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Gomorra: "La narrativa del silenzio"

Ci sono notizie che trovano lo spazio di un mattino, in attesa di qualche nuovo evento che sposti l’attenzione dei media, e di conseguenza dell’opinione pubblica.

Ci sono notizie poi create artificiosamente dai mezzi di comunicazione, progettate e sviluppate dalle redazioni dei giornali, con l’intento di suscitare clamore o indignazione a secondo dei casi.

E ci sono notizie invece sulle quali bisogna stare, anche quanto altri nuovi eventi si susseguono, notizie di cui bisogna serbare memoria. 

Gomorra: "La narrativa del silenzio"

Le parole di Silvio Berlusconi sulla "promozione" della mafia all’estero, associata al libro di successo di Saviano Gomorra, e sulle accuse mosse indirettamente all’autore di pubblicizzare un’immagine negativa dell’Italia, non possono essere archiviate, almeno questa volta e su questo tema, come l’ennesima boutade del presidente del Consiglio, a cui tristemente rischiamo di abituarci.
 
Roberto Saviano ha risposto a quell’accusa in una lettera pubblicata sabato scorso dal quotidiano La Repubblica. Saviano si rivolge direttamente al Cavaliere, e lo fa con un invito alla riflessione - "Si fermi un momento a pensare a cosa le sue parole significano... Pensi a quanti hanno rischiato e stanno tutt’ora rischiando, eppure vengono accusati di essere fiancheggiatori delle organizzazioni criminali per il solo volerne parlare. Perché per lei è meglio non dire, è meglio la narrativa del silenzio".
 
Sono senza dubbio parole forti, ma di certo non sono parole di rancore, semmai di rammarico per l’incomprensibile accusa partita dal capo dell’Esecutivo, tanto da spingere Saviano a criticare lo stesso ruolo della casa editrice Mondadori, e la stessa Einaudi appartenenti alla famiglia Berlusconi - "Ho sempre pensato che la storia partita da molto lontano della Mondadori fosse pienamente in linea per accettare un tipo di narrazione come la mia - prosegue l’autore - pensavo che avesse strumenti per convalidare anche posizioni forti, correnti di pensiero diverse. Dopo le sue parole non so se sarà più così".
 
A stretto giro è arrivata ieri, e sempre su Repubblica, la risposta di Marina Berlusconi.
In qualità di presidente del Gruppo Mondadori? Direi certamente di no, ma quale figlia, potente figlia, di Silvio Berlusconi - "Mi ha profondamente colpito la reazione di Saviano di fronte a quella che era nè più nè meno che una critica. Una critica che può anche non essere condivisa, ma che, come tutte le opinioni, è più che legittima. E quando dico ’tutte le opinioni’ intendo davvero tutte, comprese quelle, piaccia o non piaccia, del presidente del consiglio".
 
Qui però non stiamo parlando di una critica mossa da uno qualunque, con tutto il rispetto, ma da un presidente del Consiglio che ha appoggiato la dichiarazione di Dell’Utri secondo cui il boss Vittorio Mangano è un eroe, un presidente del Consiglio che non prende posizione quando la Procura antimafia di Napoli chiede l’arresto per un suo sottosegretario di governo con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso (caso Cosentino), che rinvia più volte la decisione di sciogliere un comune, quello di Fondi, in cui ci sono, secondo il Prefetto di Latina, evidenti ragioni di credere in un’infiltrazione di stampo mafioso.
 
Nessuno nega a Silvio Berlusconi il diritto alla critica, come privato cittadino, ma in questo caso non v’è nulla da criticare.
 
Nella lotta alla mafia non si possono snocciolare solo i dati, soprattutto quando fanno comodo per promuovere o pubblicizzare, questo sì, un’azione di governo che per quanto se ne possa dire, è fallimentare.
Fallimentare perché si possono arrestare i latitanti, e si possono sequestrare e confiscare miliardi, ma se non c’è una volontà di sradicare la mafia dalla politica, dagli appalti pubblici, dalle "grandi opere", dall’amministrazione del Paese, allora la critica è solo propaganda. 
 
Al presidente Berlusconi importa solo dei danni all’immagine, non si preoccupa affatto della sostanza del problema. Un po’ come ha fatto, perseverando in tal senso, in merito alla crisi economica - ’Se non se ne parla, la crisi non c’è’. Se non se ne parla, la mafia non esiste.
 
Le parole del presidente del Consiglio hanno spinto il magistrato Raffaele Cantone, giudice al processo Spartacus, che vive sotto scorta dal 2003 perché condannato a morte dai casalesi, a scrivere un articolo sul quotidiano Il Mattino di Napoli dal titolo Gomorra e l’immagine del Paese
 
Scrive Cantone - "Senza voler cadere nel becero populismo, danni all’immagine molto maggiore vengono dai comportamenti, descritti all’estero dalla stampa internazionale, di una classe dirigente non sempre molto attenta a fare pulizia nel proprio interno; in tutti i dibattiti a cui ho partecipato - prosegue - mi è stato chiesto come era possibile che in Parlamento o negli enti locali sedessero persone imputate o condannate per fatti di mafia".
 
Raffaele Cantone risponde direttamente al Cavaliere, il quale aveva insistito affinché si desse maggior spazio ai risultati del governo nella lotta alla mafia - "Siccome stampa e televisione danno, opportunamente, grande risalto ad arresti o sequestri di beni, questi ultimi anche accompagnati da cifre iperboliche di valutazione, non si comprende che cosa si vorrebbe si venisse riferito.
 
Il 16 ottobre 2008 all’indomani delle minacce in aula a Saviano nel corso del processo Spartacus da parte dei boss casalesi, Silvio Berlusconi scriveva - "Vorrei rincuorare Roberto Saviano e dirgli di tenere duro, di non cedere alla minaccia della camorra. Abbiamo ripulito Napoli e la Campania dai rifiuti; intendiamo agire con la stessa determinazione per liberare l’intero Mezzogiorno dalla camorra e dalla criminalità organizzata. Ai giovani talenti come Saviano dobbiamo tutti una civile gratitudine: ma il Governo gli deve qualcosa in più. Deve garantirgli il diritto a non aver paura, la tutela più completa della sua incolumità. E su questo prendiamo assoluto impegno. 
 
Grazie presidente, adesso sì che mi sento più tranquillo.

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