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Grecia: un paese in svendita

Il portavoce del primo ministro greco Lucas Papademos ha annunciato che i leader dei partiti politici hanno trovato un accordo sulle riforme economiche. Lo riferisce il Wall Street Journal.

Fonti dell'esecutivo di Atene citate dal quotidiano Kathimerini hanno rivelato che il premier e i leader dei tre partiti di governo hanno raggiunto un'intesa su come trovare i 300 milioni mancanti al piano di austerity dopo il "no" al taglio del 15% sulle pensioni.

Secondo un funzionario dell'ufficio di Papademos, l'accordo è stato raggiunto dopo un colloquio tra il premier e il leader di Nuova Democrazia, Antonis Samaras. I 300 milioni di euro necessari per chiudere il pacchetto da 3,2 miliardi chiesto da Bruxelles e Washington per dare il via libera agli aiuti da 130 miliardi arriveranno da tagli alla spesa e da altri settori, hanno riferito le fonti, senza fornire ulteriori dettagli.

Tra le misure concordate tra i leader dei partiti greci e Papademos c'è una riduzione del 22% del salario minimo, il licenziamento di 15mila statali e il congelamento di tutti gli aumenti di stipendio fino a quando il tasso di disoccupazione non sarà ridotto al 10% dall'attuale 19%. Il Parlamento dovrebbe approvare il nuovo piano di austerity domenica, in modo da permettere l'avvio di tutte le procedure legali per ottenere i nuovi aiuti in tempo per le scadenze del debito previste per il 20 marzo.

In parole povere piove sul bagnato. Un paese praticamente già in default da più di un anno decide di sottostare ai diktat del Fondo monetario internazionale, della Banca centrale europea e dell'Unione Europea con l’ennesima sferzata di misure draconiane, che si abbattono – ovviamente - su una popolazione già ampiamente stremata.

Eppure non si trattava di una operazione obbligata, come vuole far credere la troijka FMI-BCE-UE. La Grecia sarebbe potuta uscire dall'UE per poi andare in default controllato, pagando solo i creditori interni. In fondo, prima di lei lo hanno fatto nazioni come la Russia, l'Argentina, l'Islanda e molti altri. E sono tutti paesi risorti economicamente.

Si è scelto invece di seguire la ricetta merkoziana del rigore, nella speranza di una rinascita che appare ai più utopia, a prescindere dai "sacrifici" imposti. Sia chiaro: il fallimento di una nazione sia una bella cosa. Anzi. In molti perderebbero i risparmi, il lavoro, l'assistenza, ecc. Però, è altrettanto vero che nel medio periodo faremo comunque questa fine. Per due semplici motivi: 1) Perché il debito pubblico, così come viene finanziato è destinato ad aumentare all'infinito e ad impoverire i singoli Stati e i ceti più deboli; 2) perché oramai le monete sono sganciate dall'effettiva ricchezza (depositi in oro, principalmente) dei paesi.

E intanto un paese come la Grecia oggi è in svendita. L’Unione Europea ha chiesto a Papademos di individuare due o tre imprese pubbliche da mettere sul mercato per rendere credibile l’obiettivo di incassare 50 miliardi di euro da cessioni pubbliche entro il 2015. Un gruppo cipriota ha acquistato per 180 milioni l’isolotto di Dokos nel Golfo Argolico.

Una società inglese si è impossessata di diversi isolotti vicino a Santorini e Cefalonia, per costruire villaggi turistici di lusso. A Creta un’area di circa 800 ettari è stata resa edificabile ed acquistata da un gruppo israeliano. C’è addirittura un sito dove poter fare una sorta di “island-shopping”: si chiama Private Islands, una sorta di boutique della compravendita di isolotti e atolli di assoluta esclusività.

Qui, se siete interessati potrete opzionare Little Amorgos Island, 494 acri di "eccezionale occasione per creare un resort, o una cittadina del lusso, nel pieno del Mar Egeo", il tutto per la modica cifra di 6,1 milioni di euro. Come rapporto qualità/prezzo però, nulla batte Nafsika: 1,235 acri per 6,9 milioni di euro e la sicurezza di avere "la migliore isola privata greca presente sul mercato".

L’affare è doppio perché, come ricorda proprio l’agenzia, un anno fa Nafsika costava 15 milioni di euro. Ma se non si hanno così tanti soldi, si può ripiegare su St. Athanasios, 2,5 acri di micro isola in vendita a 1,25 milioni di euro. Volete esagerare? Ecco che Private Islands vi presenta St. John’s, 750 acri di "magistrale esempio della bellezza del Peloponneso a soli 15 minuti da Atene".

Ebbene sì, viviamo tempi bui ed incerti. Intanto c'è chi accumula denaro, e isole. Toccherà anche a noi, prima o poi, privarci di Alicudi e Filicudi?


Commenti all'articolo

  • Di Sandro kensan (---.---.---.148) 10 febbraio 2012 17:38
    Sandro kensan

    «Eppure non si trattava di una operazione obbligata, come vuole far credere la troijka FMI-BCE-UE. La Grecia sarebbe potuta uscire dall’UE per poi andare in default controllato, pagando solo i creditori interni. In fondo, prima di lei lo hanno fatto nazioni come la Russia, l’Argentina, l’Islanda e molti altri. E sono tutti paesi risorti economicamente.»

    Allora prendiamo l’Argentina che è andata in default con una svalutazione del 80% questo significa che la benzina non costerà più la modica cifra di 1.80 euro al litro ma molto di più e non potremmo o potranno (i greci) più permettersela:

    cito wikipedia riguardo il default dell’Argentina:

    «Durante il 2002 inflazione e disoccupazione continuarono a peggiorare. Il vecchio tasso di cambio 1 a 1 (1 pesos per 1 dollaro, ndr) era schizzato a quasi 4 pesos per dollaro, mentre l’inflazione accumulata dal momento della svalutazione era circa pari al 80%. La qualità della vita dell’argentino medio si era abbassata di conseguenza; molte imprese chiusero o fallirono, molti prodotti importati divennero praticamente inaccessibili ed i salari furono lasciati così com’erano prima della crisi.»

    Ho fatto diversi calcoli sul costo della benzina dopo un eventuale default dell’Italia (o della Grecia):

    http://www.kensan.it/articoli/Defau...

    Quando la benzina costava 1.5 euro al litro (bei tempi!) e con una svalutazione moderata del 60% si può calcolare un nuovo prezzo della benzina di:

    Totale: 2.56 novalire al litro. Prima della svalutazione: 1.5 novalire o anche 1.5 €.

    O se preferite di 2.56 euro al litro. Ora che la benzina costa 1.80 euro al litro il nuovo costo dopo il default è molto vicino ai 3 euro al litro. È evidente che il default porterebbe la Grecia o i greci a non potersi più permettere la benzina.

  • Di (---.---.---.135) 10 febbraio 2012 19:02

    Quindi - deduco - meglio svendere le aziende pubbliche, porzioni di territorio, tagliare i salari e un milione di disoccupati su una popolazione di 11 milioni...

    In queste condizioni i greci non potranno permettersi ben altro che la benzina!

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