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Genova, 10 anni dopo: andare oltre le emozioni per una piena giustizia

Tra il 19 e il 22 luglio 2001, in occasione del G8, Genova fu teatro di gravi violazioni dei diritti umani. Durante i cortei, agenti di polizia aggredirono indiscriminatamente manifestanti pacifici e giornalisti; nella scuola Diaz venne usata violenza ingiustificata; nel carcere di Bolzaneto furono compiuti maltrattamenti su decine di detenuti. In molti hanno denunciato di essere stati picchiati, minacciati di stupro e di morte, privati del sonno, del cibo e dell'acqua. Le gravi responsabilità sono emerse nel corso dei processi giunti in appello, ma ancora non c'è stata piena giustizia per le vittime.

Nel 2° grado di giudizio diversi funzionari dello Stato (medici, carabinieri, agenti di polizia) sono stati riconosciuti responsabili di violenze, calunnie e falsi ma senza subire punizioni adeguate, perché nel codice penale italiano manca il reato di tortura e per la prescrizione di reati minori. Molti agenti e pubblici ufficiali coinvolti nelle violenze, inoltre, non hanno potuto essere identificati perché avevano il volto coperto e sulle loro divise non erano presenti nomi o numeri identificativi.

In 10 anni, però, la cronaca è andata oltre i fattacci di Genova e molti altri episodi hanno chiamato in causa l'eccessivo uso delle armi e della forza da parte dei corpi di polizia: dalla morte di Federico Aldrovandi durante un fermo (2005) a quella di Gabriele Sandri, raggiunto da un colpo di pistola sparato da un agente di polizia stradale (2007), alla morte in custodia di Aldo Bianzino (2007), di Giuseppe Uva (2008) e di Stefano Cucchi (2009), assieme all'aggressione e agli insulti razzisti denunciati da Emmanuel Bonsu, fermato da agenti di polizia municipale (2008). Fino al caso più recente di Michele Ferrulli, deceduto qualche settimana fa dopo essere stato fermato dalla polizia.

Un motivo di più per far sì che il ricordo delle giornate genovesi del 2001 assuma contorni ancora più netti, non limitati alla semplice celebrazione emotiva di quei tragici avvenimenti. Fra le tante manifestazioni in corso particolare attenzione merita l’iniziativa di Amnesty che, come sempre animata da grande passione civile, chiede ufficialmente all'Italia di fare della ricorrenza di una brutta pagina della sua storia recente l'occasione per combattere l'impunità e per rendere trasparente l'operato delle forze di polizia.

Amnesty che già nella giornata del 17 luglio 2001, due giorni prima che oltre 200.000 persone si ritrovassero a Genova per protestare contro il vertice del G8, premeva sulle autorità italiane affinché fossero prese tutte le precauzioni per proteggere i manifestanti, garantendo un uso legittimo della forza da parte delle forze preposte all’ordine pubblico. Perché il ruolo delle forze di polizia deve essere riconosciuto nella sua importanza e svolto nella piena fiducia di tutti.

Obiettivo, quest'ultimo, conseguibile solo attraverso il rispetto dei diritti umani, la prevenzione degli abusi, il riconoscimento delle responsabilità e una complessiva trasparenza. E con un maggiore impegno ufficiale dell'Italia che dovrebbe finalmente introdurre il reato di tortura nel codice penale, oltre a prevedere misure che permettano di identificare gli agenti durante le operazioni di ordine pubblico e istituire un meccanismo di monitoraggio sui diritti umani.

Non aver affrontato lacune strutturali di tipo legale e istituzionale dopo i fatti di Genova potrebbe dar luogo, in futuro, a nuove violazioni dei diritti umani. E a nuovi casi intollerabili di impunità. La successiva apertura dei processi è stato un passo avanti significativo verso l'accertamento delle responsabilità, ma dopo 10 anni non si può accettare che le autorità non abbiano istituito meccanismi efficaci per prevenire le brutalità della polizia e non abbiano adottato misure concrete per garantire procedimenti giudiziari nei confronti di tutti i rappresentanti delle forze dell’ordine sospettati di tortura, maltrattamenti, uso eccessivo o non necessario della forza e altre violazioni dei diritti umani.

Delle denunce di Amnesty e di altre organizzazioni umanitarie relative all'uso arbitrario della forza durante le manifestazioni di Genova, rimaste in gran parte escluse dalle indagini, quasi nessuno è stato chiamato a rispondere. Nella maggior parte dei casi, non essendo stato possibile identificare gli autori degli abusi, solo poche vittime hanno ottenuto un risarcimento in sede civile.

Nel maggio 2010, la corte d'appello di Genova ha giudicato colpevoli di vari reati, tra cui quello di lesioni aggravate, 25 dei 28 pubblici funzionari accusati delle violenze commesse durante l'irruzione alla scuola Diaz, condannandoli a pene fino a cinque anni. Secondo il verdetto, “le persone erano state picchiate incessantemente e sistematicamente coi manganelli, prese a calci e pugni e colpite con pezzi di mobilio presenti all'interno della scuola, in modo tale da mettere in pericolo la vita di alcune di loro”. Tuttavia, molti dei reati sono finiti in prescrizione grazie a un’attività legislativa sempre accondiscendente verso le ansie e gli interessi personali di “qualche rappresentante istituzionale assai in vista”.

