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Engelbert Besednjak e la sua battaglia alla Camera contro l’abrogazione della lingua slovena nelle scuole

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Engelbert Besednjak con il figlio nel 1929
Wikimedia
 
Seduta del 18 dicembre 1924. L'onorevole Engelbert Besednjak, voce di protesta della comunità slovena all'interno della Camera dei deputati effettuerà una dura critica e forte denuncia sulla disastrosa riforma scolastica effettuata alla fine del 1923 da Gentile che è stata “per le popolazioni slave della Venezia Giulia un fatto che assume tutta la gravità e l'importanza di un grande avvenimento storico. Chi scriverà la storia del nostro popolo potrà dire che la riforma Gentile significò una rivoluzione che turbò tutta la vita culturale e sociale degli sloveni e croati d'Italia. Questo effetto è stato prodotto dall'articolo 17 del Regio decreto 1° ottobre 1923 che introduceva nelle scuole elementari slovene e croate l'insegnamento italiano, abolendo con ciò la istruzione nella lingua materna delle popolazioni”. 
 
E' interessante riportare alcuni passaggi integrali del dibattito che seguirà, ove in venti minuti, questo il tempo concesso, il regime fascista, tramite il Ministro Casati, ben dimostrerà la sua indiscutibile arroganza e l'onorevole Besednjak, consapevole forse della immediata inutilità del suo discorso, ma guardando oltre, a quell'oltre che arriverà con la caduta del fascismo, pronuncerà delle parole per nulla scontate e destinate ai posteri che ben evidenziavano la difficoltà delle comunità slovene e croate nel difendere i propri diritti contro gli abusi e le violenze del fascismo che si inaspriranno negli anni che seguiranno in modo terribile. Ma nello stesso tempo lancerà un mero avvertimento che il fascismo ha ignorato e che alla fine si è inevitabilmente e giustamente realizzato. 
 
BESEDNJAK ricorderà che “D'un colpo solo furono soppresse tutte le scuole elementari come tutte le scuole medie slave della Venezia Giulia. Una conquista culturale raggiunta dal nostro popolo dopo mezzo secolo di lotte e sacrifici immensi e continui è stata distrutta nel volgere di 24 ore con un decreto legge dell'attuale Governo. Io sostengo che questi provvedimenti non furono dettati da nessuna ragione di Stato, che sono dannosi agli interessi del Paese, contrari al diritto naturale e al diritto internazionale”. 
Riporterà delle esperienze concrete di vita affermando che: “Prima di entrare nella prima classe elementare, il fanciullo ha già acquistato gli elementi essenziali della conoscenza, ha già in sé il fondamento del futuro sviluppo spirituale per tutta la vita. Ogni alunno, dice Lombardo Badice, ha già una cultura organata capace di movimento e di vita propria. Se ne facciamo astrazione, la cultura scolastica diventa una seconda vita fittizia, costretta a costruire sulla prima, ad essa fastidiosa e da essa infastidita. La funzione della educazione pubblica non sta per ciò in altro che nel continuare l'opera, della famiglia. Questo principio pedagogico non venne formulato soltanto da Lombardo Badice ed insegnato nelle scuole magistrali di tutto il Regno, ma è una massima di pedagogia adottata in tutto il mondo civile, e sulla quale non si discute più perché troppo è evidente e naturale...(...) Nelle famiglie slave i fanciulli parlano in slavo, pensano in slavo, vivono nella vita spirituale slava; ed invece ora nella scuola pubblica s'incontrano con "maestri che parlano in una lingua che per gli alunni è sconosciuta che non la comprendono che non l'hanno mai intesa... (Rumori). 
Dinnanzi agli occhi stupiti degli alunni si schiude un mondo che è in completa contraddizione con quello vissuto nella casa paterna. L'educazione della scuola Gentile non è dunque la continuazione dell'opera della famiglia slava, ma è in completo contrasto con l'opera, dei genitori. L'alunno deve dimenticare tutto quello che ha imparato dalla madre(..)”.
 
