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 Home page > Attualità > Società > I futuri pensionati: i veri poveri del futuro

I futuri pensionati: i veri poveri del futuro

Alla luce dell’intervento di Mario Draghi puntualmente sorge il problema delle pensioni future. Al di là dell’astrattezza delle parole, è il caso che i giovani - e non solo - si preoccupino di un serio problema futuro, trattato con troppa grossolanità e pressappochismo. E’ in gioco la qualità di una parte della vita di intere generazioni, che dopo una vita lavorativa da precari, rischiano di avere una vita da pensionati miserabili.

Che bei tempi, quando i lavoratori del pubblico impiego potevano andare in pensione con venti anni di servizio, e con scivoli e scivoletti, c’è qualcuno che è riuscito ad andarvi anche con meno di venti, magari per dedicarsi ad altre attività, intestando quest’ultime a coniugi, figli e parenti. Questi erano i risultati di un sistema clientelare, che pur di mantenere i serbatoi elettorali buoni e fedeli, era disposto a sacrificare la vita e il lavoro d’intere generazioni future. Quello che contava era mantenere il più a lungo lo status quo.

 

Ma, ahimè, tutto ciò che ha origine, è destinato a finire! Così è avvenuto per quel momento che ha visto centinaia di migliaia di privilegiati, che tuttora si ritrovano a godere lunghissime pensioni, con milioni di giovani, che "lavorano per loro", i quali quando andranno in pensione non saranno così fortunati.

Con questo non voglio dire che tutti i pensionati siano dei privilegiati, me ne guardo bene.

In Italia ci sono pensionati che, purtroppo, dopo anni e anni di duro lavoro, non godono dello stesso regime di retribuzione di altri pensionati più fortunati. Quelli del pubblico impiego, per esempio, sono un po’ più fortunati di quelli che hanno esercitato l’attività in proprio, come i commercianti, ma dopo l’avvento dell’euro, la stretta si è rivelata fatale anche per quelli che possedevano una pensione decente in lire.

Il quadro attuale dei pensionati in Italia, non è così positivo, eccetto alcuni privilegiati, una buona parte di essi vive sotto la soglia della povertà.

La situazione certamente non è destinata a migliorare, anzi, per vari motivi peggiorerà.

In primis, la vita si è allungata, ergo, il sistema pensionistico erogherà pensioni più a lungo, con enorme dispendio di risorse e conseguente diminuzione degli importi.

In secondo luogo, chi lavora, è sempre più precario, conseguentemente versa sempre meno contributi nelle casse dell’INPS, che vede così diminuire le sue risorse da redistribuire.

In terzo luogo, si pone il problema che i pensionati aumentano, mentre i giovani che entrano nel mondo del lavoro sono sempre di meno – a causa della disoccupazione, della discontinuità occupazionale e della bassa natalità.

Da tutto ciò è già emerso un quadro devastante: le pensioni, a causa del numero futuro di pensionati, andranno sempre più diminuendo il loro importo, fino a garantire ad un futuro pensionato, che durante la vita ha lavorato nel pubblico o nel privato sempre e regolarmente per circa quarant’anni, tra il 30 e il 40% di quello che guadagnava lavorando… altro che baby pensione a soli venti anni di servizio!

Molte cose sono cambiate, non perché ingiuste, ma perché non più sostenibili economicamente. Tuttavia le cose non si sono riequilibrate: gli sperperi del passato sono irrecuperabili. I giovani lavoratori stanno versando i contributi per pagare (giustamente) le pensioni dei pensionati attuali, ma certamente non contribuiscono allo stesso modo per garantirsi una pensione adeguata per loro stessi. Ecco perché il TFR, altrimenti detto liquidazione, è stato trasformato in fondo pensione complementare.

Quindi, in futuro, un lavoratore tipico, con un quarantennio di duro lavoro ininterrotto, con versamenti INPS regolari e un piccolo fondo pensione, dovrebbe riuscire ad avere una pensione, comprensiva di assegno INPS più assegno proveniente dal fondo complementare, quasi decente, …e quel "quasi" dice tutto.

Le domande, che come al solito vengono fuori, vorrebbero essere argute!

Il TFR corrisponde ad una mensilità di paga base accantonata annualmente; basterà a dare corpo ad una pensione complementare consistente?

Ho dei dubbi a riguardo, specialmente se il lavoratore vi attinge per l’acquisto prima casa o per altri bisogni molto comuni.

Chi è libero professionista, non avendo TFR, dovrà aderire ad un fondo pensione, e versare una quota annuale di circa duemila euro; basteranno a creare una pensione complementare a quella INPS, che per gli autonomi è pure più bassa?

Ho dei dubbi anche su questo, visto che duemila euro l’anno sono una bella cifra, ma che per una pensione "privata" sono pochini, a cui bisogna aggiungere contributi della gestione separata INPS o altra cassa, e le tasse che non bisogna evadere.

I precari, i disoccupati, quelli che lavorano a singhiozzo e che vengono assunti e licenziati, come faranno ad avere una pensione decente, se alla fine della vita lavorativa hanno sì e no lavorato per tre quarti, se va bene, del quarantennio previsto, riscuotendo altresì il TFR alla fine di ogni contratto?

L’intervento del governatore della Banca d’Italia è indicativo, tuttavia poco chiaro.
Di quanto dovrebbe essere elevata l’età pensionabile per poter restituire una pensione accettabile?

E come bisogna comportarsi con quei lavoratori - oltre il milione - che sono precari?

Il suo intervento è sicuramente apprezzabile, ma suscita più interrogativi più di quanto ce ne sono già, come abbiamo visto.

Allo stato attuale delle cose il nodo pensioni, a mio parere, è poco chiaro, malamente trattato, superficialmente sfiorato nelle discussioni di vari rotocalchi politici, oscuro su molti punti e gli interventi fatti sul sistema non sono sufficienti a risolvere i problemi. Ho la reale sensazione che, qualora le cose continuino in siffatto modo, senza un vero e proprio intervento da parte dello Stato verso tutte le categorie di lavoratori, ci sarà una catastrofe sociale che getterà nella miseria intere generazioni di futuri pensionati, che vivranno una vecchiaia di povertà e miseria su larga scala.

Il presente articolo vuole lanciare un allarme per sensibilizzare l’interesse comune verso una parte della vita che è la futura vecchiaia di tutti noi, affinché sia periodo di tranquillità economica e serenità, e non di stenti e povertà.

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