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Facebook: solo il 37% degli iscritti ha postato qualcosa nel terzo trimestre di quest’anno

 Rileviamo dai dati che ci sono forniti dalla stampa quotidiana che il 37% degli iscritti su Facebook hanno scritto messaggi (postato si dice in gergo) per il 22% in meno nel terzo trimestre di quest’anno. Un problema non indifferente per i gestori del social network, che peraltro trova un riscontro negativo sotto il profilo dei risultati economici. A me interessa invece approfondire le motivazioni di fondo che conducono gli utenti di Facebook a postare sempre meno. Non conoscevo il fenomeno che solo il 37% degli iscritti abbia in definitiva utilizzato la piattaforma, motivo per cui mi chiedo perché il restante 63%, pur iscritto, non ha postato nulla. Da un articolo del luglio 2014 rilevo che il 67% degli iscritti accede alla piattaforma almeno una volta al giorno. Dati che trovo un po’ troppo contrastanti, anche se è trascorso circa un anno e mezzo dall’odierna rilevazione, comunque tutti dati pubblicati su autorevolissime testate.

Aldilà di ogni eventuale valutazione della metodologia applicata alla rilevazione dei dati, ritengo che il fenomeno dei social network, quali Facebook e Twitter stia lentamente perdendo d’attrazione. Queste piattaforme dove poter scambiare ogni tipo di informazione pubblica o privata, forse sta attraversando un periodo di assuefazione, dove la novità ha lasciato lo spazio alla monotonia. Penso che i gestori lo abbiano capito, motivo per cui si stanno sforzando di escogitare nuove applicazioni che possano far riaccendere l’interesse di quella parte di utenti forse non più affezionati come prima. Basti pensare che mentre prima era obbligatorio utilizzare il proprio nome e cognome, tra qualche giorno si potranno utilizzare nomi di fantasia. E’ vero che esistono molti nomi inventati, ma è altrettanto vero che è da tempo che Facebook sta portando avanti una politica di ricerca di tali utenti, procedendo, una volta individuati, alla loro disattivazione.

Sarebbe pertanto importante analizzare le motivazioni che generano questa assuefazione. Io ho una mia opinione, frutto della mia personale esperienza su Facebook. All’iniziale interesse per la potenzialità principe della piattaforma, cioè quella di poter riallacciare rapporti con vecchi amici e parenti con i quali non ci si sentiva più da decine d’anni, spesso sparsi un po’ in tutto il mondo, è subentrata, probabilmente, una specie di stanchezza, di staticità del sistema, per cui se ne fa uso non più quotidianamente, ma solo quando se ne avverte la necessità.

Un’altra motivazione potrebbe essere l’utilizzo alquanto banale se non stupido dello strumento, in cui vengono immesse immagini e messaggi il cui livello socio culturale è da ricovero coatto. E’ anche vero che la piattaforma di Facebook rappresenta per una grande percentuale di utenti un luogo dove dare sfogo alle proprie frustrazioni, mettendo sul proprio profilo pubblico notizie strettamente private, pubblicando foto che li ritrae anche quando sono sul “cesso” per non parlare dell’uso e abuso delle immagini dei propri figli e nipoti, ovviamente minori. Forse proprio questo basso profilo comunicativo scoraggia una parte degli utenti a frequentare Facebook con la stessa frequenza di prima. 

Basterebbe fare una analisi delle immagini condivise e dei “mi piace”. Immagini e comunicazioni banali, stupide, ai limiti della demenza spesso riscuotono rilevanti successi. Un tizio ogni mattino dà il buongiorno ai suoi amici proponendo immagini di cappuccini, caffè brioche e biscottini, mentre un’altra tizia da la buonanotte inserendo immagini femminili in abiti (succinti) da notte. I “mi piace” si sprecano, come per colui che asserisce di aver mangiato a mezzogiorno salsicce e fagioli. Un tizio che invece ha ricordato la figura di Pasolini l’hanno apprezzato meno di dieci persone. 

Sarebbero migliaia e migliaia le banalità in cui ci si imbatte su facebook, ovviamente specchio del livello culturale ed etico dei nostri tempi. Forse proprio per questo, quella parte d’iscritti poco inclini a porre sulla pubblica piazza i loro fatti personali ed interessati ad aspetti un po’ più importanti, preferiscono altri lidi. Basta vedere come stanno aumentando in modo esponenziale i commenti sugli articoli delle testate giornalistiche on line.

Da non trascurare la grande concorrenza che arriva dai sistemi di comunicazione gratuita quali WhatsApp che predilige la comunicazione personale o di gruppi di persone. Ritengo che alla luce delle considerazioni anzi dette questi social network dovranno rivedere le loro strategie, adeguarle alle nuove esigenze dei loro utenti, creando, è mio parere, delle aree ben definite dove poter interagire con i propri amici, in virtù delle proprie impostazioni caratteriali, culturali ecc. 

La piattaforma comune dove il sacro e il profano si confonde, generando da una parte interesse e dall’altra disinteresse, se non delusione, sta perdendo il suo sexappeal. 

 

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