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Il biologo Kenneth Miller: «La scienza mi aiuta ad apprezzare l’opera di Dio»

Lo scienziato spiega la sua posizione esistenziale.

In questi giorni compie 64 anni Kenneth R. Miller, famoso biologo americano, docente dal 1974 al 1980 presso l’Università di Harvard e oggi alla Brown University. La sua ricerca si basa sulla funzionalità delle membrane biologiche ed è particolarmente attivo culturalmente nella critica al creazionismo e all’Intelligent Design. Sul sito della Templeton Foundation ha descritto la sua esperienza come cattolico e scienziato, in merito all’argomento “scienza e fede”.

«La scienza stessa non è in contraddizione con l’ipotesi di Dio», dice. «Piuttosto, ci offre una finestra su un universo dinamico e creativo che espande il nostro apprezzamento per l’opera divina che non avrebbe potuto essere così immaginata nei secoli passati». Ovviamente, si passa presto a parlare di evoluzione, essendo il suo campo di lavoro: «In qualità di difensore schietto dell’evoluzione, sono spesso sfidato da coloro che ritengono che se la scienza può dimostrare l’origine naturale della nostra specie, e sicuramente lo fa, allora Dio dovrebbe essere abbandonato. Ma la Divinità che essi rifiutano così facilmente, non è quella che conosco. Per essere minacciato dalla scienza, Dio dovrebbe essere niente più che un segnaposto per l’ignoranza umana». Il cosiddetto “dio-tappabuchi”, contro il quale si batte inutilmente Richard Dawkins. Continua: «questo è il Dio dei creazionisti, del “disegno intelligente”, di coloro che cercano il loro Dio nelle tenebre. Quello che non si capisce diventa la loro migliore – anzi l’unica – prova per la fede. Come cristiano, trovo il flusso di questa logica particolarmente deprimente. Non solo ci insegna a temere l’acquisizione di conoscenze (che potrebbero in qualsiasi momento smentire questo credo), ma suggerisce anche che Dio abiti solo nelle ombre della nostra comprensione. Suggerisco che se Dio è reale, dovremmo essere in grado di trovarlo da qualche altra parte, alla luce brillante della conoscenza umana, spirituale e scientifica. E che luce che è! ».

Il biologo continua la sua riflessione: «Viviamo in un mondo letteralmente pieno di creative potenzialità evolutive ed è abbastanza ragionevole chiedersi perché sia così. Per una persona di fede, la risposta a questa domanda è Dio. La scienza si avvale di un tipo di fede, una fede condivisa da tutti gli scienziati, siano essi religiosi nel senso convenzionale o meno. La scienza si basa su una fede che il mondo è comprensibile, e che ci sia una logica nella realtà che la mente umana può esplorare e comprendere. Contiene anche, come un articolo di fede scientifica, che tale esplorazione valga la pena, perché la conoscenza è sempre da preferire all’ignoranzaL’errore categorico dell’ateo è di assumere che Dio è naturale, e dunque è all’interno del regno della scienza, da indagare e da provare. Facendo Dio una parte normale del mondo naturale, e non riuscendo a trovarlo lì, essi concludono che Egli non esiste. Ma Dio non è e non può essere parte della natura. Dio è la ragione della natura, la spiegazione del perché delle cose. Egli è la risposta alla esistenza, non parte della stessa esistenza». Con buona dimestichezza anche in campo fisico e filosofico, afferma: «C’è grande ingenuità nel presupporre che la nostra presenza nell’universo si spieghi da sé, e non richieda una risposta. Molti di coloro che rifiutano Dio, implicano che le ragioni naturali per l’esistenza di un mondo ordinato non siano da ricercare. Le leggi della natura esistono semplicemente perché sono, o perché ci troviamo in uno degli innumerevoli “multiuniversi” in cui il nostro sembra essere ospitale per la vita. Non c’è bisogno di chiedersi perché sia così, o indagare il meccanismo che genera tanti mondi. La curiosità del teista che abbraccia la scienza è più grande, non minore, perché egli cerca una spiegazione che è più profonda di quanto la scienza può offrire, una spiegazione che comprende la scienza, ma cerca la ragione ultima per cui la logica della scienza dovrebbe funzionare così bene. L’ipotesi di Dio non viene da un rifiuto della scienza, ma da una curiosità penetrante che si chiede perché la scienza sia ancora possibile, e perché le leggi della natura esistono per noi da scoprire».

Dando uno sguardo anche alle religioni, evidenzia che «rifiutare Dio a causa delle auto-contraddizioni e mancanze logiche della religione organizzata, sarebbe come rifiutare la fisica a causa delle contraddizioni intrinseche della teoria quantistica e della relatività generale. La scienza, tutta la scienza, è necessariamente incompleta, questa è, in effetti, la ragione per cui tanti di noi trovano la scienza tonificante e appagante. Perché, allora, dovremmo essere sorpresi che anche la religione è incompleta e contraddittoria? Non abbandoniamo la scienza perché i nostri sforzi umani per avvicinarsi alle grandi verità della natura sono a volte ostacolati da errori, avidità, disonestà, e anche di frode. Perché allora dovremmo dichiarare la fede una “delusione”, perché è soggetta esattamente alle stesse carenze?». E conclude: «Oggi, la scienza va avanti e il mistero rimane. C’è un posto per la fede autentica nel mondo della scienza? In effetti c’è. Lungi dall’essere in contrasto con essa, l’ipotesi di Dio convalida, non solo la nostra fede nella scienza, ma il nostro vero piacere, soprattutto per i doni di conoscenza, amore e vita».

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