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Fini: "Il Pdl al Nord è la fotocopia della Lega"

"Il ruggito del coniglio" Così titolava il 17 aprile scorso l’editoriale di Vittorio Feltri sul Giornale.

Naturalmente per il direttore Feltri quel ruggito apparteneva al presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini.

Fini: "Il Pdl al Nord è la fotocopia della Lega"

Ieri l’intervento di Fini alla direzione nazionale del Popolo della Libertà aveva poco del coniglio, e ci è sembrato più un "barrito", un barrito di un uomo politico e istituzionale che ha dimostrato di avere perfettamente chiara la situazione del Paese, in tutte le sue sfaccettature.
 
L’intervento di Fini ha acceso i riflettori su un’altra Italia, un’Italia diversa, ma non per questo meno reale, da quella descritta negli ultimi dieci anni dal presidente ;Berlusconi e dalla sua "cricca" di consiglieri, un’Italia che è un’altra cosa rispetto a ciò che i "media di famiglia" vanno quotidianamente rappresentando.
 
La lucida rappresentazione della realtà da parte del presidente della Camera pone l’accento su problematiche che vanno molto al di là delle complesse dinamiche di partito, e che, per una volta, squarcia il velo della retorica e mostra la vera grande "questione": la questione democratica, una questione che trascende lo stesso Pdl e che intacca nel profondo la società tutta.
 
LA DEMOCRAZIA INTERNA AL PDL
 
Come può un partito che non riconosce e non accetta una diversità di opinione, e quindi non riconosce la democrazia interna, assicurare l’esercizio democratico del potere, assicurare la trasparenza nelle scelte di amministrazione del Paese.
 
"E’ possibile derubricare delle opinioni diverse come se si trattasse di mere questioni di carattere personale? Avere opinioni diverse è alto tradimento, oppure è una dimostrazione di lealta?" - si chiede Fini, e poi continua - "Un partito democratico è un partito al cui interno c’è una pluralità di opinioni, di posizioni. Anche nel Pci si discuteva, si votava e poi c’era una maggioranza".
 
Il riferimento al Pci fa sbottare il presidente del Consiglio, allora dovremmo interpretare le parole di Fini in modo tale da dover pensare che i tanto bistrattati comunisti erano più democratici di un partito che si richiama ai valori della libertà? 
 
"Attenzione a non passare da un centralismo democratico ad un centralismo carismatico. Chiedo se è lecito avere delle opinioni diverse e cercare di organizzare all’interno del partito quell’area politico-culturale per cui su certe opinioni ci si può ritrovare".
 
Fini invita ad un confronto senza demonizzazioni alla luce di quel bipolarismo europeo a cui lo stesso Pdl si rifà. Il presidente della Camera invita a guardare a ciò che succede nelle organizzazioni politiche europee, dal Ppe allo stesso Partito Socialista Europeo.
 
Gianfranco Fini risponde anche direttamente al capo del suo partito che lo ha accusato, nei giorni scorsi, di voler dar vita a una corrente interna che lo stesso presidente della Camera aveva in passato definito "metastasi", e non si risparmia - "Non mi sento in difficoltà nel ribadire che proprio chi vi parla ha definito le correnti una ’metastasi’, perché erano finalizzate ad acquisire fette di potere. Credo che chi, in queste ore, ha detto ’Gianfranco vai avanti perchè non hai tutti i torti’ abbia messo in conto di perderle qualche quota di potere".
 
IL PDL HA PERSO LA SUA RAGION D’ESSERE 
 
"Il problema è che il Pdl, su alcune questioni, sta perdendo la sua ragion d’essere. Quando l’abbiamo costituito era un partito nazionale ispirato ai valori del PPE, garante della comunione sociale dell’intero Paese, capace di dare delle risposte concrete ai bisogni economici delle imprese, delle famiglie e dei lavoratori, che fosse difensore del senso dello Sato. Quello Stato, che diceva Giovanni Falcone, è un ’valore interiorizzato’, non è una sovrastruttura lo Stato. Un grande partito nazionale che fosse garante dei diritti civili, che fosse motore di un cambiamento, di riforme condivise quanto più possibile".
 
Nell’esposizione della sua analisi Gianfranco Fini appare lucido, sereno, pacato, tranquillo. Senza tecnicismi è capace di parlare con il cuore, è capace di parlare un linguaggio chiaro, semplice. E’ capace di parlare al popolo, al suo popolo, ai tanti che si rispecchiano nelle sue posizioni, ma è altrettanto determinato e fermo nel rivendicare la possibilità di svincolarsi da quel "pensiero unico" tipico delle dittature. 
 
"Sono stato fatto oggetto di trattamenti mediatici da parte di giornalisti lautamente pagati da stretti familiari del presidente del Consiglio" - si lamenta Fini.
 