In prescrizione sono caduti pure i reati commessi nel carcere provvisorio di Bolzaneto (gravi lesioni, ispezioni corporali e perquisizioni arbitrarie, violenze psicologiche), così come riconosciuto dalla stessa Corte d'Appello genovese a marzo del 2010. Ciò nonostante, in quella occasione venne imposto a tutti i 42 imputati, membri delle forze di polizia e personale medico, di risarcire i danni alle vittime in sede civile. Entrambi i procedimenti, Diaz e Bolzaneto, attendono ora l'esame della Corte di Cassazione.

Quanto all’episodio più drammatico di quei giorni, vale a dire la morte del giovane Carlo Giuliani, a marzo di quest’anno la Grande camera della Corte europea dei diritti umani ha stabilito che non vi fu violazione dell'articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti umani, recependo così le motivazioni di archiviazione del 2003 da parte del Gip secondo cui il carabiniere incriminato aveva agito per legittima difesa, facendo uso legittimo della sua arma da fuoco. In ogni caso, nessuno dei condannati appartenenti alle forze dell’ordine è stato sospeso dal servizio.

Amnesty International deplora profondamente il fatto che, trascorsi 22 anni dalla ratifica della Convenzione Onu contro la tortura, l'Italia ancora non contempli nel codice penale tale reato specifico. Nel 2010, in occasione della Revisione periodica universale da parte del Consiglio Onu dei diritti umani, l'Italia ha deciso di non accettare la raccomandazione di introdurlo nel proprio ordinamento. Inoltre, l'Italia deve ancora ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura che la obbligherebbe a istituire l'accennato meccanismo nazionale di prevenzione che impedisca il compimento di torture e maltrattamenti.

Per non parlare del fatto che il nostro Paese non ha mai condotto un'inchiesta indipendente, approfondita ed efficace sulle operazioni di polizia eseguite durante le manifestazioni del G8 di Genova, sebbene ciò fosse opportuno per la gravità delle denunce e per la gran mole di testimonianze. In linea coi "Principi riguardanti lo statuto delle istituzioni nazionali" (Principi di Parigi), il nostro governo aveva preso l’impegno, nel maggio scorso, di creare un osservatorio nazionale sui diritti umani, coinvolgendo la pluralità delle forze sociali e prevedendo finanziamenti adeguati. Impegno di cui, ad oggi, si è persa ogni traccia.

Allo stesso modo sono rimaste inevase le altre richieste avanzate da Amnesty circa l’adeguato equipaggiamento e addestramento delle forze di polizia per l'impiego di metodi non violenti prima di ricorrere, solo quando strettamente necessario, all'uso della forza e delle armi da fuoco al fine di controllare gli assembramenti pubblici. Magari munendole anche di elementi di identificazione individuale per poter eventualmente procedere all’accertamento delle responsabilità.

Dunque, approfittando dell’occasione del decimo anniversario del G8 di Genova, Amnesty International chiede alle autorità italiane di:

  • condannare pubblicamente le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia e dal personale medico 10 anni fa e fornire scuse alle vittime;
  • impegnarsi ad assicurare che violazioni quali quelle accadute a Genova nel 2001 non si verifichino di nuovo e prendere misure concrete per garantire l'accertamento delle responsabilità per tutte le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia;
  • introdurre nel codice penale il reato di tortura e adottare una definizione di tortura che includa tutte le caratteristiche descritte nell'articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura;
  • creare un'Istituzione nazionale sui diritti umani in linea coi "Principi riguardanti lo statuto delle istituzioni nazionali" (Principi di Parigi);
  • ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura e istituire un meccanismo indipendente nazionale per prevenire il compimento di torture e maltrattamenti;
  • condurre una revisione approfondita delle disposizioni in vigore nelle operazioni di ordine pubblico, incluse quelle in materia di addestramento e dispiegamento delle forze di polizia impiegate nelle manifestazioni, di uso della forza e delle armi da fuoco e che tenga conto della necessità di introdurre elementi di identificazione individuale degli appartenenti alle forze di polizia nelle operazioni di ordine pubblico.

Per non limitarsi alla retorica delle emozioni ed esercitare pienamente la propria funzione di "sentinella della democrazia", chiunque può supportare l’iniziativa di Amnesty firmando l’appello “Operazione trasparenza – Diritti umani e polizia in Italia”.

Per maggiori informazioni sulla situazione dei processi e per visualizzare i filmati di repertorio del Genoa Legal Forum, è utile consultare anche il sito Processi G8.

Infine, venerdì 22 luglio alle ore 10, in anteprima assoluta per la Rete, Altratv.tv e Tiscali proporranno "G-Gate - Genova 2001, il massacro del G8", documentario firmato dai giornalisti Franco Fracassi e Massimo Lauria e prodotto da Telemaco che cerca di far luce su quelle tragiche giornate.

La trasmissione sarà in visione unica (senza replica) dalle ore 10 alle ore 12.15, e sarà rilanciata a "Rete unificata" da decine di piattaforme on line (siti, blog, webradio e microtv).

Ecco il Trailer del documentario:

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