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Gaza, marina israeliana fa fuoco contro barche da pesca palestinesi

 Non solo raid aerei e decine di vittime innocenti, l’annientamento di un popolo passa anche e soprattutto attraverso il perpetrarsi di atti di terrorismo, sistematicamente ignorati dall'opinione pubblica, volti ad impedire l'accesso alle fonti di sostentamento.

"Israele attacca regolarmente i pescatori palestinesi entro il limite delle tre miglia nautiche - denuncia il Civil Peace Services (Cps), la rete internazionale che monitora potenziali violazioni dei diritti umani nello specchio di mare che bagna la Striscia di Gaza - Israele sa bene che il sostentamento di molti palestinesi dipende dalla pesca e continua a sparare con armi da fuoco e a utilizzare cannoni di acqua per impedire ai pescatori di fare il loro lavoro”.

Il muro delle tre miglia imposto dalle autorità israeliane per le attività di pesca è di per sé una violazione degli accordi di Oslo del 1993, che prevedevano per i pescatori palestinesi la possibilità di allontanarsi fino a venti miglia dalla costa di Gaza. Un limite che, nel corso degli anni, si è assottigliato sempre più, passando dalle dodici alle sei miglia, fino a giungere nel 2009 alle attuali tre. E’ evidente che una diminuzione del genere, pari all’85% dell’area stabilita dagli accordi, riduce sensibilmente la capacità di pesca delle imbarcazioni palestinesi.

La barca Oliva del Cps, impegnata nella difesa dei pescatori palestinesi e nella denuncia dei soprusi della marina israeliana, più volte ha subito attacchi e intimidazioni da parte di navi israeliane, pur operando all’interno delle tre miglia nautiche consentite. Rosa Schiano, dell’International Solidarity Movement, a bordo dell’Oliva registra quotidianamente le attività dell’imbarcazione documentando le aggressioni della marina israeliana.

“Le navi israeliane – afferma Rosa - sparano sulle hasakas, le piccole imbarcazioni da pesca palestinesi, a poco più di due miglia dalla costa, intimando loro di tornare a casa. Quando l’Oliva si avvicina al limite delle tre miglia, le navi si dirigono a grande velocità verso di noi, costringendoci ad indietreggiare. Un continuo ed estenuante inseguire e ritirarsi che va avanti per intere giornate.

La situazione è insostenibile, l’assedio di Gaza va avanti da più di quattro anni e l’area marina a disposizione dei palestinesi si riduce sempre più. Vivere in queste condizioni è impossibile”. Un crimine che si perpetua giorno dopo giorno, tra il silenzio e l’indifferenza generale.  

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