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Finmeccanica: gli interessi sotto le ceneri del mostro

Finmeccanica è una delle imprese più importanti del mercato italiano. L’avviso di garanzia al presidente Orsi ha però sconvolto tale idillio. L’accusa - corruzione internazionale - è molto grave, ma ancora più gravi sono le conseguenze sugli equilibri che Finmeccanica contribuiva a mantenere. Il caso degli elicotteri Agusta non emerge a caso, ma giace su un insieme di interessi nazionali e internazionali, politici, militari ed economici; sull’intero settore aerospaziale, ma soprattutto quello del traffico internazionale di armi; sul destino di decine di migliaia di dipendenti; su di una discreta serie di controllate, di accaniti concorrenti e speculatori.

L’affaire Orsi nasce già nel settembre scorso, ma la questione delle lobbies degli armamenti è invece molto meno recente, e a fare un punto della situazione è Barbara Ciolli su Lettera 43. Già, perché scandali nel settore delle armi non sono nuovi in Europa e il segnale particolare di tale rischio è il legame con il contesto politico nazionale. Quando Nicolas Bazire finisce nell‘inchiesta per un giro di tangenti al fine di vendere in Pakistan sottomarini Agusta, il legame di questo con l’allora premier Nicolas Sarkozy funge da catalizzatore per quello che sarà l’Affaire Karachi. Lo stesso accade per Helmut Kohl, accusato non solo di detenere fondi neri all’interno della CDU (Partito Cristiano Democratico), ma anche di utilizzarli per mantenere sul libro paga Karlheinz Schreiber. Chi è Schreiber? L’intermediario perché la vendita di 36 panzer all’Arabia Saudita vada a buon fine. Il punto su cui tutti prestano attenzione è però Kohl, e lo stesso accade per Orsi.

Subito la questione verte sul rapporto tra Finmeccanica e la politica: Il focus dei giornali diviene quindi istintivamente la figura del presidente, il quale viene subito collegato con la Lega Nord, scatenando l’ira di Maroni. Finmeccanica però - il fatto è noto - in virtù della sua potenza all’interno dello scenario economico italiano, oltre che della partecipazione statale (32,44%), subisce sistematicamente la pratica dello spoil system, sorella nobile di madama lottizzazione. Inevitabile, quindi, che Orsi - come Mussari - divenga oggetto di una demonizzazione, perché necessaria al fine di evitare l’esplosione di tale metodologia di infiltrazione nei maggiori soggetti economici del paese. Se Orsi è il mostro allora gli altri sono giusti.

Si procede quindi all’epurazione, e il tredici febbraio Alessandro Pansa, già direttore generale dell’impresa, viene nominato AD. La scelta del consiglio d’amministrazione è probabilmente quella di uno strappo, essendo Pansa considerato un avversario di Orsi all’interno di Finmeccanica. Come dire che tutti se ne lavano le mani, dai presunti mandanti politici dell’ex-presidente ai suoi colleghi. E ce ne sarebbero di motivi. Il primo e più evidente è l’effetto che lo scandalo ha sul titolo. Questo scende del 6% in una mattinata, fino alla sospensione Consob per eccesso di ribasso. E non potrebbe essere altrimenti, anche se naturalmente i competitors di Finmeccanica proprio non si scandalizzano per una tangente. Chi invece si preoccupa è chi in essa ha investito, vedendo le azioni scendere in picchiata. È l’andamento classico di una speculazione destabilizzante: se gli azionisti si convincono che il prezzo calerà ulteriormente saranno portati a vendere, così da comportare un nuova svalutazione. Le prospettive di rimbalzo di cui parla Andrea Telara su Panorama però ci sono. E infatti questo prontamente accade, lasciando spazio a più di qualche dubbio sui soggetti pronti ad approfittare dello scandalo.

Alla speculazione si aggiungono inoltre alcuni elementi intrinsecamente legati all’area d’attività di Finmeccanica. Finmeccanica lavora infatti in moltissimi settori, tra cui quello aerospaziale, in joint venture con Alcatel. Il massimo orgoglio dell’azienda, se così si può dire, è però il settore militare. Nel 2009 è infatti ottava nella classifica mondiale dei produttori di armi, lavorando in molti appalti e ottenendo un certo successo. Certo, se tale si può considerare l’immensa popolarita della Selex. Come, non sapete di che si tratta? Ve lo diciamo noi.

