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Fuga dei cervelli. Il Senato approva: 25mila euro l’anno per chi torna

E’ dello scorso giovedì 23 dicembre la notizia dell’approvazione al senato del ddl 2212 (incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia). Il disegno di legge è già stato approvato anche alla Camera ed ha quindi effetto immediato.

Dopo la notizia della massiccia fuga dei cervelli, principalmente in Usa, il governo sta forse tentando di porre un freno a questo ramo dell'emigrazione, tanto dannoso quanto controproducente per l'intero Paese.

Presentato da parlamentari bipartisan (primo firmatario il vicesegretario del Pd, Enrico Letta), il disegno di legge, approvato lo scorso 23 dicembre a palazzo Madama, offre una sorta di scudo fiscale di 25mila euro l'anno per un massimo di tre ai cittadini laureati residenti nella Ue che hanno risieduto in Italia per un periodo non inferiore ai 2 anni. Dal testo di legge non si capisce però se questa somma comprende il totale dei laureati che ritornano in Italia oppure è da considerarsi per persona.

L'articolo 3 comma 1 della presente legge ci informa che:

 I redditi di lavoro dipendente, i redditi d’impresa e i redditi di lavoro autonomo percepiti dalle persone fisiche di cui all’articolo 2 concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in misura ridotta, secondo le seguenti percentuali:

 a) 20 per cento, per le lavoratrici;

 b) 30 per cento, per i lavoratori.

Il testo riporta quindi che i lavoratori dipendenti e quelli autonomi avranno un 30% di detrazione dalle tasse sul reddito di fine anno. Per le donne la percentuale è fissata al 20%.

Su un articolo di Repubblica, datato 23 dicembre 2010, si legge che, secondo ricerche dell'Aire (anagrafe italiani residenti all'estero), sono 2 milioni gli italiani laureati che hanno lasciato il paese, il 2,3% del totale. La cifra riportata non è da poco visto che lo stato investe in media 8mila euro annui per l'istruzione di un ragazzo. 

La legge rappresenta quindi un primo incerto passo verso questa direzione, con la speranza che non sia anche l'ultimo

Commenti all'articolo

  • Di Toscana (---.---.---.3) 23 dicembre 2010 21:22

    Una bella notizia anche se non sarà sufficiente a riportare chi si è già creato un nome all’estero potrebbe esserlo per far tornare chi si n’è andato da poco. Quindi un passo avanti che potrebbe essere importante.
    Un saluto dalla Toscana

  • Di (---.---.---.19) 23 dicembre 2010 22:58

    Trovo assolutamente allucinante la discriminazione di genere. Non sconvolge nessuno un trattamento diverso tra donne e uomini????
    Sul testo integrale della legge che ho trovato il linea non trovo però quanto citato, potete mandare documento ufficiale da cui avete preso le informazioni? Grazie Manuela

  • Di paolo (---.---.---.126) 23 dicembre 2010 23:19

    Francamente non ci si capisce molto . Comunque per tornare e per avere un vantaggio fiscale , bisogna quantomeno avere assicurato il reddito di partenza , poi dopo i tre anni che succede? Rivanno all’estero e vengono poi reincentivati a rientrare . Ma che cacchiata è ? 

    Per tenerli in Italia non sarebbe più facile creare le stesse opportunità che ci sono da altre parti ? Il fatto che ci sia di mezzo Enrico Letta è già di suo una garanzia di poca o nulla qualità .
    La differenziazione poi tra uomini e donne , se è cosi’ come citata , è al limite della demenzialità , per non dire di peggio .
    Boh! 

    paolo 
  • Di Diego (---.---.---.28) 24 dicembre 2010 00:18

    Anche io non ci ho capito molto, ma mi sembra la solita leggina che non risolve nulla di strutturale ma si limita a regalicchiare qualche mille euro li e qualche altro mille euro la. La discriminazione uomo-donna é aberrante. Anzi, siamo sicuri che non sia uno scherzo?

  • Di (---.---.---.173) 24 dicembre 2010 05:23

    Attenzione: non c’è nessuna discriminazione di genere!!! E’ esattamente il contrario. L’incentivo fiscale previsto, infatti, è maggiore per le donne, essendo il reddito imponibile da lavoro dipendente, autonomo e d’impresa ridotto dell’80% appunto per le donne e per il 70% per gli uomini. In sostanza, e semplificando al massimo, le donne pagheranno solo il 20% delle tasse che dovrebbero pagare e gli uomini il 30%. Facciamo attenzione a leggere i provvedimenti e a sparere giudizi. Ci vuole serietà su queste cose.

  • Di paolo (---.---.---.126) 24 dicembre 2010 10:46

    xxx.xxx.xxx.173 


    Ho le parole hanno un senso o ci stiamo prendendo il giro . Se il reddito che compone la base imponibile è ridotto del 20% , significa che la base imponibile è maggiore che non riducendolo del 30% e quindi la tassazione , a parità di aliquote impositive, è più alta .
    A meno che l’articolista non intendesse dire che l’aliquota impositiva applicata alle donne è del 20% e quindi ,a parità di reddito, pagano meno tasse degli uomini .
    Però a questi punti c’è una differenza di genere rovesciata .
    E’ chiaro? Una cosa è la detrazione forfettaria del reddito sul cui residuo imponibile poi applicare l’aliquota , un’altra cosa sono due aliquote diverse a parità di reddito.

    paolo 

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