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 Home page > Tribuna Libera > Economia e felicità. Quando si è veramente felici?

Economia e felicità. Quando si è veramente felici?

Economia della felicità” è un saggio sintetico e ben strutturato che prende in esame le principali dimensioni della vita umana (Bruno S. Frey e Claudia Frey Marti, il Mulino, 2012).  L’analisi di Bruno S. Frey conferma i risultati di molte ricerche: nelle società più sviluppate il fatto di avere un reddito alto non incide più di tanto sulla soddisfazione personale. “Le persone non vogliono e non possono dare dei giudizi assoluti. Piuttosto, fanno dei paragoni: si confrontano con il proprio ambiente, con il passato o con le aspettative per il futuro. Gli scostamenti vengono notati e generano reazioni”. Inoltre le persone più intelligenti o acculturate non sono più felici, poiché possono scoprire più cose sgradite e possono avere delle aspettative più elevate. Comunque al di là di ogni singolo caso, esistono alcune tendenze generali: essere disoccupati genere più infelicità rispetto alla separazione e al divorzio; i lavoratori autonomi sono più appagati dei lavoratori dipendenti, anche se lavorano di più; chi fa volontariato è più felice rispetto a chi non lo fa. In genere le persone sposate sono più felici dei single, anche se a livelli minori rispetto al passato. Ma in molti casi se non si è felici in due, bisognerebbe pensare che sarebbe andata peggio a vivere da soli.

D’altra parte l’autore analizza alcuni aspetti riguardanti la politica e attraverso lo studio della Confederazione Svizzera sottolinea il grande ruolo del federalismo e della democrazia partecipata per giustificare l’alto grado di soddisfazione dei cittadini svizzeri. Ad esempio, in Svizzera, lo strumento del Referendum è molto utilizzato, anche in modo propositivo. Dal 1793 al 1978 si sono svolti in tutto il mondo circa 500 referendum e di questi ben 300 si sono svolti in Svizzera (il 60 per cento). Le consultazioni sono avvenute a tutti i livelli di governo e su quasi tutte le tematiche (molto saggiamente i diritti delle minoranze non vengono valutati a livello popolare).

Ma in questo momento la questione fondamentale è quella del livello elevato delle tasse per il ceto medio basso che, nei periodi di crisi, impedisce la ricrescita economica e affama la popolazione in molti paesi del mondo, industrialmente e socialmente progrediti. Le cose sono destinate a peggiorare pericolosamente se le tasse continueranno a servire in buona parte per pagare interessi più alti sui debiti pubblici a pochissimi speculatori bancari e finanziari. I rischi sono quelli di una fuga di massa degli imprenditori nei paesi che garantiscono benefici fiscali e il relativo fallimento delle banche nelle altre nazioni. Purtroppo “i privilegiati tendono a preferire la propria distruzione piuttosto che cedere alcuni dei loro privilegi” (Marc Faber, investitore indipendente).

A questo proposito il filosofo Roberto Casati (www.shadowes.org) ha fatto una proposta molto pragmatica e significativa, forse applicabile solo a livello dell’Onu (articolo del Sole 24 Ore del 20 maggio). Casati afferma che, siccome le transazioni finanziarie rappresentano 1000 volte il prelievo fiscale globale, basterebbe una “Tobin Tax” dell’uno per mille per sostituire tutti i pesantissimi prelievi fiscali nazionali. Infatti le tasse possono superare di molto la metà del reddito nazionale prodotto e in Italia se sommiamo le imposte dirette e indirette possiamo arrivare al 65 per cento.

In sintesi si può dire che la felicità è un fenomeno difficile da definire, però le persone sembrano in grado di poter stabilire con accuratezza il variare dei loro livelli di felicità nel tempo. La ricerca ha trascurato il ruolo delle tasse, del tempo libero settimanale e dei giorni annuali di ferie, anche se in parte gli ultimi due aspetti rientrano, per molte persone, nelle attività di volontariato che sono ritenute le più adatte a creare le condizioni migliori per raggiungere la serenità personale. In conclusione quando qualcuno aiuta qualcuno ci sentiamo tutti più felici o ancora più felici. Anche chi si limita a guardare, sperimenta la bellezza del sentirsi parte della comunità umana. Bruno S. Frey (www.bsfrey.ch) insegna Economia presso l’università di Zurigo e Scienze del Comportamento all’Università di Warwick. Claudia Frey Marti svolge l’attività di psicoterapeuta.

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