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 Home page > Attualità > Cultura > Essere un altro #14

Essere un altro #14

Immagina che uno sconosciuto, entrato in casa tua, dimostri di poter contestare la tua identità.

Chi è? Cosa vuole ottenere? Come riesce a manipolare le informazioni sulla tua vita? Ma soprattutto: tu chi sei?

Un romanzo a puntate (capitolo 14) sulla fragilità dell'identità nell'era di Internet.

Scritto da Osvaldo Duilio Rossi, dai consigli di Mario Pica.

 

Non ce la facevo più, così, dopo che aveva posato sul tavolo alcuni contratti e dopo che, offrendomi una raffinatissima penna in argento, che non potei evitare di prendere tra pollice e indice, disse: «Prego, firmi col suo nome…» indicando lo spazio su cui avevo già posato la sfera argentata, e pronunciò il mio vero nome, appena mi accorsi che avevo cominciato a vergarlo, non quello di Piergiulio Lebolle, ma il mio vero nome, gli ficcai la penna nel dorso della mano che teneva appoggiata sul tavolo e gli ruppi in testa il bicchiere col margarita e lo presi a calci in faccia e lo colpii allo stomaco e, quando smise di opporre resistenza, lo legai al termosifone con sei lacci di plastica da elettricista che ero andato a prendere nella cassetta degli attrezzi in cucina e lo imbavagliai ficcandogli in bocca l’accendino di ferro che avevo trovato nella tasca dei suoi calzoni.

Lo perquisii, ma, oltre a pochi spiccioli e alle cartacce che mi aveva mostrato, non aveva alcun documento d’identità addosso. Quindi gli sfregai sale e limone sulle ferite per dargli una sferzata, per farlo svegliare. Gli spiegai che gli avrei fatto poche domande e che avrebbe dovuto rispondermi con semplici cenni del capo: sì o no.

«Sei venuto da solo?» Sì, ma gli occhi erano impauriti. «Sei venuto da solo?» Sì. «Hai paura?» Sì. «Dov’è il tuo compare?» Spiazzato, in cortocircuito, non sapeva che fare, poi rispose di no. «Ti chiami veramente Arnaldi?» No. «Lavori per Com?» Spiazzato, roteò gli occhi in cerca di risposte, poi disse di no. «Com non esiste, vero?» No. «Non ci capisci più niente… Com esiste?» Impaurito, la risposta fu ancora no.

«Se gridi ti stacco la lingua con questa pinza», lo minacciai brandendo l’attrezzo davanti ai suoi occhi. Gli strappai via il bavaglio: «E allora che cazzo ci sei venuto a fare qui da me?»

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