-star.

Che continua a suonare e divertirsi. E nonostante i Carbon/Silicon non abbiano un’oncia dei Clash (ma la voce di Mick non è cambiata e quando attacca “Train In Vain” mi vengono i brividi…), è lo stile che conta.


Lo stile di un uomo, che continua a rimanere un mito.

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