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Grecia, buchi da chiudere e voragini aperte

Il governo greco ha inviato in parlamento un disegno di legge contenente alcune delle “azioni prioritarie” richieste dalla Ue per procedere all’erogazione della prima tranche di aiuti del nuovo Memorandum.

Tra le misure in esame, una appare la “rivincita” dei creditori contro la politica degli annunci in materia pensionistica adottata dai governi greci degli ultimi anni, ed una è una sorta di strumento di tortura fiscale.

Riguardo alle pensioni, è prevista la graduale eliminazione delle pensioni anticipate in modo che dal 2022 i greci vadano in pensione all’età effettiva di 67 anni. Misura non dissimile da quelle attuate in passato dai governi greci, almeno sulla carta. In realtà c’è una tagliola: poiché in passato i governi greci annunciavano mirabolanti strette sull’età di pensionamento ma solo a futura memoria e/o con ampie deroghe di salvaguardia dei “diritti acquisiti”, torme di pensionati più o meno precoci si dirigevano precipitosamente verso le uscite, causando devastazioni alla spesa pensionistica.

Ed ecco quindi la contromisura richiesta alla Grecia dai creditori: chi è già in pensione ma non ha ancora raggiunti i 67 anni sarà colpito da un “contributo di solidarietà” del 10%. Ci si chiede perché tale accorgimento non fosse stato adottato anche dai governi precedenti o, alternativamente, perché i creditori fossero così distratti, a fronte di misure feroci ma rigorosamente pro-futuro che facevano esplodere la spesa nel presente. Misteri.

L’altra misura, che ha causato levate di scudi da tutti i partiti greci, è quella relativa alla tassazione degli affitti. Non tanto per l’inasprimento di aliquota, che passerebbe dal 12 al 15% su redditi annui inferiori a 12.000 euro e dal 33 a 35% sopra tale soglia, configurandosi come una ossimorica cedolare secca ma anche progressiva, quanto per l’obbligo imposto al locatore di pagare le imposte anche in caso l’inquilino non paghi, cosa che oggi era esplicitamente esclusa. In un paese che ad un certo punto aveva deciso di smettere di pagare le tasse, non solo per la profondità della crisi ma anche per il farsi strada di ipotesi di dissoluzione dell’entità statuale, questa misura è un brusco risveglio alla realtà della dura lex sed lex. Vedremo come finirà ma queste richieste dei creditori sembrano andare dritte a chiudere tutte le innumerevole scappatoie con le quali, per astuzia o stato di necessità, la Grecia per anni ha mostrato una crescente discrasia tra forma e sostanza dei provvedimenti di austerità.

Ah, se poi parte dei nuovi fondi dei creditori internazionali andassero a ripagare i creditori domestici dello stato greco, contribuenti inclusi, male non farebbe. Giusto per amor di reciprocità. Altrimenti, il sospetto è che l’avanzo primario del paese serva solo come corda per impiccarsi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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