A questo punto il Cavaliere lo ascolta sempre più impietrito, chissà se si aspettava che arrivasse fino a tal punto. Ma di cose da dire Gianfranco Fini ne ha ancora, e saranno parole che peseranno come macigni su Silvio Berlusconi, colui che era abituato a non essere mai contraddetto, ad essere sempre e comunque difeso come se la sua fosse la sola "Parola", il solo "Verbo". Adesso a rinfacciargli le sue colpe è proprio il cofondatore del partito.
 
L’ANALISI ELETTORALE
 
Il 30 marzo, il giorno dopo le elezioni amministrative, nel Popolo delle Libertà la parola d’ordine era una sola: "le elezioni le abbiamo vinte".
 
Ancora una volta Gianfranco Fini si dimostra capace di una riflessione chiara e trasparente sul vero esito elettorale.
 
Le elezioni non le ha vinte il Pdl, ma le ha vinte la Lega. Il che secondo il presidente della Camera è senz’altro positivo in una ottica di coalizione, ma che non soddisfa le necessità di crescita di un partito, il Pdl, che si era dato ben altri obiettivi.
 
"Le elezioni le ha vinte la coalizione, le ha vinte personalmente Berlusconi, a partire da Roma, dove però presidente - dice Fini e lancia l’ennesimo affondo - adesso che la campagna elettorale è finita, ma credi per davvero che la lista non sia stata presentata per il complotto di magistrati cattivi e di radicali violenti?".
 
Gianfranco Fini non accetta la sudditanza del Pdl rispetto alla Lega, non accetta che l’agenda politica del partito sia determinato dai diktat di Bossi e di Calderoli, non accetta un "federalismo fiscale" senza risorse e a scapito delle regioni del Mezzogiorno, non accetta il rifiuto dell’abolizione delle Province e non accetta la mancata privatizzazione delle "municipalizzate" che sono diventate "il tesoretto delle amministrazioni leghiste, magari in attesa di mettere le mani sulle banche attraverso le fondazioni".
 
E’ chiaro! Per Berlusconi l’importante è mantenere e assicurarsi il potere, e per farlo ha bisogno di cedere incondizionatamente alle spinte secessioniste ed estremiste leghiste, mentre per Fini è invece importante il ruolo del partito, la sua crescita attraverso un confronto e una dialettica interna.
 
Il presidente Fini accusa il governo di aver usato i fondi Fas (Fondi per le Aree Sottoutilizzate) per tacitare le istanze degli allevatori del Nord in merito alle quote latte. Si è depredato il Sud di fondi necessari al proprio sviluppo.
 
In Sicilia, accusa Fini, il Pdl si è gia spaccato: Lombardo governa grazie alla scissione tra Pdl e Pdl Sicilia, e grazie all’astensionismo del Pd
 
FEDERALISMO FISCALE
 
"Qual è la bozza del Pdl sul federalismo fiscale? - si chiede Fini - Si conosce la bozza di Calderoli, ma qual è quella del Pdl? Un grande partito, che esprime anche il presidente del Consiglio, presenta lui il testo del federalismo da sottoporre agli alleati, e non aspetta le bozze che presentano gli altri".
 
Fini invita a rimodulare il programma di governo scritto nel 2008, in forza del quale il centrodestra ha vinto le politiche, tenendo conto della crisi finanziaria che ha investito tutte le democrazie occidentali, e ci sono tre anni per lavorare - "Tra tre anni non credo che basterà l’ottimismo" - altra stoccata a Berlusconi. 
 
LEGALITA’
 
L’ultima critica che Fini riserva al Cavaliere è forse quella che più di tutte lo fa imbestialire, che lo renderà poi furioso e aggressivo - "La questione connessa alla legalità vuol dire certamente andar fieri del lavoro delle forze dell’ordine, con quel preciso e puntiglioso elenco di successi - quello di cui Berlusconi si è vantato pochi giorni fa in presenza dei ministri Maroni, Alfano e La Russa - ma difesa della legalità significa qualcosa di più. E’ indispensabile riformare la Giustizia, ma riformare la Giustizia non può in alcun modo mai significare dare l’impressione che la riforma della Giustizia sia tesa a garantire sacche maggiori di impunità".
 
"Berlusconi è inutile che tu mostri insofferenza, l’impressione c’è! E l’impressione c’è quando si ipotizza la prescrizione breve, ma mi spieghi cosa significa tutela della legalità se si prescrivono seicentomila processi?".
 
Abbiamo l’impressione che Fini abbia detto con onestà e con precisione ciò che pensa, e se questo è lo stato delle cose, chi più di lui potrebbe mai conoscerle, allora non c’è da essere molto tranquilli.
 
Dobbiamo dare atto al presidente della Camera di aver avuto un grandissimo coraggio nell’opporsi così apertamente a Berlusconi, ma siamo consapevoli che per arrivare a questo punto, Fini ha previsto benissimo il baratro che ci aspetta nel caso in un si dovesse scegliere di restare inermi.

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