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Fondazione Sciascia di Racalmuto: convegno sull’Affaire Moro

Le scuole agrigentine alla Fondazione Sciascia di Racalmuto sull'Affaire Moro.

Nella mattina e nel pomeriggio die sabato 26 novembre nei locali della Fondazione Sciascia di Racalmuto si è tenuto un Convegno sul saggio-pamphlet dello scrittore racalmutese Leonardo Sciascia L’Affaire Moro. Il Convegno sottotitolato “Incontro con le scuole” è per l’appunto dedicato e per gran parte tenuto da otto scuole superiori agrigentine appresso elencate: Liceo Scientifico “Leonardo” ed “Ettore Majorana” e Liceo Classico “Empedocle” di Agrigento; Liceo Scientifico “Antonino Sciascia” e Liceo Classico “Ugo Foscolo” di Canicattì; Liceo Classico “Vincenzo Linares” di Licata; Liceo Scientifico “G. B. Odierna” di Palma di Montechiaro e il Liceo Statale “M. L. King” di Favara.

L’intento del convegno è duplice; il primo è quello di avviare una riflessione su questo importante testo di Sciascia, col suo tipico metodo di fine letterato e investigatore sagace, ha tentato di portare un po’ di luce nell’oscura e tragica vicenda dei 55 giorni di prigionia del Presidente DC Aldo Moro e del suo barbaro assassinio per mano dalle BR, analizzando col consueto scrupolo e acume le 30 lettere dell’Onorevole che egli aveva a disposizione in quel momento, prefigurando, come in altri suoi libri, molti scenari del futuro politico italiano.

“Se dieci anni prima mi avessero detto che Moro avrebbe cambiato la mia vita, avrei riso: invece è stato così. Dopo la morte di Moro non mi sento più libero di immaginare. Anche per questo preferisco ricostruire cose già avvenute. Ho paura di dire cose che possono avvenire”, confessò Sciascia.

L’altro obiettivo è di coinvolgere nella discussione e nello studio dell’opera di Sciascia le scuole della provincia di Agrigento, proseguendo l’esperimento avviato già lo scorso anno. Gli studenti degli otto Istituti Superiori sopra elencati, coadiuvati dai loro insegnanti, hanno studiato il testo in questione per alcuni mesi per portare al convegno le loro impressioni e considerazioni in varie forme. Alcuni, avvalendosi dei moderni strumenti multimediali che padroneggiano egregiamente, hanno montato dei brevi documentari; altri hanno recitato o letto brani dei loro lavori; un’altra studentessa ha interpretato sotto forma di monologo il suo interessante tema relativo alle difficoltà e le confusioni storiografiche di chi, come lei, non ha vissuto la storia recente italiana costellata di innumerevoli misteri irrisolti.

Hanno aperto il convegno il vicepresidente della Fondazione Sciascia Aldo Scimè e il Dir. Antonio Di Grado. Sono intervenuti nel dibattito il giornalista di La Repubblica Francesco Merlo, che fra l’altro ha tentato una revisione critica del testo di Sciascia anche alla luce delle altre 50 lettere rinvenute anni dopo nel covo delle BR, e il docente Giuseppe Traina dell’Università di Catania

Nel pomeriggio, dopo un abbondante buffet e la necessaria pausa, riapre il Convegno l’attrice Graziana Maniscalco leggendo alcune toccanti lettere dell’On. Moro indirizzate alla famiglia, nelle quali egli abbandona il suo proverbiale linguaggio sibillino (necessità democristiana, e del potere in genere, a cui ormai aveva fatto l’abitudine) sciogliendosi in un lirismo commovente ma mai sdolcinato, pregno di carezzevole affetto per la moglie, i figli e i nipoti; e altre in cui, più o meno sibillinamente, ma anche con la spaventosa e disperata consapevolezza di trovarsi nella condizione di un condannato a morte, scongiura i suoi “amici di partito”, in particolare il Segretario DC Benigno Zaccagnini e il Ministro dell’Interno Francesco Cossiga, di non abbandonarlo nel nome di una cieca e disumana Ragion di Stato, di non lasciare che nella Costituzione italiana si reintroducesse di fatto la pena di morte.

Invece fu abbandonato nella Prigione del Popolo e alla sentenza di morte decretata dal Tribunale del Popolo improvvisato dalle BR dal 16 marzo al 9 maggio del 1978, giorno in cui fu ritrovato cadavere nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata in Via Caetani, simbolicamente nelle vicinanze delle sedi della DC e del PCI. I suoi “amici di partito” ritennero opportuno sostenere ad oltranza la linea della fermezza, di non trattare il suo rilascio per non concedere un riconoscimento politico ai suoi aguzzini e in definitiva a suoi spietati assassini.

Sul risvolto dell’“Affaire Moro” edito da Adelphi campeggia sinistra la frase dello scrittore bulgaro Elias Canetti, Nobel 1981: "La frase più mostruosa di tutte: qualcuno è morto “al momento giusto”.

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