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“Fare un favore”, storie di trasferimenti informali di denaro in Siria

(di Barbara Boranga, per SiriaLibano).

Hussam vive in Libano dal 2012. Una laurea in biochimica in tasca, si è re-inventato operatore umanitario e ora lavora nella grande macchina della cooperazione internazionale. La sua famiglia è rimasta ad Aleppo, in un quartiere relativamente sicuro ma senza nessun introito. Dei suoi sei fratelli, solo i due più piccoli sono rimasti in Siria, con suo padre. Tutti gli altri vivono all’estero, in quattro Paesi diversi.

Quando suo padre ha perso il lavoro, il giorno in cui un bombardamento ha distrutto la fabbrica dove lavorava, Hussam e suo fratello Mahmud, che vive in Russia, hanno iniziato a usare una delle grandi compagnie internazionali di money transfer per aiutare la famiglia in Siria. Dopo poco, hanno iniziato ad utilizzare modi più veloci e sicuri e che permettono di evitare di pagare commissioni così alte.

Ogni mese il padre di Hussam riceve circa 1.000 dollari dai due figli maggiori. Hussam, dopo aver ricevuto lo stipendio, arrotola 500 dollari, li mette in un cassetto, e aspetta di ricevere i soldi che Mahmud può spedire al padre.

Mahmud vive in una città del sud della Russia, dove era andato per studiare e dove ha deciso di rimanere e di costruirsi una nuova vita una volta iniziata la crisi. Nella città dove vive, ha conosciuto Fadi, uno studente libanese che riceve ogni mese soldi dalla sua famiglia. Invece di usare Western Union, la famiglia di Fadi incontra mensilmente in Libano Hussam e gli consegna 500 dollari. Allo stesso tempo Mahmud dà 500 dollari a Fadi, e così, senza pagare nessuna commissione trasferiscono denaro dalla Russia al Libano velocemente, con un sistema informale basato sulla fiducia.

Hussam, una volta ricevuti i soldi, chiama il signor J., un businessman siriano che si occupa di trasferire i soldi nella zona di Aleppo. Il signor J. è in contatto con dei negozianti che vogliono assicurarsi che i loro risparmi siano al sicuro all’estero. Ogni mese questi negozianti dicono al signor J. quanti soldi hanno guadagnato e lui si occupa di versarli in un conto corrente estero per loro. Di contro, ogni volta che qualcuno in Libano ha bisogno di spedire soldi nell’area di Aleppo, il signor J. chiama i suoi contatti e dice loro a chi e quanti soldi devono dare ogni mese. Le commissioni che Hussam paga sono di gran lunga inferiori rispetto alle compagnie internazionali di money transfer: il signor J. trattiene 10 dollari ogni 1.000 inviati, e il trasferimento avviene in maniera informale, veloce e sicura. Chiaramente senza ricevuta, Hussam incontra sempre in un posto diverso di Beirut il signor J. e, dopo i convenevoli di rito, consegna i soldi, scrive il nome di chi andrà a ritirarli su un taccuino di pelle ed è sicuro che la sua famiglia riceverà il denaro.

Hussam conosce reti informali per trasferire denaro dal Libano ad ogni zona della Siria. Come molti esuli siriani, sa che da Shatila può spedire a Raqqa, da Burj Hammud a Quneitra, da Tripoli ad Hassake, dalla montagna a Sweida. A volte usa contatti diretti: amici e conoscenti che ancora riescono ad attraversare la frontiera e che ogni volta portano con sé soldi, documenti e cibo.

Qualcun altro usa i tassisti, che continuano a fare la spola tra Beirut o Tripoli e la Siria. Ma Abdo, un ragazzo siro-palestinese mi racconta che non sempre si rivelano affidabili, e con la scusa di dover attraversare troppi check-point e di doversi pagare i lasciapassare, spesso intascano molto più delle commissioni concordate.

