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 Home page > Tribuna Libera > Grecia: il lapsus di Renzi e i problemi di Tsipras

Grecia: il lapsus di Renzi e i problemi di Tsipras

Renzi non ha resistito alla tentazione di gettare anche lui un po’ di fango sui greci che resistono all’attacco di quei miserabili avvoltoi e iene, che in maggioranza non sono stati eletti da nessuno (come lui, d’altra parte) e sono senza titoli per decidere della vita e della morte di milioni di persone, ma che pretendono tuttavia di rappresentare “l’Europa”.

Bravi di solito a far la guerra alle poche cose buone sopravvissute all’imposizione dell’uniformità capitalistica. Pochi anni fa pretendevano di mettere al bando il pecorino di fossa e il lardo di Colonnata, oggi vorrebbero imporre formaggi prodotti senza latte, cioccolato senza cacao, ecc. Ma ovviamente questo è il meno, anche se la notizia pur modesta provoca stupore… Schierandosi al fianco degli aggressori della Grecia, comunque, Renzi ha usato le loro stesse menzogne, presentando i greci come oziosi che vivono a sbafo alle spalle del resto di Europa.

E ha presentato l’eventuale (ancora molto eventuale) loro rifiuto di pagare il debito attribuendolo a una difesa di privilegi. Mente sapendo di mentire: il debito internazionale ha un meccanismo intrinsecamente perverso che Rosa Luxemburg aveva spiegato lucidamente oltre un secolo fa, ricostruendo la vicenda dell’Egitto (si veda Rosa Luxemburg: i prestiti internazionali, oppure lo stralcio riportato in Rosa L. sul debito).

Renzi soprattutto avrebbe dovuto dire che di tutte le centinaia di miliardi che figurano dati come “aiuti” alla Grecia, solo il 10% è arrivato sul suolo ellenico, il resto è andato direttamente alle banche tedesche, francesi, lussemburghesi (e italiane…) come pagamento degli enormi interessi sui debiti contratti dai vecchi governanti conservatori e di centro sinistra. Renzi ha ripetuto agli italiani la favola delle baby pensioni greche, ovviamente tacendo che molti pensionate/i greci hanno dovuto andarsene in pensione anticipatamente per i tagli all’organico imposti dagli organismi internazionali, e che comunque non è questa la causa del debito, tanto è vero che la media degli anni di lavoro in Grecia è superiore a quella media dell’UE, e la spesa pubblica per le pensioni è (in proporzione) circa la metà di quella francese, e un quarto di quella tedesca.

Ma nel furore della sua arringa accusatoria contro i vizi dei greci Matteo Renzi ha fatto un pericoloso scivolone: dopo aver detto “noi abbiamo eliminato le baby pensioni e non vogliamo contribuire a mantenerle in Grecia”, ha detto anche “noi abbiamo aumentato le tasse” e stava per dire ovviamente “e non possiamo sacrificarci per mantenerle basse in Grecia” quando si è per la prima volta impappinato, perché si è ricordato di aver sempre promesso di diminuirle e di aver annunciato di averlo fatto… Ha dovuto fare le capriole per attribuire gli aumenti a chi lo aveva preceduto a Palazzo Chigi.

O forse era la vergogna di averla sparata davvero troppo grossa: in realtà Tsipras aveva annunciato una tassa del 12% sui profitti che superano i 500 milioni, e sono state le “istituzioni” di Bruxelles ad aver respinto la modesta proposta. E pensare che Tsipras aveva creduto di poter contare su una spalla in un’Italia governata dal centrosinistra: da Renzi aveva solo avuto in regalo una cravatta, che qualcuno pensava evocasse il nodo scorsoio che lo avrebbe soffocato, e che in ogni caso suonava come rimprovero per il rifiuto di adeguare l’abbigliamento a quello formalissimo di quel consesso europeo pieno di gente poco rispettabile ma molto elegante.

Mi auguro ovviamente che alla fine il NO prevalga in questo rischioso referendum: ieri, dopo una giornata in cui il SI veniva dato al 60%, il NO sembra di nuovo in maggioranza. Ma il pericolo è enorme: tutta l’Europa è mobilitata, con pochissime eccezioni, a premere sugli elettori greci presentando la scelta del referendum come se fosse tra euro e dracma. In ogni paese vengono raggiunti operatori economici greci che vivono o hanno contatti frequenti con altri paesi, perché facciano da amplificatori della campagna di delegittimazione del governo Tsipras. La stampa e la TV in Grecia sono al 90% conservatori e legati ai partiti servili verso la troika (oggi si è cambiata nome ma è la stessa).

