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Facebook ti fa venire l’asma

Dopo la sifilide, Facebook è anche tra i fattori che possono innescare una crisi asmatica. Lo scrive, unico sul Web, il Corriere della Sera, sempre attento – anzi, meticoloso – nel lanciare allarmi sulle possibili conseguenze nocive dell’utilizzo dei social media o della rete in generale. «È il primo caso di asma scatenata da Facebook», attacca Margherita De Bac. Vittima un diciottenne napoletano lasciato dalla ragazza in ben due mondi, quello reale e quello virtuale.

Certo, il giovane era «già asmatico da diversi anni e paziente degli allergologi in quanto sensibile agli acari». Ma questo non conta: il problema è che la ragazza l’aveva «segato» (ah, il linguaggio dei giovani in bocca ai non giovani) «anche dalla lista degli amici sul web», e che il diciottenne si fosse accorto che «lei continuava a chattare con i suoi rivali». Peccato sia impossibile, come qualunque utente di Facebook sa, dato che i non-amici non appaiono in chat. A meno che non fosse diventato “amico” della ex con un account fasullo. Le attenzioni della madre, che aveva «notato che il figlio era particolarmente stressato per essere stato mollato ma soprattutto perché era stato cancellato da Fb», non permettono di escluderlo. Ma a questo punto ciò significherebbe che il diciottenne era innamorato della pagina Facebook della ragazza più che della ragazza stessa. Un fenomeno degno di studi. Psichiatrici.

Il dottor Gennaro D’Amato, tuttavia, sostiene di aver «dimostrato il legame tra Facebook e le crisi asmatiche». Impossibile sapere come, dato che in rete lo studio non è reperibile. Deve essere rigoroso e ben documentato, se la prestigiosa rivista Lancet ha deciso di pubblicarlo. Ciò non toglie che qualche dubbio sia lecito, prima di tutto da un punto di vista metodologico. Come si può passare dall’affermazione «le sorgenti di stress emotivo rappresentano un rischio per le persone già malate» a quella, ben più impegnativa, «FB e i social networks in generale sono sorgenti di stress emotivo e rappresentano un rischio per le persone già malate» in assenza di una casistica (che non c’è, dato che che «è il primo caso di asma scatenata da Facebook») e/o di uno esperimento il più possibile controllato dove la reale causa scatenante della patologia possa essere studiata in isolamento rispetto a tutte le altre? Questa mancanza rende molto complicato “dimostrare” che ad aver causato la crisi sia stata la cancellazione da Facebook e non, molto più banalmente, aver perso l’amata. E ancora: siamo sicuri che lo studio, per quanto accurato, di un singolo caso legittimi una generalizzazione all’intera popolazione degli asmatici? E perché mai quel singolo caso dovrebbe avere un valore, anche solo in termini statistici, per la popolazione di riferimento?

Domande che, naturalmente, è lecito porsi. Ma che, altrettanto naturalmente, al Corriere non interessano per nulla (se così non fosse, perché non comunicarlo ai propri lettori?). Tutto sommato, che importa: la notizia, loro, ce l’avevano già.

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