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Il decreto del fare e le sue prospettive

Il 21 giugno 2013, il governo Letta ha emanato il cosiddetto “decreto del fare” composto da ben 86 articoli che propongono una serie d’iniziative in campo economico e amministrativo per porre dei rimedi alla nostra crisi. I buoni propositi non mancano e già i primi tre articoli, se attuati, potrebbero sostenere e rilanciare l’economia delle nostre molteplici imprese, affondate non solo dalla crisi economica mondiale, ma anche dall’inefficienza burocratica italiana e dai costi elevatissimi del lavoro e ancor di più dagli oneri fiscali che raggiungono il 54% degli introiti di ogni Italiano.

In queste ore si sta discutendo in Parlamento l’approvazione di questo decreto (il decreto è stato approvato ieri alla Camera dei Deputati, Ndr), con l’ostruzionismo delle opposizioni e in modo particolare quella folcloristica del M5S, sempre pronto a spazzar letame in ogni dove, ma di converso poco efficace a diffondere e cercare di far approvare un proprio piano alternativo per sollevare le sorti dell’economia italiana.

Eppure come dice il sig. Grillo ogni gruppo politico, ogni singolo parlamentare, anche senza il governo, potrebbe tranquillamente presentare proprie proposte di legge da discutere e far approvare in Parlamento. Ma quali sono le proposte legislative organiche del Movimento 5 Stelle? Probabilmente mi sarò distratto negli ultimi mesi… e chiedo scusa ai lettori! Ad esempio, più volte ho sentito pontificare i grillini sul “reddito di cittadinanza” a tutti i disoccupati. Bene! A prescindere che non lo condivido affatto, spiegandone le ovvie ragioni in due articoli precedenti, ma quando è stata presentata la proposta per l’approvazione di un provvedimento del genere?

Ma lasciamo stare le polemiche inutili e veniamo al dunque. Il decreto del fare, se approvato con i decreti attuativi necessari, darebbe sicuramente una mano alle imprese, alla semplificazione della burocrazia, che ugualmente soffoca imprese private ed enti locali e potrebbe anche facilitare l’accesso ai fondi europei, che tra l’altro sono anche costituiti con i nostri soldi. A Salerno, il sindaco De Luca, purtroppo ancora con il doppio incarico di vice-ministro, ha dato all’Italia un esempio concreto di come poter trasformare in un cantiere sempre aperto una cittadina di provincia, per realizzare opere strutturali, spesso anche al di sopra delle proprie possibilità, attingendo “molto” dai fondi europei.

Ma al di là di questi problemi particolari, anche il “decreto del fare” è un po’ cagionevole sul piano propositivo della lotta alla disoccupazione. Capisco che se le imprese ripartono anche il lavoro aumenta, ma a mio modesto avviso non possono risolvere più di tanto, rimanendo sempre nell’ottica della produzione attuale. Voglio dire che ci dovremmo inventare tecnologie nuove nei settori trainanti, nella produzione di fonti alternative d’energia, nell’artigianato e nel terziario, per creare altre opportunità di lavoro, oltre a porre un argine alle perdite attuali.

E chi ci può pensare? Attualmente i super pagati parlamentari, anche quelli che si sono ridotti lo stipendio, ma ancor di più i semplici cittadini organizzati in Comitati permanenti e in Cooparative, che, invece di piangersi addosso, possono fare la differenza e creare i presupposti per l’attuazione della vera democrazia, partendo dalle Comunità Civili in termini di proposte e di controllo sugli esecutori della volontà popolare. Lo Stato assistenzialista e verticista è stato bocciato dalla storia, sia quello comunista, sia quello fascista, sia quello apparentemente democratico che si fonda su una rappresentatività circoscritta e inefficace per le popolazioni, ma molto utilitaristica per le varie lobby di potere che da più di 60 anni ci governano.

E allora prima di una nuova palingenesi universale, cerchiamo di ricavare quel poco di buono che propone il governo Letta… per il resto o ci rivolgiamo a Lourdes e Fatima, attendendo sempre la classica manna caduta dal cielo, oppure dovremmo essere noi comuni cittadini ad imparare a riconoscere la radice dei problemi, a formulare le logiche soluzioni e, ancor di più, coordinati, imparare ad imporle ai nostri rappresentanti politici, anche a quelli che strillano per professione.

 

Foto: Niccolò Caranti/Flickr

 

 

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