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Franco e Ciccio e le vedove allegre (1968)

Regia: Marino Girolami. Produzione: Circus Film. Presenta: Lucio Dalla, che canta Il cielo (Dalla - Reverberi) E dire che ti amo (Bardotti - Dalla). Soggetto: Marino Girolami, Amedeo Sollazzo. Montaggio: Antonietta Zita. Fotografia: Alberto Fusi. Scenografia: Luciano Gregoretti, Nicola Tamburro. Costumi: Maria Luisa Panaro. Arredamento: Tonino Fratalocchi. Aiuto Regista: Renzo Girolami. Musiche: Carlo Savina. Organizzazione Generale: Enio Girolami. Teatri di Posa: Cinecittà (Roma). Pellicola: Eastmancolor. Sistema: Cromoscope. Interpreti. La nostra signora: Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Rossella Como. Sceneggiatura: Amedeo Sollazzo. Una povera vedova: Dominique Boschero, Nino Taranto, Giampiero Littera, Enzo Andronico, Nuccia Belletti, Mirella Pamphili, Carlo Pisacane, Alfredo Adami. Sceneggiatura: Roberto Gianviti, Amedeo Sollazzo. La vedova di nonno: Raimondo Vianello, Margaret Lee, Adriana Facchetti, Gabriele Antonini, Lucio Dalla. Sceneggiatura: Ascot (Giuliano Carnimeo) e Sollazzo.

 

 

Franco e Ciccio e le vedove allegre è un film in tre episodi girato dallo specialista Marino Girolami, che firma il soggetto insieme ad Amedeo Sollazzo e anticipa tematiche tipiche della commedia sexy. Il film ricorda in parte anche il musicarello, altro genere frequentato da Girolami, per la presenza del cantautore Lucio Dalla nelle insolite vesti di presentatore e trait d’union tra i vari segmenti. Dalla canta in apertura E dire che ti amo, quasi una sigla di testa della pellicola e nel corso del film - per la precisione durante il terzo episodio - entra in scena nella parte di se stesso per interpretare la struggente Il cielo. Lucio Dalla introduce il tema della vedovanza: “Un uomo solo è triste, senza speranze e aspirazioni. E le vedove?”. La pellicola si arroga il compito di sviscerare in chiave comica il problema.

La nostra signora è il solo episodio interpretato da Franco e Ciccio insieme a un’affascinante Rossella Como, moglie bigama di due mariti. Alla fine lo spettatore si rende conto che si è trattato solo di un lungo incubo di Ciccio, mentre il secondo marito (Franco) altri non è che il medico di famiglia. La storia racconta un finto suicidio di Ciccio, preoccupato di essere scoperto dopo un furto nella banca dove lavora, che torna a pretendere i diritti coniugali dopo tre anni, quando la moglie si è risposata con Franco. Non resta che stabilire turni e priorità, fino a quando non entrano in gioco un orfano adulto di colore e una gravidanza imprevista. Franco e Ciccio vogliono essere entrambi il padre del nascituro, ma prima si credono cornuti perché le infermiere mostrano un figlio di colore, quindi ricevono due gemelli, un maschio e una femmina. La disputa tutta sicula è su chi sia il padre del maschio, visto che un vero uomo deve generare solo figli maschi.

Rossella Como (1939 - 1989) è molto brava, una vera celebrità negli anni Sessanta, presentatrice dei Beatles nei concerti italiani del 1965, interprete di pellicole come Poveri ma belli (1957) di Dino Risi, ma anche di commedie leggere come La nonna Sabella (1957), Lazzarella (1957), Io, mammeta e tu (1958) e di film importanti come Il giorno più corto(12962) di Sergio Corbucci, Totò contro i quattro(1963) di Steno e Fellini 8 e mezzo (1963). Franco e Ciccio lavorano con lei anche ne I due toreri (1964) di Giorgio Simonelli. “Il suo ruolo è quasi sempre quello dell’oca giuliva”, scrive Simone Buttazzi nella breve nota che accompagna il disco Hobby & Work della Franco & Ciccio Collection. Ricordiamo le sue due ultime interpretazioni: Vacanze di Natale (1983) dei Vanzina (la madre snob di Christian De Sica) e Regalo di Natale(1986) di Pupi Avati. Muore non ancora cinquantenne per colpa di un male incurabile.