In ciò aveva ben colto il senso della vera ragione della riforma Gentile come sostenuta da Casati: privare le comunità slave della loro identità, italianizzandole in tutto e per tutto. “Non vi fate dunque meraviglia, se vedete insorgere con tenacia e con indignazione insopprimibile i genitori slavi e tedeschi contro questa riforma che lede i diritti naturali delle famiglie e diseduca le generazioni del nostro popolo. (Commenti — Rumori). Nessun Governo e nessuno Stato può costringere la famiglia ad educare il figlio in una lingua che non è la sua. La famiglia è un organismo più antico dello Stato. Prima che si formasse il primo Stato nel mondo esistevano già delle famiglie con delle funzioni proprie e dei diritti propri, che lo Stato non può sopprimerli mai in nessun caso in nome di nessun interesse superiore. Le madri slave, venendo soppressa la scuola slava, si sono messe a gridare. Io ho inteso una madre slava che gridava così: lo Stato non ha alcun diritto di impossessarsi dei nostri figli, i figli sono nostri, noi li abbiamo partoriti, non lo Stato, non i prefetti, non i ministri”. (Ilarità — Rumori). 
 
“Le nostre donne non sono mosse dal fanatismo nazionalista quando si ribellano alla soppressione dell'istruzione nella lingua materna, ma sono mosse invece da uno spirito e da un sentimento di profonda giustizia cristiana”. “Ma voi certamente mi direte che il Governo non cerca di snazionalizzare le popolazioni slave e tedesche incluse nei confini d'Italia; voi mi direte che la riforma Gentile persegue l'unico scopo di far conoscere la lingua italiana, cioè la lingua dello Stato ai nuovi cittadini italiani. Questa richiesta, affermerete, è logica ed è legittima”.
 
Casati, il ministro dell'istruzione pubblica, replicherà seccamente: “Per avere dei veri e propri cittadini italiani”. Continuerà l'onorevole facendo intendere che lo scopo del governo era quello di demolire "il patrimonio tramandatoci dai nostri padri; la sua natura è decisamente e apertamente snazionalizzatrice. Questo ha dichiarato alcuni mesi or sono ufficialmente ai rappresentanti degli slavi e tedeschi il ministro dell'istruzione pubblica Sua Eccellenza Casati...
 
CASATI replicherà: “E non mi smentisco”. 
Ed ora seguirà un breve ma duro botta e risposta tra Besednjak, Casati ed anche Mussolini.
 
BESEDNJAK: "Può essere certo che immortale. Noi volevamo conoscere le sue intenzioni al nostro riguardo e gli abbiamo chiesto di dirci quale politica scolastica intendesse seguire nelle terre ove vivono slavi e tedeschi...
CASATI: "Fare dei cittadini italiani !" (Applausi dalla Camera)
 
BESENDNJAK. “Il ministro ci rispose che la sua politica consisteva nel voler fare, dei tedeschi e degli slavi, degli italiani...”

CASATI: “Che cosa poteva dire un ministro italiano, se non questo ?” (Approvazioni).
 
MUSSOLINI: presidente del Consiglio dei ministri, ministro degli affari esteri. “Doveva
fare forse gli italiani slavi?”

BESEDNJAK: “La dichiarazione di voler tramutare degli slavi e dei tedeschi in italiani era una dichiarazione poco chiara. Noi volevamo che il ministro precisasse meglio il suo pensiero ed osservammo: «Intende forse dire che slavi e tedeschi debbano diventare buoni cittadini italiani?» — «Ma questo s'intende da sé! Cittadini italiani lo siete già !» - ci replicò il ministro - Il nostro sbalordimento fu enorme. Noi dobbiamo dunque diventare italiani di razza”. (Commenti).


CASATI: “Di spirito !” (Approvazioni).
 