Selex Sistemi Integrati nasce nel 2005 grazie ad un sodalizio con la britannica Bae System (seconda produttrice al mondo). È grazie a tale accordo che prende il via la progettazione di un muro elettronico anti-immigrati nella Libia allora di Gheddafi. Entrano così nelle casse 300 milioni di commessa, permettendo che le prigioni libiche facciano il resto, ossia blocchino i flussi che dall’Africa subsahariana passano per il paese fino ad approdare in Italia. Il tutto nell’ottica di amicizia italo-libica ratificata nel 2008, che ha scatenato una reazione non proprio pacata da parte di Human Rights Watch e del Guardian. Senza parlare della partecipazione al 2% della Lybian Investment Authority in Finmeccanica.

Le cattive frequentazioni non finiscono però qui. Mentre tenta l’avvicinamento alla Bae (nel 2009 in rosso di 7 milioni), Finmeccanica penetra nel mercato statunitense e in quello della NATO. Ma soprattutto si attiva prontamente per sostenere il regime di Assad nella sua azione di repressione, tramite l’opera miracolosa della stessa Selex. Questo permette l’espansione dell’esportazione italiana di armi, che nel 2011 raggiunge il miliardo di dollari. Di questo denaro, trecento milioni riguardano solo l’India, un mercato da 12 miliardi dal quale Finmeccanica ha già guadagnato 100 milioni nel periodo 2007-2011.

Se si considera sinteticamente quanto detto fin’ora, non si può non pensare come l’espansione Finmeccanica abbia urtato più di un governo e più di un concorrente, in specie per quanto riguarda il mercato indiano e statunitense. Pur non condividendo l’impostazione di fondo di Il Giornale, l’idea che i magistrati di Busto Arsizio siano giunti a romperci un po’ a tutti le uova nel paniere, un “rischio spezzatino”, come lo definisce Marco Ludovico, esiste ed è terribilmente concreto. Inutile dire che una holding di questa portata sottosta alle regole di una partecipazione estremamente frammentata, con quote molto basse (se si fa eccezione di quella statale). Ciò non significa che lo scandalo Orsi non riattivi mire ben precise su Finmeccanica, legate da Il Sole 24 Ore ad ambienti americani, francesi, inglesi e tedeschi:

“Gli americani, intanto. Un capitolo ormai scabroso è quello di Drs, società della Difesa Usa comprata nel 2008 da piazza Monte Grappa per 3,4 miliardi di euro. La compravendita fu dunque stipulata quando a Washington il presidente era George Bush. Oggi con Barack Obama il fatto che Drs sia ancora in mano italiana non è gradito oltreoceano. E ci sono moltissime attività di Drs del tutto secretate dagli Usa, che Finmeccanica neanche conosce. Le condizioni per modificare questa situazione ormai paradossale, dunque, cominciano a essere molte. Le pressioni americane possono contare, peraltro, sul fatto che le norme anticorruzione negli Stati Uniti sono molto più severe di quelle italiane. Concreto poi è il malumore degli inglesi per la vicenda Agusta Westland, esposta alle cronache di tutto il mondo per la storia della tangente all’India. L’irritazione di Londra è comprensibile: l’episodio giudiziario rischia di trasformarsi in una mazzata sulle possibilità commerciali dell’azienda, nonostante la qualità produttiva dei suoi elicotteri. Ci sono poi i francesi, come accennava il report dei nostri servizi di informazione e sicurezza. È intanto accertato l’interesse della Thales per la Waas, azienda di Finmeccanica leader a livello mondiale nel settore dei sistemi subacquei come i siluri. La multinazionale francese potrebbe avere appetiti anche nei confronti di Ansaldo Sts e della Selex. Su Ansaldo Energia, invece, sono note le mire dei tedeschi di Siemens e dei coreani di Samsung”.

Del resto la crisi di liquidità delle imprese italiane non potrebbe che trarre giovamento dall’iniezione di capitali freschi. Il punto cruciale, però, è comprendere se i fondi in arrivo dai Paesi stranieri hanno connotati ostili. Se intendono, per esempio, minacciare o alterare gli equilibri nazionali di alcuni settori se non addirittura «svuotare» imprese italiane strategiche. Come rischia di accadere, appunto, con Finmeccanica.

Sotto il mostro giacciono quindi interessi plurimi e centrali per la politica di più paesi. Un’attività opaca, a volte ambigua e certamente contraria ad ogni etica non può certamente implementare la stabilità di Finmeccanica, anche se riesce a moltiplicarne gli utili. L’idea che un’impresa al 32% statale scorrazzi per il mondo ad armare tiranni e bande armate non è di certo tollerabile, ma soprattutto alimenta le ambiguità sulle sue finalità. Comprendere quali interessi essa dovrà difendere è alla base di un paese che se proprio non riesce a non mandare soldati dove c’è da partecipare ad un inutile massacro, almeno sappia resistere alla tentazione di aiutare altri a farlo.

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