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Il 2011 deve essere l’anno dell’Italia digitale

Da oggi l’Italia digitale si sveglia senza molti degli inutili lacci del decreto Pisanu. Bene, ma non è tempo di gioire, peché la situazione è questa:

Fonte: Cittadini e nuove tecnologie, Istat, 2010.

Su Lettera43.it ho steso brevemente il punto sulla liberalizzazione del wifi e sui numeri del ritardo dell’Italia rispetto al resto d’Europa, cercando di capire da Juan Carlos De Martin, Guido Scorza, Stefano Quintarelli e Luca Bolognini che cosa andrebbe fatto da subito per azzerarlo. Tra le proposte e i temi da dibattere:

  • deduzioni fiscali per chi vorrebbe accedere alla rete ma non può permetterselo
  • investimenti in banda larga
  • programmi formativi per i cittadini e per i media
  • deresponsabilizzazione degli intermediari
  • aggiornarmento della normativa riguardante la proprietà intellettuale
  • switch off di procedure analogiche (per esempio, di pratiche, rogiti, petizioni, processi)
  • firma digitale “light” ma con autenticazione forte
  • eliminazione dell’obbligo di registrazione per le testate online
  • assegnazione a ogni cittadino e neonato di un certificato digitale da usare sul web, riconosciuto da pubbliche amministrazioni, privati e istituzioni europee
  • liberalizzazione del mercato dei dati delle pubbliche amministrazioni

Poi c’è tutta la battaglia per la libertà di espressione in rete, che dopo il ciclone Wikileaks attende solo di esplodere. E l’Italia, con i deliranti propositi dimostrati dal legislatore negli ultimi tempi, dal ddl Alfano passando per il Lauro e il Romani, non farebbe certo eccezione. Facciamoci trovare pronti. Magari puntando in alto, come ha fatto Stefano Rodotà. Perché il 2011 sia l’anno in cui l’Italia elabori una agenda digitale che le consenta di uscire dal medioevo, e di catapultarla, finalmente, nel presente.

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