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 Home page > Tribuna Libera > Gli scherzi dell’antipolitica

Gli scherzi dell’antipolitica

Sarebbe molto utile, oltre che divertente, tirare fuori le perentorie affermazioni dei maggiori politicanti di lungo corso a proposito del Movimento5Stelle, pronunciate prima e dopo le ultime elezioni politiche, per dimostrare, come in un teorema, che una lunga navigazione parlamentare ti allontana e non ti avvicina alla comprensione dei fenomeni sociali e politici, perché il lungo esercizio del potere inesorabilmente ti distacca dai cittadini e dai loro problemi.

Nessuno di questi “insostituibili ed espertissimi dirigenti”, di sinistra e di destra, con sondaggisti d’ordinanza al seguito, non solo non previdero il boom, del Movimento, ma lo etichettarono “antipolitica”, facendogli un grande favore, in quanto essere contro la “politica”, come si è conosciuta negli ultimi 20 anni, è un titolo di merito e di novità. E, se ci pensiamo bene, il successo di Renzi è stato in parte determinato, con la sua rottamazione, dalle parole d’ordine del M5S che prevede l’ineleggibilità dei parlamentari dopo due legislature, e anche sui costi della politica Renzi insegue le tesi grilline.

E non hanno più nemmeno la percezione del ridicolo quando si propongono di guidare ancora il paese, come se i due maggiori partiti, con le loro nomenklature, non fossero pienamente responsabili della grave crisi, della corruzione, del debito pubblico e della disoccupazione che ci schiacciano.

Purtroppo Forza Italia e PD possono contare su blocchi di interessi economici (altro che ideologie e valori) che rispettivamente tutelano capitalismo, banche, mafie, evasori fiscali, commercianti, professionisti, avvocati, editori, monopoli TV, etc. e dall’altra abbiamo il consenso dei dipendenti statali, dei salariati, dei piccoli agricoltori e artigiani, dei funzionari di ASL, province, regioni, Inps, Inail, sindacati, patronati, pensionati. Sono due blocchi sociali storici difficilmente intaccabili da chiunque voglia cambiare le cose in profondità.

Entrambi i partiti non hanno più identità di sinistra o destra storiche, sono partiti di centro, da anni in perenne inciucio, apparentemente antagonisti, ma pronti a mettersi d’accordo sottobanco su tutto, per spartirsi RAI, appalti pubblici, finanziamenti a editoria e partiti e tutto ciò che è fatto con il pubblico denaro.

Sembrerebbe una situazione bloccata dove esistono tre poli, di uguale peso, di cui nessuno sembra in grado di sfondare e raggiungere la maggioranza assoluta, soprattutto ora che la Corte Costituzionale ha bocciato il premio di maggioranza della legge elettorale che dava una possibile governabilità.

Ma prima di parlare di nuova alchimia elettorale di una nuova legge, che comunque deve essere fatta, è giusto inoltrarsi nella comprensione degli squilibri che la crisi economica ha provocato, dove le illusioni suscitate da B. sono morte e sepolte e non più spendibili. Le tasse su imprese e lavoro sono sempre aumentate e sono ormai intollerabili, la disoccupazione, in particolare quella giovanile, è a livelli insostenibili, gli elettori ormai sfiduciati della politica per il 50% non vanno più a votare, e qui qualche “storico” equilibrio comincia a scricchiolare.

L’antipolitica e il populismo devono diventare medaglie da esibire se non si vuole essere confusi con i vecchi politicanti, oggi in grave difficoltà per il severo controllo esercitato dal M5S sulle porcherie clientelari dei decreti governativi, che appaiono indecenti e fuori dal tempo, mentre è tempo di ribadire con forza il diritto a un reddito di cittadinanza, da finanziare con drastici tagli eliminando Senato, province, TAV, F35, finanziamenti a partiti ed editoria, portando lo stipendio dei parlamentari a una sola voce: 5.000 euro al mese e nessun altro introito.

Bisogna conquistare il voto di chi oggi non va a votare, degli studenti senza futuro, dei disoccupati e dei precari, di tutti coloro che non arrivano a fine mese. Se questo è populismo, viva il populismo!

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