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Masterpiece di RAI3: un segno del degrado culturale italiano

Il Format ideato per il nuovo programma di RAI3, Masterpiece, dedicato a far emergere un nuovo scrittore da una sterminata platea di “aspiranti” è demenziale e non tiene conto dei danni ierreversibili che può provocare alle persone che hanno partecipato.

Il Format ideato per il nuovo programma di RAI3, Masterpiece, dedicato a far emergere un nuovo scrittore da una sterminata platea di “aspiranti” è demenziale almeno quanto lo è l’immaginare di formare uno scrittore grazie a un corso di scrittura creativa. L’ho guardato per capire come un metodo usato per sfornare programmi di culinaria potesse essere funzionale alla selezione di un talento letterario… E la visione di questo nuovo Format mi ha sconvolta e disgustata q.b.

Tutto parte da uno spot che per settimane è stato rilanciato sulle reti RAI. Invia il tuo manoscritto, parteciperai a un nuovo programma che permetterà al vincitore di essere stampato in centomila copie dalla Bompiani: questo più o meno il messaggio diffuso.

Ieri sera [domenica 17 novembre, in seconda serata] i conduttori del programma ci hanno detto che a rispondere all’invito sono stati in circa 5mila. E già qui sorge un dubbio: davvero nei cassetti degli italiani c’erano così pochi manoscritti in attesa di pubblicazione? Il dubbio è molto forte, ma andiamo avanti… E procedendo scopriamo che qualcuno si è occupato di selezionare da quel mare magnum di dattiloscritti un’esigua elite. Ne sono stati respinti al mittente (o buttati nei rifiuti) ben 4930. 

Per ragioni di programmazione ne dovevano restare solo 70, e quindi qualcuno si è occupato di “selezionare” il materiale arrivato. Bene, a questo punto mi piacerebbe conoscere chi si è occupato di effettuare questa prima scrematura, e su quali elementi si è basato. Mi sembra di aver capito che i dattiloscritti dovevano essere inviati corredati da una scheda biografica dell’autore, e allora qui nasce il secondo interrogativo: quanto ha pesato, sulla bilancia del selezionatore, la biografia dell’autore?

Credo molto… Difatti gli “autori” presentati nel corso della prima serata avevano esistenze tutt’altro che “comuni”, tra loro non c’era neanche uno studente di una facoltà letteraria, con una tranquilla vita borghese alle spalle. Ma tutti, chi più chi meno, erano “casi”. Dall’operaia che legge e scrive nei ritagli del quarto d’ora di pausa in fabbrica, nonostante le ironie dei colleghi, alla giovane mamma che si è liberata dall’anoressia, dall’ex-carcerato al ragazzo ricoverato in ospedale psichiatrico, per concludere con il vincitore, una specie di nostrano homeless, cui la madre ha somministrato la condanna di chiamarsi Lilith (“Si aspettava una femmina” l’ha giustificata lui, in modo davvero simpatico).

Ma anche i concorrenti che hanno, in qualche modo, gareggiato nella prima puntata erano per noi spettatori una selezione della selezione. I migliori rimasti, per così dire… Degli altri, di quelli che nel corso della puntata sono stati “mandati a casa” noi abbiamo potuto assistere solo a qualche breve flash e di molti non abbiamo visto neppure il volto, ma solo le reazioni isteriche di un Andrea De Carlo (in veste di giurato) al loro lavoro. 

Quasi ogni minuto della trasmissione meriterebbe però un approfondimento e/o un commento. E soprattutto sorge spontanea una domanda: che vantaggio ricava uno spettatore ad assistere a questo psicodramma costruito? Forse, se tra gli spettatori c’erano giovani scrittori, molti di loro avranno deciso di lasciar perdere, questo è certo…

E poi la confusione arbitraria [alimentata dai pareri espressi in chiusura di trasmissione] da diversi scrittori ma anche da molti che scrittori non sono, e semplicemente hanno avuto la ventura di pubblicare uno o più loro scritti. Questi personaggi hanno smerciato alla rinfusa “consigli” agli “aspiranti scrittori”…
“Aspiranti scrittori”? Ma perché esiste una specie di limbo nel quale chi scrive giace in attesa di divenire “Scrittore” a tutti gli effetti? Non sarebbe stato più opportuno dire che si trattava di consigli di “autori che hanno pubblicato” ad “autori in attesa di pubblicazione”?

Diverse case editrici hanno riedito libri nei quali “scrittori affermati” (quelli sì, scrittori lo erano per davvero), del calibro di Vincenzo Cerami o Patricia Highsmith, offrivano la loro esperienza ad esempio di quanti volevano intraprendere quel difficile mestiere. Poi alcuni editori hanno pubblicato collane per questo genere di scritti, e i destinatari erano sempre e comunque “giovani scrittori”, non “aspiranti”.

