• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cultura > Essere un altro #3

Essere un altro #3

Immagina che uno sconosciuto, entrato in casa tua, dimostri di poter contestare la tua identità.

Chi è? Cosa vuole ottenere? Come riesce a manipolare le informazioni sulla tua vita? Ma soprattutto: tu chi sei?

Un romanzo a puntate sulla fragilità dell'identità nell'era di Internet. La prima e la seconda parte

 

JPEG - 63.3 Kb
Essere un altro #3
Essere un altro. Un romanzo a puntate sulla fragilità della personalità nell’era del web 2.0.

Stavo tranquillamente sorseggiando un margarita mentre prendevo il sole sul terrazzino di casa in attesa di vedere sfrecciare gli acrobati dell’aeronautica militare per la parata commemorativa di qualcosa, quando suonarono al citofono.

Mi alzai riluttante dalla sedia a sdraio, incassata tra la parete e la ringhiera, scavalcai lo schienale badando a non cadere oltre il parapetto e a non versare la bibita, quindi realizzai che sarebbe stato meglio posarla e l’abbandonai sul davanzale. Entrai in casa e attraversai la camera da letto, ma, temendo che qualche piccione temerario potesse svolazzare proprio in quel momento dalle mie parti, facendo precipitare il bicchiere sulla testa di qualche sfortunato spettatore della parata che poi mi avrebbe citato per danni, tornai indietro a recuperare la bibita. Attraversai nuovamente la stanza da letto e mi sorbii un paio di scampanellate extra, quindi riuscii a raggiungere il citofono e finalmente afferrai il ricevitore per sentire una voce maschile, cordiale, calma e controllata, che chiedeva di me.

«Dipende da chi lo cerca», precisai beffardo.

«Mi chiamo Arnaldi. Sono un consulente Com. Vorrei scambiare con lei quattro chiacchiere. Se non vuole farmi salire, attenderò qui sotto che lei esca». La spiegazione era misteriosamente chiara: non si capiva niente, tranne che lui era determinato. Inoltre, si era scoperto, ma non sapevo se l’avesse fatto apposta o per errore. Aveva chiesto di parlare con me dopo aver sentito la mia voce, che quindi già conosceva. Inoltre, se per incontrarmi era pronto ad aspettare che io uscissi, questo significava che conosceva anche il mio volto. Era in grado di identificarmi e ciò significava che, in qualche modo, io dovevo essermi tradito prima di lui, cioè significava che avevo fatto qualcosa affinché lui entrasse in contatto con me. Ma rispetto a cosa mi ero fatto scoprire? Che cosa avevo fatto per spingere qualcuno a cercarmi, a riconoscermi al citofono e ad aspettarmi sotto casa per ore, magari per giorni? Non poteva trattarsi di un’autorizzazione al trattamento dei dati personali rilasciata sbadatamente su qualche sito pornografico o a qualche birreria camuffata da associazione culturale.

Cominciai a sentirmi agitato. Ripercorsi con la mente i miei peccati di gioventù. Troppo pochi e troppo innocenti e troppo vecchi. Aver pisciato nel serbatoio di una Jeep, venticinque estati prima, non giustificava la presenza di un impiccione alla mia porta. E anche essermi scopato una compagna di classe ubriaca alla festa dei cento giorni non bastava, a meno che lei non fosse rimasta incinta e che non fosse riuscita a fare le prove del DNA solo adesso… ma, a pensarci bene, neanche ero stato io: se l’era scopata un altro e avevo raccontato un paio di volte, ad altra gente, di averlo fatto io. Poteva essere che quello stronzo, adesso, stesse cercando di riappropriarsi della sua bravata? Oppure si trattava del contratto telefonico che avevo attivato solo per ricevere in regalo un cellulare nuovo e che, subito dopo, avevo annullato? A meno che non l’avessero fatto talmente tanti altri da spingere la società a citarci in massa per frode, non poteva trattarsi nemmeno di questo.

Non mi veniva in mente altro, ma tanto era bastato per farmi andare nel pallone. Dovevo capire di cosa si trattava, ma non ero abbastanza lucido per pensare in maniera strategica. Avrei dovuto innanzitutto capire cosa fosse un consulente Com o, almeno, cosa fosse Com. I ricordi delle mie cattive azioni mi sconvolgevano e mi facevano tremare le gambe. Fu così che dissi un’enorme scemenza: «Possiamo parlarne qui al citofono?» Invece di attaccargli il ricevitore in faccia, avevo accettato il dialogo. Ma allora non riuscii a capire l’importanza di quell’errore.

Il tipo sghignazzò, forse per soddisfazione. «L’agenzia per cui lavoro non mi permette di affrontare l’argomento in mezzo alla pubblica via, con tutta questa gente. È una questione riservata. Aspetterò».

Rimani ancorato alla cornice. Mi ripetevo: Rimani ancorato alla cornice. Concentrati su ciò che vuoi ottenere. «Può dirmi almeno di chi o di cosa dovremmo parlare?»

«Sarebbe molto più semplice se lei mi facesse salire. Se non si fida, cerchi il mio nome sul sito Internet dell’agenzia Com. Mi chiamo Arnaldi. Se avrà ancora qualche dubbio, sarò qui per risponderle».

Era fastidiosamente collaborativo e questo avrebbe dovuto allarmarmi più del resto. Avrei dovuto semplicemente vestirmi, recuperare soldi e chiavi di casa e raggiungere il tetto del palazzo per saltare sull’edificio accanto, quindi su quello ancora oltre – sperando che gli agenti al controllo di sicurezza della parata non mi sparassero scambiandomi per un terrorista –, imboccarne le scale dopo aver forzato una porta, uscire in strada, svoltare l’angolo e sparire dalla città per un paio di mesi. Invece obbedii al suo consiglio. Agganciai il ricevitore del citofono, mi diressi in camera da letto e impostai una ricerca in rete per “Com Arnaldi”. Il primo risultato sembrava attinente, ma, nonostante i fiumi di parole e la grafica professionale del sito, non si capiva cosa fosse Com. Società per azioni, codice fiscale, partita IVA, contatti telefonici ed elettronici, almeno una sede per ogni continente… operazioni di comunicazione pianificata, che può significare tutto e niente… gestione della crisi e dell’emergenza d’impresa… un elenco di clienti rinomati… area riservata… una rete di professionisti al tuo servizio… Arnaldi era uno di questi, un consulente operativo, nonché analista di orientamento e un paio di altri ruoli descritti in puro itanglese, con diversi titoli conseguiti in Italia e all’estero… Nonostante la quantità di informazioni, non capivo cosa facessero per vivere quelli di Com.

Diligentemente tornai al citofono per spiegare ad Arnaldi che mi sfuggivano la natura della sua professione e della sua visita.

«Sul sito dovrebbe trovare parecchie risposte alle sue domande. Le altre gliele fornirò io immediatamente, su da lei, oppure quando vorrà uscire». Dannatamente collaborativo e minaccioso allo stesso tempo. «Capisco che lei non mi conosce…» già… «ma, se può tranquillizzarla, non sono un venditore ambulante né un predicatore apostolico».

 

Continua

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares