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Grecia: la caccia alle streghe delle prostitute affette da HIV

Il Medioevo torna in vigore in Grecia, dove un documentario shock racconta la caccia alle prostitute, costrette con la forza al controllo sull'HIV e accusate di prostituzione e di diffondere volontariamente il virus, se trovate positive.

Era l'aprile 2012 quando la polizia greca - già nota per l'operazione razziale Zeus Xenios - iniziava la caccia alle prostitute all'interno della città di Atene. Le si voleva allora costringere ad un controllo relativo al virus dell'AIDS. E infatti, puntualmente, appena un mese dopo si arrivava ad arrestare 17 donne risultate positive al test. Nulla a che vedere però con la sicurezza pubblica, anzi. E a renderlo evidente solo le accuse rivolte loro: non solo prostituzione, ma diffusione intenzionale del virus. Untrici, insomma.

Propri di questi fatti parla il documentario Ruins, presentato qualche giorno fa in Grecia per aprire gli occhi sul fenomeno. 

Il documentario racconta di come l'allora ministro greco della Sanità, Andreas Loverdos definì l'operazione di interesse per la pubblica sicurezza. Aggiungendo - malignamente - che il virus si era "diffuso oltre i ghetti, entrando nella società greca".

Il che ci dice molto sullo scopo dell'operazione: riportare il virus da dove è arrivato, da quel posto - il ghetto - atto a contenere al suo interno gli estromessi dalla società. E questo si evince direttamente dalle parole del ministro: il ghetto non fa parte del mondo civile. Ne è fuori. Inevitabile di conseguenza il titolo scelto dalla regista, Zoe Mavroudi: Ruins: Chronicle of an HIV Witch Hunt [Rovine: Cronaca di una caccia alle streghe dell'HIV].

Una caccia che ancora oggi continua, nonostante Positive Voice, un gruppo per la difesa dei malati di AIDS abbia espressamente parlato di violazione dei diritti umani. La stessa Mavroudi ha dichiarato al riguardo che "il giro di vite prende di mira persone che sono deboli e malate, persone che non sono coinvolte in alcun partito politico, persone che sono comunque state largamente colpite dalla crisi".

Non c'è bisogno di ricorrere al nazismo, quando nei lager si costringevano le detenute a prostituirsi, oggetto di "buoni premio" per gli altri carcerati, mentre ai malati si apriva più direttamente la strada dell'eugenetica, cioè dello sterminio di massa. E non c'è neanche bisogno di pensare al processo agli untori portato avanti nella Milano del 1630. Prostituirsi, nonostante il proprio stato di malato di HIV è ancora oggi reato.

La normativa in Italia rimane morbida, anche in virtù della complessità del fenomeno. La Cassazione ha chiarito come l'offerta di prestazioni sessuali non possa prescindere dall'avvertimento sul proprio stato di sieropositività nei confronti del "partner". Si deve avvertire il "cliente" insomma. Negli Stati Uniti però il piano ideato da George W. Bush per contrastare l'AIDS è stato duramente contestato a Washington dalle associazioni che tutelano i malati di HIV. L'accusa, quella di voler spingere ai margini le prostitute. Una norma prevede infatti che i paesi aderenti al piano debbano evitare qualsiasi politica che possa anche solo "far pensare" ad un incoraggiamento del fenomeno.

Mentre il dibattito negli Stati Uniti si fa acceso, altri paesi non si fanno di questi problemi. L'accusa penale per la diffusione dell'Aids è già realtà in Polonia. Lo riporta il Telegraph, con tanto di originale foto in intimo della signorina in procinto di espletare la propria performance, tanto per alimentare l'immagine della "puttana" senza scrupoli che pur di guadagnare del denaro rovina la vita al proprio "corteggiatore". Come se una malata di AIDS stesse lì a divertirsi e a bere champagne.

Altro Paese che non si fa molto problemi è, come ormai sappiamo, la Grecia. Qui si è pensato direttamente a pubblicare le foto e i nomi delle prostitute malate di AIDS, tanto per esporle alla riprovazione dell'intera società "sana". È qui che si concretizza il salto di qualità rispetto ad Italia, Stati Uniti e Polonia. Non solo la presunzione della volontarietà, al fine di poter stigmatizzare e ghettizzare le prostitute come elementi estranei alla società civile, ma anche la pubblica rivendicazione di questa idea da parte delle autorità.

Se in Polonia, Italia e Stati Uniti almeno queste tengono per sé tale pensiero che ormai sappiamo non essere più medievale, ma anzi pericolosamente moderno, in Grecia la cosa può tranquillamente diventare di pubblico dominio, senza scandalizzarsi troppo. Che si sappia pure: le prostitute non trasmettono la piaga. La causano.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.55) 12 settembre 2013 17:03

    Spero che vi sia l’obbligo di isolare e purificare il virus HIV dal sangue dei/delle relativi/e accusati/e.