Polizia ed esercito sono rimasti fortemente orientati a destra, e per giunta eccitati con notizie (false) su un possibile conflitto con l’odiato “nemico storico”, la Turchia, che si preparerebbe a invadere le isole greche più periferiche in caso di una catastrofe provocata da una vittoria del NO… Ma la difficoltà maggiore per un successo del NO è il grande ritardo con cui il governo si è rivolto con franchezza all’opinione pubblica interna: per cinque mesi i disaccordi con le “istituzioni” erano minimizzati, del debito non si parlava se non per ricordare quello contratto dagli occupanti nazisti che avevano portato in Germania l’oro della Banca di Grecia, argomento scottante ma parziale, a cui la Merkel rispondeva facilmente che era un affare lontano e che un governo Greco aveva accettato di chiudere il contenzioso.

Era anche vero, ma bisognava avere il coraggio di dire che la Grecia era stata governata da fantocci dopo la sconfitta della tardiva guerra civile. E invece di dialogare in questi mesi con i vecchi partiti collaborazionisti che avevano accettato i sacrifici imposti dalla trojka, lasciando un loro uomo alla testa della Banca di Grecia ed eleggendone altri a varie cariche, bisognava cominciare a spiegare che erano servi, e di che ambienti internazionali erano servi. Sull’orientamento di parte della popolazione greca più sprovveduta pesa senz’altro il fair play ostentato per cinque mesi da Varoufakis nei confronti di personaggi come Christine Lagarde, dal passato oscuro e oggi inquisita per uno scandalo che potrebbe costarle la poltrona detenuta prima di lei da quell’altro gentiluomo di Dominique Strauss Kahn, o come il riccioluto perito agrario danese Diijsselbloem che aveva ostentato una inesistente laurea in economia, ma pontifica sull’economia dell’intero continente.

Ed è bene ricordare, che al di là delle ricostruzioni retoriche, la sconfitta della resistenza che aveva liberato il paese dalle armate naziste era sì stata provocata dagli ordini di Stalin di cedere le armi con gli accordi di Varkiza, ma anche dalla sottovalutazione dell’esistenza di una maggioranza silenziosa conservatrice che votò per il ritorno del re. Come spiegare dunque in pochissimi giorni che dall’altra parte del tavolo sedevano persone poco rispettabili che difendevano interessi ignobili, se si è finto per molto tempo che tutto andasse per il meglio, e che un accordo fosse imminente? Se la delegazione governativa era costretta a rispettare le forme e le regole della democrazia, il partito avrebbe dovuto mobilitarsi per spiegare meglio alla popolazione la posta in gioco.

È solo questo che ha consentito ai vecchi partiti di portare in piazza una folla non enorme ma più o meno equivalente di quella impegnata per il NO, con la convinzione che la svolta del governo fosse dettata da “interessi di partito”, e con una sostanziale ignoranza della posta in gioco. La maggior parte dei manifestanti intervistati continuava a ripetere che Tsipras “voleva portare la Grecia fuori dell’Europa”! Giustamente la sinistra di Syriza ha appoggiato il referendum, e si è impegnata a evitare le polemiche unendo in questi giorni tutte le forze per il successo del NO. Ma anche in caso di vittoria con un margine ristretto rimarranno grossi problemi, e la discussione dovrà affrontare anche le ragioni per cui la questione del debito illegale, illegittimo ed odioso, denunciata non solo dalla commissione internazionale per l’audit, ma anche da importanti economisti, compresi Stiglitz e Galbraigth, è rimasta di fatto ai margini dello scontro politico fino all’ultimo.

Comunque ora impegniamoci tutti a contrastare la campagna di demonizzazione del governo greco, magari evitando ingenuità come la trovata dei Comitati Lista Tsipras (fatta propria subito con slancio e tempestività degna di miglior causa dal “manifesto”) che raccoglie firme sulla frase “io rinuncio al mio debito greco”. Ingenuità, perché accetta l’idea che sia “l’Italia” a partecipare al debito greco per 40 miliardi, e lo presenta come “un credito di tutti i cittadini italiani”.

Mentre invece è un credito di banche, finanziarie, speculatori vari, che viene usato dalla destra ma anche dal centro sinistra per spaventare gli ignoranti, convinti di dover “pagare per i greci”… Per favore!

 

PS: Se è stato un errore presentare come amici i vari Renzi, Hollande, Shulz, dando loro spazio per influenzare settori dell’opinione pubblica incerta, un bel problema è la recente comparsa urlante di sedicenti amici, da Salvini a Brunetta a Grillo, che dicono di sostenere il referendum ma lo presentano esclusivamente come se fosse “per l’uscita dall’Europa”, aumentando la confusione nell’elettorato.

 

 

Foto: Denis Bocquet/Flickr

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