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Grecia: sciacalli e problemi reali

Avevo segnalato la ressa dei sedicenti adepti renziani di Syriza, per farsi vedere sul carro del vincitore, ma è durata poco. Il mutamento del clima è segnalato efficacemente dagli editoriali de “la Stampa” che ieri lodavano Syriza e poi subito dopo spiegavano (e auspicavano) “Ma da noi non può funzionare”, mentre ora sono passati a una più volgare polemica: il titolo “Il patto del Nazarakis” non avrebbe bisogno di commento. Ma l’articolo, opera dell’instancabile Massimo Gramellini, è anche prodigo di consigli rivelatori: invece di puntare a una “alleanza rosso-nera” (il termine ritorna più volte, lasciando intendere che An.El. sarebbe una variante di Alba Dorata, invece che il frutto di una scissione dal maggior partito della borghesia motivata con la difesa delle condizioni di esistenza dei lavoratori), sarebbe stato meglio per Tsipras allearsi con To Potami, definito un “partito progressista”.

“Progressista” come lo intendono i Gramellini: cioè garbatamente neo-liberista. È vero, ammette, che sarebbe stato difficile realizzarne il programma, perché la completa “distruzione dello Stato Sociale, avvenuta per ora soltanto in Grecia, riduce il ceto medio alla miseria e crea condizioni sociali pre-rivoluzionarie, lasciando a fronteggiarsi sul terreno una élite di privilegiati e un popolo di disperati”. In Italia non corriamo questo rischio – tranquillizza Gramellini - perché dando “a qualcuno una casa e una rata da pagare” si è sicuri di farne “un potenziale conservatore”. Forse se si guardasse un po’ in giro il vice direttore della Stampa si accorgerebbe che anche in Italia i “potenziali conservatori” si incazzano come in Grecia se la banca gli toglie la casa perché non riescono a pagare il mutuo…

La conclusione dell’articolo è sconcertante e forse rivela la contraddizione tra quel che aveva cominciato a scrivere e quel che gli era stato richiesto di scrivere. Infatti a un certo punto abbandona il discorso fatuo del mutuo come garanzia di conservatorismo (discorso del tutto campato in aria perché anche in Grecia uno dei problemi principali è lo sfratto degli insolventi), per denunciare che “il problema dei greci non è il mutuo, sono le medicine per gli anziani e i bambini, che l’alleanza rosso-nera vuole tornare a distribuire gratuitamente in barba ai tagli di bilancio imposti dalla troika”. Che pretesa scandalosa! Si capisce così che lo scontro in Grecia diventa “tra chi si accontenta di questa Europa economica e chi si ostina a pretenderne una politica, memore delle parole terribili ma altamente profetiche del sociologo Zygmunt Bauman: «In un mondo senza regole dettate dalla politica, sopravvivono soltanto in due. La criminalità e la finanza».” Viene da domandarsi se si riferisce alla Grecia o all’Italia…

Siamo tra quelli che “si ostinano” a pretendere una soluzione politica alla crisi greca ed europea, e non dettata fatalmente da una cosiddetta “Europa economica” rappresentata da finanzieri e politicanti corrotti come Jean Claude Junchker e tanti suoi simili. E non chiamiamo “alleanza rosso-nera” quello che per ora appare un accordo tattico su un programma minimo, che per i rapporti di forza nella temporanea coalizione è di fatto il “programma di Salonicco” di Syriza. Ma...

... Ma non ci nascondiamo i problemi che questo accordo può porre

Certo l’accordo ha suscitato l’ammirazione e l’invidia di tutti i decisionisti, a partire da Renzi, per la rapidità con cui è stato concluso. Senza arrivare al caso limite del Belgio, che rimase per 510 giorni senza un vero governo, tutti i paesi europei sono abituati a mesi o almeno diverse settimane di trattative faticose per formare un governo. Evidentemente l’accordo era stato preparato da intese precedenti. Quanto condotte alla luce del sole? Ne aveva parlato il congresso straordinario che ha deciso le liste? Di questo vale la pena di discutere.

Certo la scelta corrispondeva a una logica: essendo impossibile l’accordo col KKE per il suo forsennato e delirante settarismo, e paralizzante un’eventuale intesa con la liberista To Potami, il mancato raggiungimento dei 151 deputati lo rendeva necessario per non aprire una nuova crisi aperta a ogni soluzione, dal commissariamento più brutale da parte della cosiddetta “Europa” a uno spazio nuovo offerto all’apparente alternativa di Alba Dorata dopo quello che sarebbe apparso “il fallimento di Syriza”. La Grecia oggi non è il Belgio, che ha potuto prosperare tranquillamente in attesa di un accordo tra forze tra loro non antagonistiche.

Molti degli articoli della sinistra interna a Syriza pubblicati sul mio sito o su quello di Sinistra Anticapitalista (per esempio Grecia – Scelte difficili per Syryza o Grecia, alle urne e verso un governo di sinistra) si preoccupavano casomai di un possibile aggiramento delle decisioni congressuali e degli organi del partito da parte di quello che chiamano “l’Ufficio presidenziale” di Tsipras, e anche da parte dei gruppi parlamentari, in cui la sinistra è sistematicamente sottorappresentata. Questo è il problema vero.

Un rinvio di settimane della discussione era impossibile (la pessima legge elettorale vigente in Grecia impone la formazione del governo entro tre giorni), e sarebbe stato pericoloso rischiare nuove elezioni ravvicinate assumendosi la responsabilità di averle provocate con il rifiuto di un’intesa che ai più appariva possibile. Come avrebbero reagito ad esempio le lavoratrici del Ministero delle Finanze, in lotta da molti mesi e sicure della imminente riassunzione, o i lavoratori della TV statale chiusa da Samaràs?

Un altro problema reale è invece quello dell’incarico che sarà assegnato ai due ministri di An.El. Finora si è parlato solo di Panos Kammenos, che dovrebbe assumere il dicastero della difesa. Si è detto che la nomina potrebbe facilitare una neutralità dei militari, difficilmente rassegnati a trovarsi sotto un vero comunista (non una Pinotti già addomesticata). Non è un argomento privo di logica: con tutti i problemi su cui nei prossimi mesi lo scontro, all’interno e in Europa, sarà durissimo, sarebbe stato possibile e utile aprire anche il fronte dell’uscita dalla NATO e dei tagli a una spesa militare che anche molti degli elettori di Syriza non considerano urgenti e prioritari, data la permanente tensione con il nemico storico, la Turchia? Non si tratta di rinunciare astrattamente a una parte del programma, ma di stabilire una scala delle priorità su cui è possibile dare battaglia. Facendolo alla luce del sole.

Se ci saranno tensioni con An.El su questo, o su altri problemi di ordine interno, sarà essenziale mantenere aperto il fronte dell’offensiva politica sul KKE, perché possa controbilanciare defezioni verso destra, anziché stare eternamente seduto sulla riva del fiume ad aspettare il “fallimento” e il “tradimento” di Syriza.

E sarà essenziale il consolidamento di quel “fronte radicale” in Europa, che secondo Thomas Piketty (su “la Repubblica”) dovrebbe incalzare i partiti di centro sinistra spingendoli a capovolgere la situazione nel vecchio continente. Forse Piketty è un po’ troppo ottimista, ma certamente ha colto uno dei veri problemi: i compagni di Syriza non vanno lasciati soli, e la loro battaglia non si vince solo ad Atene.

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