L’episodio è teatrale, con tre personaggi, quasi tutto girato in interni, condotto come una farsa con implicazioni erotiche appena accennate. Alcune battute si ricordano con piacere: “Siamo fratelli di letto”, dice Franco. A un certo punto vediamo Franco guardare in TV lo sceneggiato La signora e i suoi mariti, di Amedeo Sollazzo (lo sceneggiatore cita se stesso e gioca con il suo nome). Franco ascolta il rapporto tra la Como e Ciccio, ma equivoca sui rumori e tenta di spiare i due amanti dal buco della chiave come in una commedia sexy. Lucio Dalla presenta in rima le peripezie dei due comici, stile Corriere dei Piccoli, ma anche citando le comiche del muto.

Una povera vedova è un episodio ancor più teatrale che si svolge tutto in un’aula di tribunale dove Dominique Boschero trascina il sacrestano Nino Taranto, colpevole di non averla soddisfatta sessualmente. La donna deve partorire in fretta se vuole ottenere l’eredità del defunto marito. Il giudice Enzo Andronico (molto bravo e ben utilizzato) deve assistere a una parata di persone che sono andate a letto con la Boschero senza ottenere alcun risultato. Non solo, la donna racconta le voci di impotenza sul conto del sacrestano che sarebbe stato fatto cornuto dagli amici ogni volta che è nato uno dei suoi sette figli. “La calunnia è un venticello”… Nino Taranto gioca la carta vincente: mostra una moglie bruttissima che nessuno si porterebbe mai a letto. Il racconto procede per flashback, così come il precedente era stato una lunga parte onirica. Il finale è in bagarre, così come lo sviluppo della storia cita in più parti la pochade.

La vedova di nonno vede all’opera Raimondo Vianello, sposato con la brutta Adriana Facchetti, che riceve la visita della procace e giovanissima vedova del nonno, la stupenda Margaret Lee. Inutile dire che Vianello perde la testa per la ragazza, ma deve subire la concorrenza del figlio (Antonini), chitarrista di Lucio Dalla, che sfoggia grande esuberanza giovanile. Il tema della nonna giovane verrà ripreso e sviluppato con dovizia di particolari - anche erotici - da Marino Girolami (con la pseudonimo di Renzo Martinelli) nella commedia sexy Grazie nonna (1975), interpretata da Edwige Fenech, Enrico Simonetti e Giusva Fioravanti. In questo episodio è già molto assistere a un sexy spogliarello della procace Margaret Lee che resta in guepiere davanti a Raimondo Vianello. Il segmento procede come una pochade a base di equivoci e scambi di stanze, ma anche gli scambi di coppie non sono da meno. Bagarre finale.

Franco e Ciccio e le vedove allegre è uno dei tanti film a episodi che imperversano sul grande schermo negli anni Sessanta, commedia all’italiana costruita su brevi segmenti che presentano molti debiti nei confronti del teatro di rivista e dell’avanspettacolo. Va da sé che Franco e Ciccio sono gli attori ideali per un simile sottogenere comico che frequentano insieme a Tognazzi, Vianello, Gassman, Chiari, Taranto, Totò e molti altri comici di grande livello. Da segnalare anche la presenza di Lucio Dalla, che sta uscendo dall’anonimato e comincia a far breccia nel cuore del pubblico.

Paolo Mereghetti concede una sola stella al film: “Tre episodi, solo il primo dei quali con Franchi e Ingrassia, uniti dalla volgarità e dalla pochezza di idee”. Morando Morandini concede una stella e mezzo, annota che per il pubblico si arriva a due, ma non esprime giudizi. Pino Farinotti assegna due stelle, parla di “episodi tutti piuttosto sporcaccioni”, per fortuna aggiunge tra parentesi: “almeno per l’epoca”. Il film è per famiglie, niente di sporco. Marco Giusti distrugge la pellicola, ma a nostro parere ci va giù pesante: “Il film è di una bruttezza quasi impressionante, soprattutto visiva, ma non scherza neanche come storie e battute. Si salvano un po’ Franco e Ciccio, ma solo se visti in tv. In sala, allora, sembravano tremendi anche loro. Ma il vero motivo di culto è la presenza di Lucio Dalla come conduttore - cerniera del film. Delusione paurosa”. Non sarei così drastico. Se si vogliono trovare difetti parliamo di un montaggio poco serrato, alcune battute stiracchiate e una certa mancanza di verve comica. L’episodio centrale è il migliore, ma anche gli altri non sfigurano. Il film è ancora divertente a distanza di molti anni. Pare sia uscito anche in Brasile come Noites quentes e… alegre.

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