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 Home page > Tribuna Libera > Il Pd sta sparendo? Magari… ma si tratta di altro

Il Pd sta sparendo? Magari… ma si tratta di altro

Grandi proteste della minoranza Pd per il tracollo del tesseramento al partito, passato da 539.000 iscritti a circa 100.000 in un anno. Per la verità, i responsabili organizzativi del partito hanno detto che si tratta di una proiezione a campione e che i dati non sarebbero quelli. E poi il tesseramento 2014 non è finito, manca un mesetto, per cui magari il totale sarà 200.000, che è il doppio del dato stimato, ma comunque meno della metà degli iscritti dell’anno scorso. Comunque sia, un tracollo. Ma è colpa di Renzi? Ed il Pd sta scomparendo? Renzi non lo amo (e mi pare che si sia capito) ma direi che c’entra poco con questo calo.

Leggo la serie storica del tesseramento al Pd:
2009 831 mila iscritti
2010 620 mila
2011 609 mila
2012 500 mila
2013 539 mila
2014 100 mila (??)

Come si vede, la tendenza al calo precipitoso degli iscritti c’è da ben prima di Renzi che, quando ha preso in mano il partito, lo ha già trovato alla metà degli iscritti iniziali. Magari, poi, la sua elezione ha accelerato questa tendenza con l’allontanamento di una parte degli iscritti che non l’hanno gradita, ma non credo che questo sia stato determinante. Semmai è probabile un altro fenomeno: si noti che l’unico anno che inverta la tendenza al calo costante sia stato il 2013, anno di votazioni per il segretario del partito e del gruppo dirigente.

Quel che fa pensare che ci sia stato un bel pacco di tessere “gonfiate”, senza le quali, magari, il saldo netto era ben sotto le 500mila unità, per cui il calo attuale è meno vistoso di quanto non appaia.

Il punto è un altro: il Pd non sta scomparendo (a Bari diciamo: passasse l’angelo e dicesse Amen!) ma sta subendo una mutazione genetica: da partito di centro-sinistra in partito di centro-destra, da partito pur scolorito ideologicamente, ma con tracce del suo passato identitario, in partito “prenditutto”, da partito organizzato di iscritti in partito di elettori, appunto all’americana.

Renzi è più il risultato di questa tendenza che la causa. La liquidazione dei resti del fu Pci e la costruzione di questo partito amebico e privo di identità e cultura politica è il punto di arrivo di un processo più che ventennale, in cui hanno agito cause indipendenti dalla volontà dei dirigenti del partito (come quelle di natura demografica che hanno falcidiato la base del vecchio Pci o le scissioni del 1991 e del 2007) ma in gran parte volontarie:

a- l’adozione del sistema elettorale maggioritario e senza preferenze che ha passivizzato la base ed accentuato la trasformazione in partito “prenditutto”

b- la fusione con la Margherita che ha ulteriormente cancellato le culture politiche di provenienza affogando tutto in un unico ed indistinto poltiglione

c- l’accentuazione del partito come partito del leader

d- la pratica politica basata su una crescente delega ad un inamovibile ceto politico, con una base sempre più emarginata e convocata solo per le scadenze canoniche (elezioni e rinnovo delle cariche interne) senza alcun dibattito interno

e- ma soprattutto l’adozione del modello organizzativo basato sulle primarie di “elettori” ha determinato la “svolta americana” (e infatti, le “primarie” sono un sistema elettorale americano nel quale votano gli elettori e non gli iscritti al partito)

Il punto centrale è questo: se io, non iscritto al partito posso votare per l’elezione del segretario, per il candidato Presidente del Consiglio, per i candidati al Parlamento ed alle regioni ecc., e, per di più in quel partito non esiste una pratica di dibattito interno sulla linea (ad esempio: chi ha mai consultato i militanti del Pd sull’art 18 o sulla riforma del Senato?), sapete dirmi per quale ragione devo prendere la tessera? In teoria, nel complicatissimo statuto del Pd, ci sono momenti in cui la consultazione è ristretta ai solo iscritti, ma si tratta di momenti marginalissimi e in parte solo eventuali. Mi sembra un po’ pochino per motivare un’iscrizione.

Dunque il passaggio da partito militante e di insediamento territoriale a partito di elettori non organizzati sul territorio, è già in corso da tempo e Renzi è stato il risultato. Semmai, la segreteria Renzi, un po’ per scelta un po’ per la situazione oggettiva che vede il Pd senza sfidanti credibili, sta provocando un altro mutamento che prefigura un vero e proprio regime.

Allo stato dei fatti, la destra è divisa in tre tronconi (Fi, Lega e Ncd) difficilmente coalizzabili e con sondaggi che (tranne in parte la Lega) la danno in picchiata: anche aggiungendo Fratelli d’Italia, a stento si arriva al 25% e, se si presenta divisa (come è probabile) non è detto neppure che arrivi al ballottaggio. Il centro non esiste più. A sinistra Sel e Rifondazione forse non hanno nemmeno i voti per entrare in Parlamento. Quanto al M5s, il sogno di un rapido sfondamento contro tutto e tutti, mi pare che sia definitivamente tramontato dopo le europee e, se il movimento non scoprirà la necessità di una politica delle alleanze, potrà al massimo arrivare ad un eventuale ballottaggio con poche probabilità di vincerlo.