BESEDNJAK: “La logica è questa:... (Interruzioni) noi dovremmo cancellare la nostra nazionalità! Il pensiero che un ministro responsabile possa chiedere dalla gente di un'altra razza una tale assurdità...” Voi dite che la lingua non è un semplice mezzo di comunicazione, che la lingua è lo spirito. Ebbene, la nostra lingua è il nostro spirito; in essa si estrinseca la nostra vita spirituale; in essa è racchiuso il patrimonio ideale ricevuto dai nostri padri. Come potete pretendere che si faccia opera di collaborazione per aiutarvi a dissipare questo patrimonio, a distruggere tutto il nostro passato, ad annientare la nostra esistenza spirituale? Che pretesa mostruosa! (Rumori). Voi chiedete da noi nientemeno che questo: noi dovremmo impiegare una parte della nostra attività a svalutare la nostra tradizione, a fare smarrire il senso della nostra nazionalità, a farci diventare con ciò una massa amorfa, passiva, senza una propria vita, che non conta nulla rispetto agli altri popoli”.
 
Citerà poi l'esempio di un caso come riportato su un giornale del giorno 11 dicembre 1923 riprodotto pure dal giornale «l'Idea Nazionale». L'articolo parla della dolorosa penuria delle scuole italiane e del grave pericolo della snaturalizzazione in Tunisia. “Il divieto scolastico, è detto nell'articolo, si risolve nella proibizione a molti italiani di mandare i loro figli alle scuole italiane. Ciò in fatto è peggio di una minaccia di snaturalizzazione: è la snaturalizzazione effettiva consumata meditatamente giorno per giorno con accorgimenti insidiosi e conseguenze orribilissime. Non essendovi scuole italiane bastanti ed essendo vietate agli italiani di aprirne delle nuove, bisogna per forza rassegnarsi a mandare i ragazzi alle scuole francesi, dove non solo si soppianta la nostra lingua, ma si fa scempio della nostra storia e letteratura e perfino della geografia italiana. Non credo che si possa fare un sacrificio più grande”. 
 
Continuerà l'onorevole rivolgendosi ancora a Casati: “Nello storico colloquio che noi deputati slavi e tedeschi avemmo con lei nel palazzo Minerva, io le dissi, e glielo ripeto alla Camera: noi non chiediamo per il nostro popolo altro che quello che voi chiedete per le minoranze italiane nella Tunisia, (Rumori — Proteste da diversi settori) nel Marocco, nel Brasile, nell'Argentina ed a Malta e dovunque vivono minoranze di vostra razza...”.
 
Interromperà il discorso il deputato Maraviglia, che diventerà noto per un suo duro intervento contro Matteotti, con una frase che ben evidenzierà il senso della politica fascista: "Ma quelli sono italiani all'estero. Voi non siete slavi all'estero. Voi siete italiani in Italia”. 
 
Ed alla fine giungerà un monito, un monito importante: “Finisco il mio dire colle parole del collaboratore di Giovanni Gentile, Lombardo Badice: «Tardi si desta nei popoli la coscienza di nazionalità e può destarsi solo quando il pensiero sia pervaso dall'idea della libertà. Tardi si desta, ma quando una volta si è destato nulla può vincerla. Può lottare contro potenze soverchianti, morire del tutto, mai». (Rumori —Interruzioni). La minoranza oppressa ha la volontà di salvare un tesoro che le è affidato e il valore del quale la trascende; la sua difesa è atto ed esempio di un interesse umano e universale. Nella lotta nazionale chi offende difende la propria potenza, egoisticamente, ma chi si difende, difende sè stesso e lo spirito umano”.


Ed ovviamente la Camera reagirà con rumori e disapprovazioni, eppure queste parole ben hanno evidenziato come la comunità slovena, in primo luogo, ha iniziato a maturare il senso di divenire un solo corpus, come elemento di difesa avverso le violenze subite, con la privazione della identità, del patrimonio storico, sociale e culturale, con l'italianizzazione forzata, perché non potevano essere sloveni in Italia, in territorio tra le altre cose ove la maggioranza delle persone parlava sloveno, ma dovevano essere italiani in Italia, dallo spirito alla lingua. Ecco, se non si comprendono queste cose, ignorate dai più, non si potrà mai comprendere la storia del Confine Orientale e tutto ciò che inevitabilmente ne è derivato.
 
 
MarcoBarone 

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