Qualche settimana fa Rashid mi ha chiesto se avevo voglia di fare un giro in montagna. Mi ha detto che doveva incontrare un conoscente per chiedergli un favore, ma che il paesaggio meritava le due ore di strada da Beirut. Arrivati in questo paesino a maggioranza drusa, mentre io mi perdevo nella pietra delle vecchie case, Rashid ha chiamato il signor A., il suo contatto, che gli ha detto di non essere a casa in quel momento. Ci ha dato così il nome di un vecchio barbiere dicendoci di richiamarlo una volta arrivati lì. Dopo i convenevoli con il negoziante, Rashid ha chiamato il signor A. che ha parlato al telefono con il barbiere. Finita la conversazione, il barbiere ha detto a Rashid: “Ok, quanti sono e come si chiama il destinatario?”. Abbiamo scritto su un post-it giallo il nome del cugino incaricato di ricevere i soldi in Siria, e dopo aver contato i 2.000 dollari, il barbiere lo ha appiccicato al rotolino di denaro e lo ha riposto in un cassetto in attesa del signor A.

Il flusso informale di soldi tra gli esuli siriani e le loro famiglie, coinvolge anche la Turchia.

Un giorno, mentre camminavo con Hanan per Beirut, ha ricevuto una telefonata da Rasha, una vecchia amica di Idlib che ora vive in Turchia. Le ha chiesto se per caso avesse bisogno di spedire 500 dollari in Turchia, e dopo averci riflettuto un attimo, Hanan ha risposto che per questo mese no, ma sicuramente il prossimo si, che il cugino sarebbe andato in Turchia e poteva approfittarne per spedire dei soldi a sua sorella. A quel punto Rasha le ha chiesto se potesse consegnare entro due giorni 500 dollari a una ragazza siriana che si trovava in Libano, e lei di contro il mese successivo avrebbe dato al cugino di Hanan il denaro. Preso il numero di telefono di questa ragazza, ho accompagnato Hanan in un quartiere popolare di Beirut e da un portone malandato è uscita una ragazza sorridente che ci ha stretto la mano. Ci ha offerto un tè e così, senza conoscerla, le abbiamo consegnato 500 dollari. Il mese successivo, il cugino di Hanan ha ricevuto da Rasha i 500 dollari da portare alla sua famiglia nel nord della Siria.

La scorsa settimana, in un ufficio libanese di una grande compagnia internazionale che già da qualche tempo Layla frequenta per trasferire soldi ai suoi genitori, l’impiegato l’ha guardata e, sottovoce ma non troppo, le ha detto: se vuoi, per questa regione della Siria (ma anche per altre tre aree, se ti servisse), ora c’è un modo meno costoso e sicuro, ma non posso farti la ricevuta. Quello che voleva dire era chiaro e in effetti ha funzionato: Leyla ha dato a suo padre il numero di telefono e il nome della persona da incontrare in una città siriana confinante con la loro, e con una percentuale di commissione minima, nessun problema di documenti e burocrazia, hanno ricevuto il denaro mensile dalla figlia.

Il trasferimento informale si insinua nei meccanismi formali delle grandi compagnie di money transfer, rendendo tutto più fluido, immediato, e semplice.

È in questo modo che le rimesse o gli aiuti economici entrano in Siria. Contatti più o meno diretti permettono grandi o piccoli spostamenti di denaro senza troppe domande o costi di commissione. Da sempre parte della cultura araba, questa sorta di hawala viene considerata dai Siriani come un “favore personale”, distanziandosi dall’interpretazione orientalista di una hawala atta a finanziare organizzazioni terroristiche[1].

Ma nonostante la necessità odierna di questi trasferimenti basati sulla fiducia nel fragile e complicato contesto siriano, il dubbio sulla legittimità di queste operazioni rimane.

Domenica ho accompagnato Said in un quartiere periferico di Beirut a spedire soldi alla sua famiglia, che vive ancora a Raqqa. Il contatto informale che ci avevano consigliato, seduto sulla sua sedia scolorita dal sole, mentre contava velocemente gli 800 dollari, ci ha chiesto – come fosse la domanda più normale del mondo: il ricevente a Raqqa è siriano o western?

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[1] Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Hawala#Post-9.2F11_money_laundering_crackdowns

Questo articolo è stato pubblicato qui

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