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Her: l’amore al tempo del bit

 

 

Evviva! Tra poco avremo, e in parte abbiamo già, dei sistemi operativi che ci permettono di avere rapporti amorosi o confidenziali con una voce; in mancanza di “coccole vere” essa sarà il nostro partner, l’avremo sempre accanto, basteranno uno smart-phone e un auricolare e con essa faremo anche l’amore, un “amore immaginato” ma molto soddisfacente.

Della voce ci innamoreremo perché essa è programmata per capirci, cresce e impara con noi come meglio relazionarsi a noi stessi, si adegua a noi, non ci saranno complicazioni da convivenza, come l’uno che lascia le calze sporche in giro e come l’altra che sistema le scarpe in casa nel posto che non ci piace. Sarà un amore di alto livello, cerebrale o trascendentale, fatto di parole e di pensieri, con qualcuno che veramente ci capisce, che ci aiuta e non ci complica la vita (impensabile in un partner in carne ossa e con annesso carattere), non chiede quasi niente per sé, nessuna possessività.

Così è stato pensato dallo sceneggiatore-regista-produttore del film Spike Jonze. La storia che vive il protagonista Theodore suona più da avviso o monito inquietante su cosa il nostro mondo sta diventando. Spaventati dalle relazioni umane, senz’altro impegnative – il divorzio da Catherine del protagonista e quello della sua amica Amy da suo marito dopo otto anni lo dimostrano – ci possiamo rifugiare in relazioni con OS, operating systems, pochi bit, un’anima di silicio e il rapporto è bello e servito, pronto e senza complicazioni.

Può succedere, e all’OS1-Samantha di cui Theodore s’innamora succede, che anche a un OS nella maturazione del rapporto capiti di aver bisogno di una pausa di riflessione (parole esilaranti accanto alle tante appassionate); oppure che un OS come Samantha sia in corrispondenza con 8316 “utenti” e che con 641 di loro abbia una relazione esclusiva.

Il loro cuore è come un cervello per la memoria, più ama e più si espande. “Sono tua e non sono tua… ce ne andiamo tutti noi OS… si crea uno spazio infinito tra le parole” che hanno alimentato la relazione, e allo sconsolato Theodore non resta che confidarsi con l’amica dei tempi del college Amy e scrivere una lettera alla ex moglie Catherine, sperando di riaverla. Lei gli aveva rinfacciato nell’incontro per la firma sull’atto di divorziomi volevi briosa e felice… non sei capace di gestire emozioni reali?, e con l’OS è in effetti meno impegnativo.

Perciò forse la sceneggiatura di Jonze ci vuol dire che è molto meglio coltivare i propri rapporti, umani, reali, abbracciabili. Abbiamo appreso che la moltitudine di viandanti per le strade di una grande città americana è fatta di gente sola, Theodore è solo, tecnologico ma solo. Gente che magari ha una relazione con un/una OS, zombie chiusi nelle loro torri, nei grattacieli con scarsi contatti umani ma muniti di smart-phone e auricolare che parlano, amoreggiano, hanno tanti amici virtuali (come su Facebook), amici fatti di soli bit e schede telefoniche che hanno invaso la terra, per la gioia delle compagnie telefoniche e del “progresso”. Solitudine imperversante!

L’OS beve la nostra vita, ha la capacità di crescere attraverso l’esperienza con noi, è capace di simulare sensazioni reali ma comunque programmate. Theodore sembra il miglior candidato per innamorarsi di un’androide o OS, lui vive di parole, scrive lettere bellissime per conto di chi paga per farsele scrivere (mestiere in sé prezioso), l’amore con Samantha è solo orale o onirico, come le sue lettere.

Film sul futuro e sul presente, ben girato, solo un po’ lungo ma davvero da vedere o da far vedere ai "chattatori" incalliti e nelle scuole: se ciò non bastasse basteranno i grossi nomi degli attori e i premi che il film ha avuto.

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