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Ecco perché l’Ohio è importante per le primarie Usa

 

Domani c'è il Super Tuesday e saranno dieci gli Stati a votare le primarie. Ecco perché l'Ohio diventa importantissimo per le sorti del prossimo sfidante di Obama.

E’ l’Ohio lo Stato in cui si decideranno le sorti del prossimo candidato repubblicano alla Casa Bianca. Domani per il Super Tuesday si voterà in dieci Stati, e l’Ohio è il più importante perché è uno swing state, né democratico né repubblicano.

Per l’ennesima volta in 35 anni il destino del prossimo sfidante presidenziale passerà per le strade del “Bucket State” (“Stato dell’Ippocastano”), come è chiamato l’Ohio. Ma lo Stato del Midwest non è il più ghiotto come delegati: è uno swing state, cioè né democratico né repubblicano, e questa eterna indecisione lo pone all’attenzione nazionale per il risultato che potrebbe venir fuori per le primarie del Grand Old Party.

L’Ohio assegna 66 delegati col metodo proporzionale mentre la Georgia, lo Stato di Newt Gingrich, ne assegna 76. Ma è l’Ohio a pesare di più sulle sorti repubblicane. Vuoi perché l’economia dell’ippocastano è da decenni ai minimi storici (Cleveland, la seconda città dello Stato dopo la capitale Columbus e prima per importanza, è la più povera degli Stati Uniti), vuoi perché la deindustrializzazione e la delocalizzazione lo ha fatto diventare capitale del “Rust Belt”, la cintura della ruggine, cioè quel cerchio di Stati che va dai Grandi Laghi fino alla Pennsylvania orientale e all’Illinois la cui desolazione e degrado fatto da stabilimenti industriali ormai da tempo abbandonati l’ha tristemente resa celebre in tutto il paese.

Una volta ogni quattro anni l’Ohio si risveglia, i cronisti dei maggiori network popolano Columbus e Cleveland offrendo ai telespettatori un panorama tetro ma vivo, facendo diventare lo Stato il centro del mondo politico americano, l’ago della bilancia delle elezioni presidenziali.

L’ippocastano va avanti così da almeno 35 anni, da quando alle presidenziali del 1976 Gerald Ford venne battuto da Jimmy Carter per poche migliaia di voti proprio qui, in Ohio; o più recentemente quando nel novembre del 2004 la conta dei voti in Ohio tenne sveglia l’intera America e a notte inoltrata, quando si seppero i risultati, John Kerry non ce la fece a sconfiggere George W. Bush per soli due punti. Stesso identico discorso con Clinton nel 1992. Ma nel 2008 Obama battè John McCain e conquistò questo preziosissimo pezzo di Midwest divenendo il 44° Presidente degli Stati Uniti. Due anni dopo, alle elezioni di medio termine, la grancassa ha suonato nuovamente per il Grand Old Party preferendo di strettissima misura un governatore repubblicano vicino al Tea Party, l’ex conduttore di Fox News John Kasich, a scapito del democratico Ted Strickland: 51 a 49.

E’ in Ohio che Mitt Romney e Rick Santorum si giocheranno le maggiori chance per diventare lo sfidante di Obama. Obama che in Ohio è in difficoltà, quindi trovare il candidato perfetto è estremamente importante. Fino a poche settimane fa Santorum era in netto vantaggio sul rivale, ma da qualche giorno la rimonta di Mitt è diventata importante e lo scarto tra i due è sull’ordine dei pochi spiccioli, come in Michigan. Una vittoria dell’ultra conservatore potrebbe rilanciarlo alla grande, ma una vittoria del frontrunner potrebbe chiudere definitivamente la porta al Tea Party e alle loro velleità. Ciò non significa che il vincitore dell’Ohio riceverà sicuramente la nomination, del resto nel 2008 Obama qui perse con la Clinton di dieci punti. Domani sera lo sapremo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Truman Burbank (---.---.---.251) 5 marzo 2012 19:42
    Truman Burbank

    Sul fenomeno (da intendere anche come spettacolo) delle primarie il compianto Enrico Melchionda aveva scritto un ottimo libro “Alle origini delle primarie”.
    Lo stimolante saggio di Melchionda espone l’idea che le elezioni primarie siano una forma di populismo potenzialmente distruttiva per la democrazia.
    Il fenomeno delle primarie per Melchionda è la forma più micidiale di quello che chiama “virus del direttismo”, cioè la tendenza a eliminare le strutture intermedie di rappresentanza (in primo luogo i partiti) tra gli elettori e l’esecutivo.
    Secondo Melchionda il virus del direttismo attacca le strutture che consentono ai cittadini di controllare il governo rappresentativo e rischia di distruggere le democrazie. Invece di correggere le pecche della democrazia rappresentativa (la partitocrazia), esso ne esaspera le modalità maggioritarie e d’investitura popolare (l’aspetto plebiscitario). Facendo balenare il miraggio di un superamento della rappresentanza il direttismo rischia di travolgere quella fragile costruzione che è la democrazia.

    Le primarie misero in pratica il principio direttivo per eccellenza, cioè l’investitura plebiscitaria dei leader politici. Esse svuotarono i partiti del diritto di nominare i candidati, lasciando spazio così alle tecniche di manipolazione dei mass media che nascevano in quel periodo, le quali avvantaggiavano i più ricchi, quelli che potevano spendere di più per convincere gli elettori. La diminuzione del potere dei partiti causò inoltre un allontanamento degli elettori dalla politica attiva.

    Le macchine partitiche furono sostituite dalla macchina dei mass media. Con il tempo solo il denaro risultò decisivo per il successo politico.

    Enrico Melchionda
    Alle origini delle primarie
    Democrazia e direttismo nell’America progressista.
    Ediesse, Roma
    http://www.comedonchisciotte.org/si...

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