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Henrietta l’immortale e le cellule HeLa

Da diversi giorni Henrietta Lack, una donna di 31 anni, è tormentata da violenti dolori addominali. Finalmente, il 4-2-1951, ormai esausta da quella situazione, decide di recarsi in ospedale. È stata costretta a sopportare quella penosa circostanza non disponendo dei mezzi economici necessari per potersi permettere un appropriato controllo medico.

La sua estrema indigenza non le consente però l'accesso a qualsiasi struttura sanitaria: lei può recarsi soltanto presso il John Hopkins Hospital di Baltimora, distante quasi 30 chilometri da casa sua, che è il solo presidio ospedaliero regionale abilitato a dispensare trattamenti gratuiti ai non abbienti.

Appena giunge in ospedale, accompagnata dal marito Day, la donna viene visitata dal ginecologo Howard Jones, il quale non ha difficoltà nel correlare la sua sintomatologia con la presenza di un voluminoso cancro uterino.

Quel momento segna l'inizio della straordinaria storia di Henrietta. L'ospedale, al pari di pochi altri centri di ricerca, dispone di un accreditato laboratorio per l'allestimento di colture cellulari neoplastiche “in vitro”, cioè al di fuori di un organismo vivente.

I medici che seguono la paziente rimangono subito impressionati dalla rapidità con la quale si sviluppa il suo cancro. Per questo provvedono tempestivamente a eseguire un prelievo cellulare dalla massa tumorale, al fine di poterne acquisire una più approfondita dinamica citologica. L'errore che purtroppo commettono, è quello di procedere alla biopsia senza la previa autorizzazione della paziente, incorrendo così nel reato di abuso.

Il laboratorio che riceve il campione prelevato, è diretto da George Gey, il quale, allestendo la coltura cellulare, si accorge dello sguardo sconfortato rivoltogli dal suo assistente. Entrambi sono quasi certi che neppure in questo caso otterranno la sopravvivenza cellulare. Pur tuttavia, il dr. Gey prepara con cura il campione, sul quale appone poi l'etichetta recante la sigla “HeLa”, desunta dalle generalità della paziente. In quei momenti egli è quasi certo dell'insuccesso della procedura. Ma qualcosa gli suggerisce di non demordere. Anche perché, nel 1943, altri ricercatori sono riusciti a ottenere la replicazione di una coltura cellulare murina.

Il giorno successivo, mentre effettua il controllo delle linee cellulari allestite, l'assistente del dr. Gey nota che il campione contraddistinto con la sigla “HeLa” presenta qualcosa di insolito. Osservando meglio, si accorge che nello stesso le cellule sane sono morte, mentre sopravvivono quelle tumorali. E non è tutto: perché, nei giorni seguenti, quelle cellule non solo sopravvivono, ma si replicano anche con una velocità sorprendente. Il loro numero praticamente raddoppia nelle 24 ore! Fornendo così la prova tangibile del buon esito del tentativo. A quel punto c'è la dimostrazione che il dr. Gey sia riuscito in quel che altri hanno fino ad allora fallito: egli ha infatti ottenuto una coltura di cellule tumorali divenute sostanzialmente immortali!

La notizia si diffonde rapidamente nella comunità scientifica, tanto che molti laboratori si affrettano a chiedere campioni di quella coltura per poter adeguatamente studiare il fenomeno.

Nel mese di ottobre del 1951, Henrietta si spegne in seguito alla folgorante disseminazione del suo cancro. Capita così che, mentre il suo fisico soccomba alla progressione tumorale, le cellule in coltura della sua patologia continuino a riprodursi in molti laboratori mondiali. La coltura cellulare nota ormai con la sigla “HeLa”, costituisce pertanto una svolta nel campo medico. Così come le cellule cancerose si sono diffuse nel suo organismo minandolo irreversibilmente, nello stesso modo esse invadono i laboratori dei principali centri di ricerca mondiali.

Grazie alle ricerche compiute su quei campioni cellulari, è stato possibile progredire enormemente in vari settori della medicina, e più in particolare nella genetica, nell'oncologia e nelle virosi. Su quella coltura cellulare, gli studiosi di tutto il mondo hanno potuto ampliare enormemente le loro conoscenze mediche. Cerchiamo di focalizzarne qualcuna.

-1951: si rende possibile l'esecuzione dei test “in vitro” sul vaccino per la poliomielite;

-1952: si addiviene alla standardizzazione dei protocolli inerenti le colture cellulari;

-1953: si rende possibile il congelamento e il trasporto delle cellule normalizzate;

-1953: in seguito alla accidentale caduta di una sostanza chimica su un campione “HeLa”, diventa possibile visualizzare i cromosomi;

-1954: dalla disponibilità delle cellule “HeLa”, è possibile l'allestimento di particolari linee cellulari; questa procedura segna l'avvio degli esperimenti di clonazione cellulare e di fecondazione “in vitro”.

Grazie a quelle colture cellulari, nel 1952 è stato possibile preparare un vaccino che, nel giro di un paio di anni, ha salvato milioni di bambini dalle conseguenze della poliomielite, versandone poche gocce sulla loro lingua. In questo modo, qualcosa di Henrietta è entrato nei loro corpi.

Negli anni '60, l'ormai acquisita praticità nell'allestimento delle colture cellulari ha affascinato l'opinione pubblica mondiale. Tutti si sono interrogati sulla provenienza di quelle cellule miracolose. Il mondo medico non è stato però propenso a rivelarlo, proprio per averle ottenute senza la preventiva autorizzazione della paziente. Nel 1973, si occupa di questo straordinario fenomeno anche la rivista scientifica “Nature”, la quale omette parimenti di rivelarne la autentica provenienza.

Bisogna attendere gli anni '90 perché il nome della loro donatrice venga finalmente svelato all'opinione pubblica. Ma un altro segreto hanno consentito di rivelare quelle cellule. Perché esse sono divenute praticamente immortali?

La risposta a questo interrogativo è giunta alla fine del XX secolo, quando, proprio grazie alle colture “HeLa”, i ricercatori hanno individuato il meccanismo che consente loro di riprodursi all'infinito. Normalmente, le cellule sane invecchiano in seguito alla progressiva perdita di alcuni frammenti cromosomici conosciuti come telomeri. Il loro numero si riduce in conseguenza di ogni divisione cellulare, fino a scomparire. A quel punto, la cellula cessa di dividersi e muore. Le cellule tumorali hanno invece la possibilità di ricostruire i loro telomeri per la presenza di un enzima denominato telomerasi. Questa fonte della giovinezza costituisce pertanto una delle possibili chiavi per accedere all'immortalità cellulare.

Coloro che si sono dedicati a questo tipo di ricerche, sono stati insigniti del Premio Nobel per la medicina nel 2009. Lei, invece, Henrietta, avrebbe compiuto 93 anni lo scorso 1 agosto. Pur essendo ormai morta da tempo, in virtù delle conoscenze scientifiche che ha consentito di acquisire, lei seguita a vivere più che mai in ciascuno di noi.

La sua straordinaria avventura, è stata ora compendiata in un libro (La vita immortale di Henrietta Lacks, di Rebecca Skloot, Calman-Lévy, 448 p.,) che speriamo di poter trovare presto nelle nostre librerie.

Foto: Wikimedia

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