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Giuseppe Picone è "Pulcinella" a Verona. Intervista all’étoile della danza

In prima assoluta, al teatro Filarmonico di Verona, vanno in scena i balletti “Pulcinella” e “Il mandarino meraviglioso” su musiche di Igor Stravinsky e Béla Bartòk. La regia e la coreografia dei due nuovi allestimenti della Fondazione Arena di Verona portano la firma di Mario Piazza. Nostra intervista al ballerino Giuseppe Picone, étoile della danza, impegnato nel ruolo di “Pulcinella”.

Il protagonista di “Pulcinella”, il balletto su musica di Igor Stravinsky in programma in questi giorni al teatro Filarmonico di Verona (11, 12, 13, 15, 16 maggio), è Giuseppe Picone, 36 anni, stella internazionale della danza, che AgoraVox ha incontrato ed intervistato per i suoi lettori. Prodotto dalla Fondazione Arena di Verona, lo spettacolo vede la partecipazione dell’Orchestra areniana, guidata per la prima volta dal maestro Reinhard Seehafer, e del Corpo di ballo dell’Arena, diretto da Maria Grazia Garofoli. Accanto al famoso ballerino di origine partenopea si esibiranno anche Amaya Ugarteche, Alessia Gelmetti e Nicolò Noto.

Il balletto è un unico atto per piccola orchestra con tre voci soliste (mezzosoprano Teresa Iervolino, tenore Paolo Antognetti, basso Raphael Sigling) che partecipano all’azione coreografica, come ha sottolineato il regista e coreografo Mario Piazza, il quale ha voluto raccogliere l’eredità di Massine, di Diaghilev e di Picasso per farne “un lavoro coreografico molto dinamico”. “I costumi che ho realizzato” ha spiegato Piazza “hanno un segno nero molto forte per rendere anche il movimento in scena come un segno pittorico, ho pensato a Picasso”. Mario Piazza ha pure curato regia e coreografia de “Il mandarino meraviglioso”, balletto su musica di Béla Bartòk, dramma coreografico tratto dal libretto “scabroso” di Menyhért Lengyel e ora portato in palcoscenico assieme a “Pulcinella”. Ad interpretare “Il mandarino meraviglioso” è, invece, l’astro del Balletto di Stoccarda, il canadese Jason Reilly, affiancato da Yunieska Legrà Sànchez, Antonio Russo e Nicolò Noto.

Giuseppe Picone (nella foto tra Maria Grazia Garofoli e Jason Reilly) intervenendo sul “suo” Pulcinella afferma: “E’ un ruolo che mi riporta alle mie origini, l’unico ruolo dove sinceramente posso mettere in scena la mia Napoli dove sono nato, e cresciuto al teatro San Carlo. Pulcinella è una sfida per me, ovviamente. Spero di raggiungere in scena un livello artistico importante: questo è il mio obiettivo”.

Picone ha iniziato a frequentare giovanissimo (a 9 anni) la Scuola di ballo del teatro San Carlo di Napoli. Appena dodicenne fu scelto per il ruolo del piccolo Nijinsky nell’omonimo balletto a fianco di Carla Fracci e Vladimir Vassiliev. Ha poi proseguito gli studi all’Accademia Nazionale di Danza di Roma e vinto i concorsi di Rieti e Positano. Quest’ultimo successo, in particolare, costituisce la prima svolta importante nella sua carriera. E’ a Positano infatti che, sedicenne, viene notato da Pierre Lacotte il quale lo invita come solista al Ballet National de Nancy et de Lorraine. Poco dopo, spicca il volo per l’Inghilterra dove, nel 1993, viene scritturato dall’English National Ballet di Londra nel quale rimane fino al 1997. Tra i suoi estimatori anche Lady D. La principessa Diana, rimasta stregata dalla sua bravura, dopo uno spettacolo volle conoscere il giovane e talentuoso ballerino italiano. In seguito, Picone ha lavorato all’American Ballet Theatre di New York. Al Metropolitan ha riscosso indimenticabili standing ovation. E’ stato definito “Il Billy Elliot italiano”, “Il Rodolfo Valentino della danza”, “Il Marcello Mastroianni del balletto”. La sua carriera è stata rapida e rimane brillante, con un repertorio molto vasto che spazia dal classico al neoclassico al moderno. Ha ricevuto apprezzamenti dalla critica più esigente, numerosi premi e riconoscimenti a livello internazionale. E’ considerato un ambasciatore della danza italiana nel mondo. Da Vassiliev è stato invitato a Mosca per festeggiare la sua carriera. E spesso è ospite delle più celebri Compagnie mondiali, dal Royal Ballet di Londra al Los Angeles Dance Theatre (dove il direttore John Clifford gli creò il ruolo di Humphrey Bogart nel musical “Casablanca, the dance”). A Verona ha debuttato a l’Arena nel 1997 in “Macbeth”. Negli anni successivi è tornato più volte nella città scaligera, non solo in Arena ma anche al teatro Romano e al Filarmonico.

