Gone, Amanda Seyfried è pazza?

E’ un buon thriller Gone, ben costruito, molto ritmato, con un crescendo continuo e senza troppe pause.
Heitor Dhalia fa un buon lavoro e riesce a confezionare un film discreto che posa il peso delle interpretazioni quasi completamente su Amanda Seyfried.
Jill torna a casa e scopre che la sorella è scomparsa.
Il panico la assale immediatamente perché solo un anno prima lei stessa è stata rapita da un uomo che non è mai stato trovato ed è convinta che lui la stia ancora cercando.
Il problema è che la polizia pensa che Jill si sia inventata più o meno tutto l’anno prima e così questa volta non fa partire alcuna ricerca. Toccherà alla ragazza mettersi in gioco direttamente per trovare la sorella e sfuggire allo stesso tempo dalla polizia che la sta cercando.
Così è ovvio che siamo di fronte ad uno di quei film fatto tutto di inseguitori ed inseguiti, addirittura a cascata in questo caso perché abbiamo la polizia che cerca Jill che cerca la sorella.
Si comincia alla grande con immagini della immensa foresta teatro del rapimento della ragazza e subito dopo con la Seyfried sotto la doccia. Ma sono le uniche due concessioni alla bellezza perché poi ci si tuffa nel dramma e nella frenesia crescente e non c’è spazio per altro.
L’inizio è ottimo per costruzione e racconto.
Avrebbero potuto raccontarci subito il passato di Jill ed invece ce lo lasciano intuire dal suo comportamento, dal suo panico all’assenza della sorella, dalle sue mosse, dalla sua rabbia.
La verità su quanto accaduto viene fuori solo dopo un po’ e comunque rimane il dubbio, fino alla fine, se il rapimento di Jill sia reale oppure si sia lei inventato tutto, vittima di gravi problemi psichici.
Tutto ciò viene fuori nei primi minuti di film ed il dubbio rimane vivo fino alla fine dei giochi.
Nonostante i continui flash nella mente della ragazza che ci mostrano cosa ricorda non siamo in grado di decidere se quello che c’è nella sua mente è reale o meno.
L’interpretazione della Seyfried è sicura, convincente, gli altri, compresa Jennifer Carpenter, le fanno solo da contorno.
Peccato solo per un finale che ad un certo punto mi sarei aspettato molto più sorprendente.
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