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Il Festival del cinema di Roma e le velleità artistiche di Veltroni

Tempi bui per il cinema italiano; sale vuote e stanziamenti ridotti al lumicino. Ma non per tutti...

È di questi giorni il Festival del cinema di Roma, evento fortemente voluto nel 2006 dall'allora sindaco Veltroni, con l'intento dichiarato di regalare alla citta un momento di cultura condivisibile e fruibile da tutti. Tra lustrini, paiette, e tagli di risorse, si è trovato comunque il modo di allestire vari eventi mondani, e due tensostrutture da duemila posti per il Ristro-Bistrot Set, tra cocktail, brunch, cene riservate alle quattro giurie ufficiali e ad un (evidentemente) "nutrito" ed affamato parterre di attori, registi, giornalisti e politici vari. Al crollo del 15% dei biglietti venduti, il presidente della Fondazione Cinema Paolo Ferrari ha opposto una curiosa replica: "È vero, ma gli accrediti sono aumentati del 30%"; come se regalare quello che non si riesce a vendere fosse una mirabile intuizione commerciale.

Tra le prime pellicole in concorso proiettate c'è stata "La scoperta dell'alba", lungometraggio con Margherita Buy e Sergio Rubini, diretto dalla regista "morettiana" Nicchiarelli. Il film è tratto da un'opera di Veltroni, scritta durante "l'impegnatissimo" periodo in cui era sindaco, e accolta da grandi plausi. Dacia Maraini trovò delle affinità con il premio nobel Pirandello, Concita De Gregorio descrisse il libro come bellissimo, il fratello del produttore Veronesi lo paragono a McEwan; insomma, un trionfo.

Anche la regista ne è rimasta così colpita tanto da farne un film, in cui, però, ha apportato qualche "piccolo" cambiamento. Il protagonista non è più un uomo, ma una donna; non ha una figlia down, ma è senza figli; ha una sorella con un ruolo importante inventata di sana pianta. Se non gli fosse piaciuto, cos'altro avrebbe potuto cambiare?

Ma ogni azione ha un suo perché, che si spiega con una piccola nota a margine: il film è stato prodotto da Domenico Procacci della Fandango, ed ha ricevuto un generoso contributo statale di 550.000 euro. Ma non è la prima volta che un "opera" dell'ex sindaco riceve finanziamenti pubblici; nel 2005 "Piano, solo" di Riccardo Milani, tratto da un altro capolavoro veltroniano, "Vita breve di Luca Flores", venne sovvenzionato dal fondo unico per lo spettacolo con 1.945.000 euro; tanti soldi davvero, a fronte di 667.000 euro di incassi al botteghino. Il documentario "Forse Dio è malato", tratto dalla medesima opera a stessa firma, ebbe diritto invece a "soli" 300.000 euro, sempre pubblici. Anche la brava regista Nicchiarelli ha avuto la fortuna di vedere sovvenziato pure il suo primo film "Il cosmonauta" con altri 725.000 euro. Questi, i fatti.

Pare che l'arte, oltre ad avere un grande valore, abbia anche un grande costo, a seguire i passi di questi signori. Chissà cosa ne direbbero i moltissimi giovani autori che non trovano spazio alcuno nei palinsesti, di questi strani percorsi che si rinnovano sempre uguali. E molti altri si domandano quali siano le somme, fino ad oggi ignote, che Veltroni ha parcepito per i diritti d'autore di queste tre "capolavori". Ma un uomo benestante, fruitore dal 49' anno di età di una rendita sontuosa, solo sfiorato da grandi inchieste, può avere delle mire editoriali meramente speculative?

Io propendo per un ipotesi diversa; credo nella buona fede dell'ex sindaco, semplicemente in preda ad una sorta di "Sindrome di Nerone". La sua posizione e le sue influenze gli hanno dato quei riconoscimenti che fino a quel momento il mondo gli aveva negato. Come il padre, si è avvicinato al mondo del cinema dopo la bocciatura in Prima superiore, e ha finito col diplomarsi presso l'Istituto di Stato per la cinematografia. Immaginiamo che per il giovane Walter sia stato oltremodo difficile, se non impossibile in un mondo tanto competitivo, sviluppare la propria passione, e farsi valere come autore. Ma, nonostante la sua brillante carriera politica, la bramosia artistica ha continua a pulsare, fino a trovare gli spazi citati, ed ha addirittura preso forma nell'ideazione prima, e nella realizzazione poi, di quella che lui stesso appellò come "La festa del cinema".

Considerando la spartizione dei finanziamenti, la partecipazione sempre più elitaria, e la situazione di inesorabile deriva in cui versano le sale in Italia, ci permettiamo di pensarla diversamente; è più giusto chiamarla "La festa di Veltroni"; non è vero, Sig. sindaco?

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