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Il cacciatore di donne: il serial killer dei ghiacci

Scritto e diretto dal quasi esordiente regista neozelandese Scott Walker, The Frozen Ground (Il cacciatore di donne, in italiano), racconta i fatti realmente accaduti trent'anni fa in Alaska. Ma quanto c'è di vero nel film?

La vicenda
Nei pressi di Anchorage, Alaska (città un pò sfortunata a dire il vero, visto che è teatro anche degli avvenimenti del docu-film Il quarto tipo), tra il 1971 e il 1983 Robert Hansen rapì, stuprò ed uccise diciassette donne, seppellendo molti corpi nei territori selvaggi ed innevati del quarantanovesimo stato americano. In precedenza Hansen era già stato arrestato un paio di volte per aver dato fuoco ad un garage di scuolabus e per altri piccoli furti. La sua era una mente instabile, bipolare e definita "infantile" a livello psichiatrico. La svolta nelle indagini avvenne quando la diciassettenne Cindy Paulsen, nel 1983, riuscì a scappare dal giogo di Hansen, permettendo così al detective Gleen Flothe di tendere un filo comune tra le vittime e incastrare il serial killer più prolifico d'Alaska, che sta tutt'ora scontando la sua pena.

Il film
Guardando un film che si basa su eventi reali, si possono presuppore due tipi di approccio: uno documentaristico e aderente alla realtà dei fatti, volto a illustrare la vicenda nei minimi dettagli (può essere il caso del lento andamento di Zodiac), oppure si può dare un taglio nuovo, meno storico e più drammatico. Scott Walker sceglie questa seconda via e, purtroppo, non paga molto: per quanto i confini della vicenda siano chiaramente reali, lo svolgimento lascia un pò il tempo che trova, si perde via nella definizione di tratti dei personaggi che, ai fini della vicenda, non sono molto significativi.

Certe scelte di sceneggiatura, infatti, snaturano abbastanza la premessa del film di essere "basato su fatti reali", perchè svicola verso quadri drammatici e patetici (nel senso di "dare pathos") che hanno come unico scopo quello di farci simpatizzare con la povera ragazza dal passato e presente turbolento. Le scene di Cindy/Vanessa Hudgens stonano con l'intento documentaristico del film, facendone perdere il contorno: il suo gira e rigira tra i locali di papponi e le malfamate vie di una Anchorage che sembra Sodoma, non danno nulla in dote alla storia di Hansen(nella foto). 
Per il resto non è un film lento, ma abbastanza dinamico soprattutto grazie ad una camera mai completamente stabile e innamorata dei piani stretti (quando invece non si perde nelle immense distese ghiacciate dell'Alaska).

Gli attori
Tralasciando di commentare il mai veramente appassionante ed emotivo Nicolas Cage (vero mistero hollywoodiano), non risalta nessuno nel film: Vanessa Hudgens è espressivamente bloccata tra Bandslam e Sucker Punch, con quello sguardo un pò ambiguo e un pò da overdose di tranquillanti; l'unico che apporta qualcosa di interessante è John Cusack nei panni del cattivo, impersonando abbastanza bene l'idea del rispettabile panettiere amato dalla comunità che si scopre essere un assassino.

Che il film non sia perfettamente riuscito, ne è palese esempio un dettaglio del film: nella vicenda del più feroce serial killer d'Alaska, cosa c'azzecca una scena di un'alce in centro città?

Cristiano Bolla

Questo articolo è stato pubblicato qui

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