    • Di Francesco Finucci (---.---.---.210) 12 settembre 2013 21:52
      Francesco Finucci

      Non ti seguo

    • Di (---.---.---.79) 13 settembre 2013 12:11

      L’unico modo per rilevare con sicurezza la presenza dell’HIV è quello di isolare e purificare lo stesso bacillo dal sangue della stessa persona. Da quello che sto riscontrando, mai nessuno ci è riusicito.

    • Di Francesco Finucci (---.---.---.181) 13 settembre 2013 14:49
      Francesco Finucci

      Ah, ora ho capito. Non saprei dirti, non sapevo di questa necessità. Ma onestamente non credo interessi loro più di tanto l’affidabilità. E come per la Cia e il test della verità. Chi aiuta, la certezza del diritto oppure la certezza di avere un colpevole da friggere sulla sedia elettrica?

    • Di (---.---.---.170) 13 settembre 2013 16:03

      Difatti, i test anti HIV: Elisa, Western Blot e PCR indicano solo la presenza eccessiva di proteine ossidanti, tipiche di retrovirus di ogni tipo. Da quello che ho saputo, nessuno ha mai isolato e purificato il virus in questione. Le foto che si vedono in Rete, sono troppo grosse per rappresentare retrovirus. In altre parole, sembra (e ripeto proprio sembra) che l’HIV non esista e che quindi l’AIDS non sia causato da un virus, ma in via principale dall’accanimento terapeutico su chi è risultato positivo ad suddetti test. Spero che venga subito fatta chiarezza in merito.

  • Di (---.---.---.249) 13 settembre 2013 09:12

    Un uomo che va con una prostituta sta violentando una donna.
    Se questa gli attacca l’AIDS...bhè, magari se lo è meritato?

    • Di (---.---.---.79) 13 settembre 2013 12:09

      Se non esiste la costrizione alla prostituzione e questa non viene rilevata dal cliente in questione, non si può parlare di stupro. Affermo che il sesso a pagamento tra adulti e consenzienti è un diritto di scelta, garantito dai principi democratici.

    • Di Francesco Finucci (---.---.---.181) 13 settembre 2013 14:56
      Francesco Finucci

      Mah, in Italia il sistema assicura questo. E’ illegale lo sfruttamento, non la prostituzione in sé. Non parlerei però di principio democratico. Il 28 Ottobre 1922 osannato dagli italiani e seguito dalle sue camicie nere Mussolini procedeva al colpo di stato? Non era democratico? E se no, cosa ci da lo scettro di portatori della democrazia per contrastarlo con la violenza? Anche la democrazia è un’ideologia, così come il socialismo, il comunismo, il facismo, etc. E’ per questo che pensare che la coscienza di un atto sia perciò necessariamente un atto di democrazia è sbagliato. Come d’altronde pensare di vietare un atto che teoricamente (non necessariamente) non lede nessuno ma consuma uno scambio. E allora che fare, vietare perché immorale e degradante oppure lasciare che il degrado continui perché sarebbe antidemocratico intervenire? Questo è il motivo per il quale poi di fronte anche all’ideologia democratica, stigmatizzata come inerzia i totalitarismi hanno trovato un ottimo terreno dove attecchire.

      La democrazia è cosa estremamente complessa, e la sua essenza sta nella sensibilità delle persone, non nelle leggi.

    • Di (---.---.---.170) 13 settembre 2013 15:50

      Penso che in tal caso, la democrazia debba tutelare la libertà di scelta sessuale come l’omosessualità ed anche il sesso a pagamento tra adulti e consenzienti. Se si vuole combattere la schiavitù del meretricio, bisogna colpire che schiavizza le stesse persone che si prostituiscono e non certo quelle che lo fanno per scelta, senza alcuna costrizione ed i relativi avvalenti. Sarebbe come punire i clienti dei negozi per reprimere il racket che colpisce questi con il relativo pizzo.

    • Di Francesco Finucci (---.---.---.181) 13 settembre 2013 15:57
      Francesco Finucci

      Sì, in parte sono d’accordo. Però credo che si tratti anche di promuovere una cultura, un esempio lo faccio proprio nell’articolo. L’immagine di una signorina in procinto di togliersi le mutande per spiegare un fenomeno del genere è oscena. Non perché fa scandalo, ma perché è profondamente immorale, il che vuol dire - nel mio dizionario - indifferente al dolore altrui. Il mezzo è la repressione? No, anche qui si tratta di passare in mezzo alle leggi, di toccare corde sensibilissime della sfera pubblica, senza raggirarla, né reprimerla, né condizionarla. Questo fa uno statista. Quindi siamo fregati

    • Di (---.---.---.170) 13 settembre 2013 16:07

      Sul fatto di togliersi le mutandine per spiegare questo fattore, penso che proprio non sia corretto.

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