Ecco l’intervista che ci ha rilasciato.

Picone, dopo il doppio appuntamento (“Omaggio a Stravinsky” e “Blue Moon”) dell’anno scorso a Verona, ora con “Pulcinella” è di nuovo in riva all’Adige. Tra lei e la città dell’Arena si conferma un connubio sempre più stretto, che parte da lontano…

Dal 1997, ero veramente un bambino… Avevo 21 anni, primo mio contratto da primo ballerino, ospite in un posto come l’Arena di Verona. E’ stato un inizio di carriera, come ospite, forse tra i migliori perché questo rimarrà sempre il centro della cultura italiana. Come l’Arena, il teatro Filarmonico, il teatro Romano, il teatro Nuovo, insomma, poche realtà italiane hanno tutto questo a disposizione. E grazie anche alla signora Garofoli con cui collaboro ormai da 4-5 anni: abbiamo un rapporto straordinario, eccezionale.

Tempo fa si definì “metà principe e metà Pulcinella”. Oggi, nel balletto, è stato chiamato a vestire i panni proprio di questa maschera della Commedia dell’Arte italiana. Cosa rappresenta questo momento nella sua carriera?

Esatto… E’ una cosa che ha iniziato a scrivere, in qualche critica qui e là, la signora Vittoria Ottolenghi. Mi diceva sempre: guarda, Giuseppe, tu sei di aspetto come un principe, ma tu all’interno sei un Pulcinella. E quando ho saputo di questa creazione di Mario Piazza e mi è stata offerta la possibilità di interpretare Pulcinella, mi è venuto da ridere perché ho detto: adesso posso farlo! E anche Mario è rimasto abbastanza sorpreso, perché sono un ballerino abbastanza alto, e interpretare Pulcinella… Ed invece il tutto è averlo dentro.

Quali caratteristiche di Pulcinella esalterà di più attraverso la danza?

L’aspetto dell’ironia. Lui era un fannullone, amava scherzare, e allo stesso tempo prendere in giro, divertirsi. Era una maschera, una vera e propria maschera. E Mario su questo ha puntato moltissimo. Pulcinella è una maschera che, comunque, “maschera” tanti problemi; nel senso che penso che Pulcinella sia nata anche per mascherare un po’ i problemi di Napoli. E’ stata definita il simbolo della città di Napoli.

La danza, per lei, cosa rappresenta?

Per me, fin da quando ero piccolo, ha sempre rappresentato il mio punto di riferimento, la mia vita. Nel senso che senza la danza non saprei tanto cosa fare. A parte viaggiare e conoscere tante altre forme artistiche, però senza la danza penso che all’interno sarei una persona morta. E’ come togliere la possibilità ad una donna di dare luce ad un figlio. Il mio modo per esprimermi è la danza.

Ha calcato i palcoscenici più prestigiosi del mondo (Londra, New York, Vienna…)…

Se lei mi chiede qual è che mi ha emozionato di più: è l’Arena di Verona!

Il suo successo è frutto di un grande talento naturale ma anche di tanti sacrifici. Quanti ne ha dovuti affrontare?

Guardi, io a 16 anni ho addirittura lasciato l’Italia, piangendo come un bambino. Quando sono arrivato in Francia ero proprio piccolo ed ho visto i livelli della Compagnia, ballerini straordinari… Per la danza ho buttato giù il boccone amaro. A 17 anni a Londra, a 21 a New York… Non le nego che le difficoltà sono state tantissime. Un ballerino che affronta già dei primi ruoli quando in Compagnia c’erano dei trentenni… E’ stato difficile: le invidie, le gelosie, le cattiverie… E poi ero da solo. Però, ripeto, per la danza ho continuato. So che alcuni miei colleghi non ce l’hanno fatta e sono rientrati.

Quindi, tanta tenacia…

La passione è quella che mi ha tenuto fermo.

Cosa suggerisce ai giovani che vorrebbero intraprendere la sua stessa strada?

Spesso parlo della passione per quello che si fa, in questo caso la danza. E poi, soprattutto, non scoraggiarsi mai davanti agli ostacoli perchè gli ostacoli più difficili non sono quelli del mondo della danza, sono altri. E questo, ovviamente, l'ho capito con la maturità. Quello che a 21 anni mi sembrava difficile, ecco, era qualche balletto che, magari, mi stava a pennello ma per qualche cattiveria non mi è stato dato... E per me quello era un ostacolo da superare. Ma i problemi veri sono altri. Vorrei sottolineare ai ragazzi di non scoraggiarsi mai perchè la vita è ben altro. Bisogna essere consapevoli della propria passione, per studiare bene perchè, ovviamente, la danza è difficile: il corpo va messo sotto stress. Però non abbattersi. Ed andare avanti, anche con la situazione che stiamo vivendo in Italia. Continuare ad andare avanti, perchè sono sicuro che le cose cambieranno.

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