Per cui, il Pd vince “per posizione” collocandosi nettamente al centro e prendendo voti da tutte le direzioni. Quello che viene fuori è una sorta di riedizione tardiva ed assai peggiorata della Dc (che era, invece, un grande partito, nonostante i suoi non pochi e non leggeri vizi) che vince… perché vince. Cioè: che gode della rendita di posizione del partito che prende anche voti non suoi, solo sulla considerazione che, tanto, è il partito che vincerà e, tanto vale, lo si vota per rafforzare questa o quella ala. Qualcosa di simile al Partito del Congresso indiano dei bei tempi.

Renzi sta accompagnando queste tendenze smontando il blocco sociale storico del Pci. Pensate alla questione dell’art 18, la sua abrogazione: in breve offrirebbe il destro (ovviamente ben mascherato) per licenziare i rappresentanti sindacali della Cgil nell’industria e nei servizi, il che significa che la Cgil in breve si ridurrebbe a pensionati e pubblico impiego, avviandosi al definitivo declino.

Per cui avremmo un partito all’americana basato sul massimo della delega al suo ceto politico che, però, agisce in una condizione di monopolio di potere, senza alternative. Detto in parole povere, un vero regime.

Cari amici di sinistra che siete ancora nel Pd, non si capisce a far cosa, oltre che mantenere la candela a Renzi, pensateci un po’, sinchè siete in tempo.

 

Foto: Francesca Minonne/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.70) 7 ottobre 2014 22:02

     La marcata diminuzione degli iscritti del PD è un fatto positivo. La matrice del PD ovverosia della sinistra italiana, è comunista stalinista, quindi trattasi di un’area estremista, rancorosa, non aliena dalla violenza come il fenomeno anni di piombo, brigate rosse, ci ha insegnato.

    Nei paesi a democrazia matura, come i paesi del Nord Europa, l’astensionismo elettorale è assai elevato in quanto i cittadini che per vari motivi non seguono la politica, piuttosto che votare male preferiscono astenersi. 
    Al contrario, da noi i più assidui elettori, in un paese dove l’ignoranza della popolazione è assai diffusa, si vota contro non pro, si vota per odio, per rancore contro quei politici che sono stati additati alla riprovazione sociale dai mezzi d’informazione di regime e da quei componenti della magistratura tutt’altro che al di sopra delle parti.
    In sintesi, da noi, i più assidui elettori sono frutto di un’auto selezione decisamente negativa.
    Pertanto, la diminuzione di iscritti del PD è indice di maturazione della sinistra italiana che grazie al fenomeno Renzi si sta avviando a trasformarsi in una sinistra socialista europea.
    Cesare Zaccaria  
  • Di Persio Flacco (---.---.---.115) 8 ottobre 2014 10:57

    Personalmente il processo in atto lo faccio convenzionalmente iniziare dalla segreteria di Massimo D’Alema dell’allora PDS, nel 1994.
    D’alema, con Claudio Velardi e altri, iniziò il processo di costruzione del "partito leggero", antesignano del partito all’americana, e di distruzione del partito partecipativo di massa basato sulle organizzazioni degli iscritti e sul radicamento territoriale.
    Il sogno dalemiano era fare dell’Italia "Un Paese Normale" realizzando un sistema bipolare, all’americana appunto, nel quale due soli partiti omnicomprensivi di centrodestra e di centrosinistra si alternano al potere limitando la mobilitazione del partito all’organizzazione del consenso nelle occasioni elettorali e mantenendo la struttura in standby negli altri periodi.

    Lo scopo ultimo di questo assetto politico è quello di fornire al Capitalismo la infrastruttura istituzionale ad esso più congeniale, espellendo dal panorama politico e culturale della società qualunque visione alternativa o critica: sia a destra che a sinistra.

    E’ grazie a D’Alema se oggi un uomo di destra come Matteo Renzi può guidare un partito nominalmente di centrosinistra come il PD e lavorare per espellere dal suo corpo gli ultimi residui di antagonismo ideologico al Capitalismo.

    In questa prospettiva il calo di iscritti al PD non solo non è un dato negativo, al contrario: è la conferma positiva della buona riuscita del progetto prima dalemiano e ora renziano.

    La distruzione della cultura della sinistra, che dalle lotte contadine e operaie del secolo scorso ha formato la coscienza di classe dei lavoratori e fatto maturare gli strumenti critici per l’analisi dei meccanismi del sistema di produzione capitalistico, si può dire ormai completata.

    Per questo Renzi non si preoccupa affatto di eventuali scissioni a sinistra che, anzi, probabilmente desidera come completamento definitivo di una transizione avviata vent’anni fa.

    Bisognerebbe dirlo a Crozza quando, riferendosi a Renzi, sarcasticamente si chiede: "Ma come ha fatto questo qua a diventare capo del PD?". Semplice: gli hanno fatto tutto lo spazio necessario.

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