Ma a Masterpiece abbiamo avuto modo di assistere a molta arroganza espressa “a gratis” da parte di persone che hanno semplicemente pubblicato libri, cui le future Storie della letteratura con ogni probabilità non riserveranno neppure due righe. E oltre all’arroganza di alcuni, abbiamo assistito a un atroce gioco al massacro… Massacro di Persone e di ciò che noi crediamo sia la Letteratura.

La banalità si è amalgamata, durante tutto il corso di Masterpiece, a una superficialità devastante: ma tutto è davvero così confuso? Si può la scrittura confondere con la pubblicazione, e la capacità letteraria può essere confusa con una buona disposizione alla narrazione? E l’accanimento di Andrea De Carlo contro il povero Lilith De Rosa, basato sulle evidenti eredità che gli scritti del giovane tributavano ad alcuni dei suoi autori preferiti (tipo Charles Bukowski, John Fante o Jack Kerouac) è accettabile? Ha un senso?


Non è “assolutamente normale” ritrovare, soprattutto nei primi libri di un autore, tracce più o meno evidenti degli scrittori che gli sono stati da guida, che egli ha più amato? E ancora non riesco a comprendere il senso della prova dal vivo, nella quale i quattro finalisti sono stati “inviati” in due luoghi particolari - una balera per anziani e una casa-accoglienza per migranti ed emarginati - per poi scriverne in diretta, disponendo di trenta splendidi minuti… Ma il programma era per “aspiranti scrittori” o per “aspiranti giornalisti”?

Massimo De Cataldo, un altro dei giurati [forse il migliore tra tutti], ha suggerito che lo scrittore di oggi deve operare come se avesse una pistola puntata alla tempia… E io, mi spiace, non riesco ad essere d’accordo con lui. Uno scrittore deve essere sulla notizia, sul fatto che quotidianamente accade, per offrirci il suo commento, il suo punto di vista culturale, ma non è in questo modo che si arriva a “produrre un’opera d’arte”. Già…

Già, ma forse in questo format non c’era spazio altro che per l’improvvisazione e le capacità istrioniche dei partecipanti, tutti: concorrenti e giurati.

E poi la scena, davvero da film di infima categoria, della signora Elisabetta Sgarbi, editor di fama della Bompiani, disposta a farsi trasportare su e giù nell’ascensore che in genere conduce i turisti sulla cima della Mole Antonelliana… per ascoltare in soli 59 secondi la presentazione che due degli autori facevano per perorare i loro romanzi. Perché, come è stato possibile che la signora Sgarbi si sia prestata a una simile farsa? Non sarà che la ragione è rintracciabile nella formula di Masterpiece, quella che prevede che il vincitore vedrà il suo libro pubblicato proprio dalla casa editrice della suddetta signora? E allora tutto non fa venire in mente una grossolana forma di autopromozione? Di banalissima pubblicità per la Bompiani, insomma?

Ho provato a ragionare sul fatto che comunque si tratta di una trasmissione televisiva, con i limiti imposti, ovviamente, dallo stesso mezzo, ma… Ma purtroppo non c’è giustificazione possibile.
E potrei anche arrivare a soprassedere sui danni evidenti portati alla Letteratura, ma non sono assolutamente disposta a sopportare il danno irreversibile che questo Format demenziale ha avuto sulle persone.

Logo del programma

Chi lenirà il dolore dei 4930 che hanno spedito invano i loro manoscritti a Torino, sede della brillante iniziativa. Esclusi dal giudizio di chi, e perché? E soprattutto i restanti 70 che verranno usati come “carne da macello” (senza nessun eufemismo) per dar vita a uno spettacolo da baraccone che se ne frega del valore della Letteratura e che fin dalle prime battute ha sottolineato invece il carattere innovativo del Format che, primo al mondo, ha portato la “letteratura” in un programma come Masterpiece. 

Quanto amaro c’era nei commenti degli ultimi tre “concorrenti”, quelli che si sono visti negare l’accesso alla “finale”, cui accederà invece Lilith De Rosa. Ho chiarissima l’immagine di De Carlo che straccia i testi che tutti loro hanno scritto, e il giudizio denigratorio con i quali li ha aggrediti… Provo un senso di nausea e di ribellione per questo personaggio della “cultura” italiana.

Distruggere 69 persone per salvarne uno, seppure quell’uno davvero sarà salvato da una simile vittoria, dimostra una volta di più il degrado culturale nel quale il nostro Paese è precipitato. Persone tutte irrise, canzonate, ridicolizzate, in una parola insultate per far salire l’audience.

E concludo confessando che, davanti a questo innovativo programma di RAI 3, mi vergogno di essere italiana: oggi - dopo anni di tentennamento - mi decido a dirlo.

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