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Gli effetti della siccità negli USA sui prezzi del cibo (e dei carburanti)

Il mondo è alle prese con la siccità. In Asia si registra un calo delle precipitazioni del 22% Solo qui in Italia, le associazioni agricole stimano danni per un miliardo di euro.

Poca cosa, tuttavia, rispetto a quelli provocati negli Stati Uniti, che in questi mesi affrontano il più grande fenomeno di siccità dal 1956 (si veda anche l'analisi di Weather Channel). Le alte temperature e la mancanza di pioggia, soprattutto nel Midwest, stanno seriamente compromettendo le colture di mais e soia. Certo, l'America ha conosciuto ondate di aridità ben peggiori nei secoli passati, ma all'epoca non c'erano i mercati delle commodities con cui fare i conti. Perché l'effetto più immediato (e più scontato) del calo della produzione agricola è l'aumento dei prezzi del cibo - e dell'energia.

Il Dipartimento dell'Agricoltura USA ha tagliato le stime di produzione del 12%, da 146 a 123 quintali per ettaro. Non è cosa da poco, visto che gli Stati Uniti sono il primo esportatore mondiale di mais al mondo.
Pochi sanno che il mais è in cima a molte produzioni della filiera alimentare. Di fatto, possiamo distinguere le aziende agricole in due grandi categorie: quelle che producono il mais e quelle che lo comprano come foraggio per il bestiame. Non solo. Il mais impiegato negli allevamenti risente molto di più della siccità rispetto a quello, più dolce, che troviamo negli scaffali dei supermercati: se da un lato quest'ultimo non dovrebbe subire variazioni di prezzo di rilievo, dall'altro gli allevatori si vedranno costretti a spendere molto di più per dar da mangiare ai propri animali. I prezzi di carne e latte aumentano di conseguenza. Questo lungo articolo della AP spiega l'effetto con una battuta: i cornflakes della prima colazione non saranno necessariamente più cari a causa della siccità, ma il latte che ci versiamo sopra sì. Si prevede che il prossimo anno la carne aumenterà del 5% e i prodotti caseari del 4,5%, dunque ben oltre il tasso d'inflazione.

Prezzi più alti vuol dire minori importazioni per i Paesi più poveri, quelli in cui la stragrande maggioranza del reddito delle famiglie viene speso in generi di prima necessità. In tutto, le stime per l'approvvigionamento di grano mondiale di quest'anno sono diminuite di 180 milioni di tonnellate - abbastanza per riempire circa 360 superpetroliere fino all'orlo. Creando una situazione potenzialmente simile a quella del 2007-08, quando i disordini nel Nord Africa dovuti alla crisi alimentare furono l'anticamera della primavera araba scoppiata tre anni dopo. In altre parole, per una sorta di effetto farfalla la siccità negli USA potrebbe portare una nuova orda di barconi a Lampedusa.

Capitolo carburanti. In America il 40% della produzione di mais viene impiegato nella produzione di bioetanolo. In base al Renewable Fuel Standard, i produttori di benzina devono acquistare una quantità minima di questo biocarburante (13,2 miliardi di galloni per il 2012; 13,8 nel 2013) per poi miscelarla con la normale benzina. Per rispettare tale quantità, in tempo di siccità la quota di mais destinata al bioetanolo deve aumentare, sottraendo risorse alla filiera alimentare.

Sul RFS così concepito sono piovute critiche da ogni parte. In metà luglio il National Chicken Council, associazione che riunisce gli allevatori di polli negli USA, ha duramente protestato contro la minore disponibilità di mais per il foraggio dei propri animali. Uno studio condotto dalla società di consulenza FarmEcon per conto dei sindacati agricoli dimostra che l'etanolo sottrae risorse alimentari senza diminuire il prezzo della benzina e senza ridurre la dipendenza energetica dall'estero degli USA. Un gruppo di 156 membri del Congresso (127 repubblicani e 29 democratici) ha avanzato la proposta di una modifica del RFS. Peraltro, neppure i produttori di etanolo se la passano bene, se pensiamo che molte delle 209 raffinerie attive sul suolo americano sono a rischio chiusura.

Per evitare che la siccità negli USA si traduca in una crisi alimentare globale, le Nazioni Unite hanno formalmente chiesto a Washington di sospendere la produzione di etanolo.

Per quanto appaia blasfemo, la morale della favola è che talvolta la causa dei problemi ambientali è proprio quella green economy che molti (ingenuamente) considerano la soluzione.

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