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Gonorrea: cosa fare se resiste agli antibiotici?

L'annuncio dell'OMS: in crescita i casi antibiotico resistenti. Servono nuovi farmaci, ma anche una maggior attenzione alla prevenzione.

da Cristina Da Rold

SALUTE – Lo ha annunciato nientemeno che l’Organizzazione Mondiale della Sanità con un articolo pubblicato il 7 luglio scorso su PLOS ONE: i casi di gonorrea resistente agli antibioticisono in aumento, e i numeri di quest’incidenza sono preoccupanti: oltre il 60% dei paesi del mondo dove sono attivi sistemi di sorveglianza sull’antibiotico-resistenza riportano casi di gonorrea resistente agli antibiotici. Fra i paesi presi in esame dall’OMS su scala globale, il 97% ha riportato casi che erano resistenti alla ciprofloxacina, il trattamento più economico e più ampiamente disponibile, l’ 81% ha riportato casi di gonorrea resistenti all’azitromicina, e il 66% alle cefalosporine. Serve iniziare a pensare a nuovi farmaci in grado di curare queste nuove forme di gonorrea, serve un impegno internazionale, e al momento – chiosa l’OMS – le risorse volte a ricerca e sviluppo in questo ambito sono ancora troppo poche.

Quando si parla di gonorrea oggi, siamo abituati a non spaventarci più di tanto. A partire dagli anni Trenta infatti, sono state utilizzate diverse classi di antibiotici per uccidere il batterio che causa la gonorrea, la Neisseria gonorrhoeae. Un organismo che se non viene debellato può essere anche molto pericoloso: l’OMS stima che la gonorrea è stata responsabile di circa 445.000 anni vissuti in disabilità (YLD) nel 2015. Si tratta inoltre di una delle malattie sessualmente trasmesse più diffuse, con circa 78 milioni di casi solo nel 2012. “Il momento migliore per avere avuto gonorrea è stato gli anni ottanta, poiché ci sono stati molti farmaci per curarla” racconta a Nature Ramanan Laxminarayan, del Center for Disease Dynamics, Economics and Policy a Washington DC. “Oggi però non è più così”. L’uso diffuso e l’uso improprio degli antibiotici ha infatti portato a un aumento dei ceppi antibiotico resistenti di batteri.

Anzitutto la prevenzione

Si potrebbe pensare che è tutta colpa dei farmaci, ma a ben vedere anche noi abbiamo una responsabilità: la prevenzione è cruciale. Un’alta incidenza, dovuta anche a una scarsa attuazione di misure di prevenzione adeguate, porta alla necessità di impiegare antibiotici su larga scala, che appunto stanno portando allo sviluppo di batteri resistenti alle cure. L’estrema variabilità genetica del batterio è una delle cause che ha impedito lo sviluppo di un vaccinocontro la gonorrea, ma la ricerca sta facendo notevoli passi avanti in questa direzione.
A risultare determinanti per la diffusione dell’infezione sono l’uso sempre meno frequente del preservativo, una maggiore urbanizzazione e l’abitudine a viaggiare per il mondo con maggiore facilità rispetto ai decenni passati, unitamente a insufficienti tassi di rilevazione dell’infezione e a trattamenti inadeguati nei paesi meno sviluppati. La gonorrea si trasmette infatti attraverso rapporti sessuali (vaginali ma anche anali) non protetti, può essere trasmessa da madre a figlio durante il parto e può svilupparsi anche al livello della bocca, della gola, degli occhi e del retto. Inoltre il trattamento delle infezioni della faringe (indipendentemente dalla resistenza) è più difficile rispetto a quello delle infezioni uro-genitali.
Tutte le persone sessualmente attive sono dunque a rischio di infezione, e per questo anche l’Istituto Superiore di Sanità suggerisce che per evitare il contagio è necessario avere rapporti sessuali protetti e usare correttamente il preservativo.

I numeri

Non si tratta tuttavia di un problema dei paesi più poveri, ma sostanzialmente uniforme in tutto il mondo. Il Regno Unito ha registrato per esempio un aumento dell’11% solo fra il 2014 e il 2015, mentre negli Stati Uniti la crescita è stata del 5% tra il 2013 e il 2015. La regione africana ha i tassi più elevati di infezioni in tutto il mondo, con 50 e 100 nuove infezioni ogni 1.000 donne e uomini ogni anno, ma anche negli Stati Uniti la gonorrea è la seconda malattia infettiva più frequentemente riportata, con un totale di 395.000 casi nel 2015, con un aumento del 13% rispetto al 2014.

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Secondo quanto riportano gli autori su PLOS ONE, i dati dal 2009-2014 mostrano una continua diffusa resistenza alla penicillina, alla tetraciclina e alla ciprofloxacina. Nel caso delle cefalosporine 26 paesi su 77 hanno registrato dal 2009 al 2014 più del 5% dei casi di gonorrea resistente, mentre in 25 paesi la percentuale di resistenza è stata inferiore al 5%. Se la resistenza si presenta in più del 5% dei casi, secondo l’OMS significa che l’uso degli antibiotici è discontinuo.
Nel caso dell’Azitromicina, 29 sono i paesi che hanno mostrato resistenze superiori al 5% dei casi, mentre nel caso della Ciprofloxacina, per cui la situazione risulta particolarmente grave, non solo nella maggior parte dei paesi (52) la gonorrea è resistente in più del 5% dei casi, ma in ben 14 paesi essa è resistente in oltre il 90% dei casi. In 14 paesi cioè 9 casi su 10 di gonorrea sono resistenti alla Ciprofloxacina.

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Servono nuovi nuovi farmaci, anche se ci si guadagna poco

Il primo problema della gonorrea è che può essere asintomatica nella metà dei casi, evolvendo e complicandosi causando batteriemie e sterilità. Nel complesso, il 10-20% delle pazienti sviluppa una malattia infiammatoria pelvica, e di conseguenza è a rischio di infertilità. Il problema poi sono le combinazioni con altre infezioni, come HIV, Herpes Simplex Virus, Clamidia, Mycoplasma genitalium e sifilide.
Il secondo problema è che non ci sono test diagnostici accessibili, rapidi e puntuali per la questa malattia. Molte persone che sono infettate da gonorrea non hanno sintomi, mentre in molti altri casi i sintomi vengono confusi per gonorrea e quindi vengono prescritti degli antibiotici che in realtà non servono. Un uso inappropriato che finisce per favorire lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza.

“Per controllare la gonorrea, abbiamo bisogno di nuovi strumenti e sistemi per una migliore prevenzione, un trattamento, una diagnosi precoce e un più completo monitoraggio e segnalazione di nuove infezioni” scrive Marc Sprenger, Responsabile della Resistenza Antimicrobica dell’OMS. “In particolare, abbiamo bisogno di nuovi antibiotici, oltre a test diagnostici rapidi, accurati e puntuali”.
Il terzo problema è però che lo sviluppo di nuovi antibiotici non è affatto attraente per le case farmaceutiche in termini di guadagni. I trattamenti vengono praticati solo per brevi periodi di tempo (a differenza dei medicinali per malattie croniche) e diventano meno efficaci quando la resistenza si sviluppa, il che significa che la fornitura di nuovi farmaci deve essere costantemente ricostituita.
Al momento abbiamo solo tre nuovi farmaci candidati in varie fasi dello sviluppo clinico per la gonorrea: la solitromicina, per il quale è stato recentemente completato un trial in fase III; la Zoliflodacina, che ha completato uno studio in fase II, e la gepotidacina, che ha completato anch’essa uno studio in fase II.

@CristinaDaRold

Questo articolo è stato pubblicato qui

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