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E’ anche Cosa nostra. Le mani della mafia sull’Alto Lazio

Campanello d’allarme per l’estensione del fenomeno mafioso a nord della capitale, dove sembrava tutto tranquillo a parte qualche caso apparentemente isolato. Nel Lazio a preoccupare di più è la situazione del litorale pontino, storica terra di frontiera con la Campania, dove operano diversi clan camorristici. Qui i Casalesi, in particolare la famiglia Schiavone, tra i tanti interessi, annovera anche il mercato ortofrutticolo di Fondi, un comune emblematico dell’impotenza dello Stato nel porre un argine al connubio affari sporchi-politica.
 
E poi naturalmente c’è Roma, un crocevia storico quasi obbligato per la criminalità a caccia di grandi opere e appalti. Eppure neanche su un valore economico dell'azienda mafia stimato in 100 miliardi di euro l'anno pari al 7% del PIL, l’Italia è riuscita a varare un decreto anticorruzione, un’Agenzia operativa anticorruzione o a inasprire le sanzioni per i trasgressori.
 
Ma esiste davvero un caso Civitavecchia ed Alto Lazio, tale da richiamare l’attenzione delle cosche mafiose? Sembrerebbe proprio di sì, perché l'Associazione antimafia "Antonino Caponnetto", l'Anpi Civitavecchia, il mensile "La Voce delle Voci" e il quotidiano on line "Centumcellae News" hanno voluto fornire ai cittadini il parere di “esperti” come Ferdinando Imposimato, titolare di processi famosi come quello della Banda della Magliana o quello a Michele Sindona, Antonietta Troncone, Procuratore aggiunto di Nola, già alla DDA di Napoli, e infine un giovane giornalista, Daniele Camilli che di recente si è occupato del viterbese, un’area di crescente interesse per la criminalità organizzata.
 
Elvio Di Cesare, presidente regionale della “Antonino Caponnetto”, ricordando come nessuno possa rimanere inerte di fronte alla penetrazione della criminalità nelle istituzioni e nell’economia, ha invitato i cittadini a segnalare all’associazione quei comportamenti o fatti ritenuti illegittimi. Sulla realtà locale Simona Ricotti, sempre dell’Associazione Caponnetto, ha ricordato alcuni arresti di mafiosi, come quello dei fratelli Ruggiero di Scicli, ed altri precedenti a questo, che testimoniano la presenza di organizzazioni operanti sul territorio. Altri motivi di preoccupazione sono gli incendi dolosi che hanno preso di mira alcune attività commerciali, l’accentramento nelle mani di pochi di capannoni in zona industriale, la possibilità di infiltrazioni mafiose interssate al futuro terminal Asia, le costose opere pubbliche varate dal comune ma bloccate per violazioni varie, mentre l’uso disinvolto degli strumenti urbanistici produce un’espansione edilizia, omaggio ai costruttori ma non ai cittadini, nel contesto di una crisi economica che sta portando alla chiusura di piccole imprese.
 
Maria Antonietta Troncone, PM a NolaMa l’analisi più inquietante arriva da Maria Antonietta Troncone (nella foto), oggi a Nola ma fino ai primi di dicembre del 2008 PM alla Dda di Napoli, che vive sotto scorta dopo essere stata raggiunta, insieme a Saviano e al giudice Raffaele Cantone, da minacce di morte da parte del boss Augusto La Torre, già capo dei clan di Mondragone. Per il magistrato, il Lazio è una regione centrale anche per una criminalità che non è più fatta solo di ‘ndrangheta, mafia, camorra o Sacra corona unita perché nuovi soggetti russi e cinesi hanno fatto la loro comparsa, spesso in conflitto tra loro su tutti gli affari, dall’estorsione alla droga, al riciclaggio di danaro in imprese “pulite”. E non è facile comprendere come si evolve nel tempo la criminalità perché per acquisire un metodo di analisi serve un’esperienza specifica, acquisita dove la mafia è un fenomeno “storico”.
Nel Lazio, Civitavecchia, secondo la Troncone, è in una situazione logistica che può favorire le infiltrazioni mafiose: cosa c’è di meglio di un porto dove arrivano container, dove si sdoganano merci, dove si programmano opere marittime importanti, la piattaforma logistica Italia, il polo energetico e quindi appalti. Anche la vicinanza con l’aeroporto di Fiumicino è un aspetto di cui tener conto. Ma un altro fattore che dovrebbe preoccupare riguarda l’aumento del numero di sportelli bancari in tempi di crisi, che richiede un'analisi più specifica. Insomma, per il magistrato è necessario soprattutto un cambiamento culturale nei cittadini. In particolare bisogna passare dall’affermazione che “non esiste la mafia” a “esiste la mafia”. E fenomeni come la corruzione politica sono contigui alla criminalità, alle mafie. Il problema è che in questi anni si è andati più verso un depotenziamento degli strumenti legislativi che, come la situazione richiederebbe, verso un loro rafforzamento. La Troncone conclude con un appello alla stampa, indispensabile a informare la società civile a cui lo stesso Borsellino affidava il compito di salvaguardare la collettività, visto che il magistrato non può fare tutto.
 
Rita PennarolaMa Rita Pennarola (nella foto), condirettrice della Voce delle Voci, fondato a Napoli negli anni '70 con lo storico nome di Voce della Campania, impegnata con inchieste sul campo, è critica sul fatto che spesso ai cittadini non è consentito ottenere giustizia. Fanno male anche le troppe divisioni all’interno della magistratura tra correnti, con un “sistema” che finisce per danneggiare i magistrati più esposti e preparati. Insomma c’è un sistema che non funziona e con l’espansione a nord della criminalità organizzata neanche le procure spesso hanno uomini d’esperienza nel condurre indagini complesse. E, secondo Rita Pennarola, un sistema che non tutela dalla corruzione, perde posti di lavoro perché gli imprenditori localizzano le aziende all’estero. Così può accadere che imprese che arrivano a vincere appalti con sistemi collaudati eliminino i concorrenti puliti.
 
E anche Ferdinando Imposimato, autore di "Doveva morire" un libro-inchiesta sul caso Moro, condivide le preoccupazioni espresse dalla condirettrice della Voce delle Voci, ma sposta l’attenzione sull’intreccio mafia-politica e servizi segreti, come insegna la storia della Banda della Magliana. Osserva come sorprendentemente nessun appartenente ai servizi segreti sia stato mai arrestato. C’è, a parere di Imposimato, un problema di uomini che arrivano ai vertici delle istituzioni ma, nonostante siano corrotti, rimangono al loro posto. E se quindi non è tanto un problema di leggi, se appare provata l’espansione della criminalità verso nord, è essenziale che i cittadini siano consapevoli della presenza della mafia. Il “negazionismo” del fenomeno mafioso porta alla sua affermazione, alla sua penetrazione nella società, all’espansione nell’economia distruggendo l’imprenditoria più sana.
 
Ad un giornalista giovane, Daniele Camilli, autore del saggio “La mafia a Viterbo. Una città sotto assedio”, va il compito di descrivere la storia di un fenomeno recente, che porta a smentire una credenza diffusa che continua a ritenere che a Viterbo la mafia non esista.
 
L’inchiesta di Camilli prova il contrario, toccando fenomeni noti come la prostituzione in zone controllate da organizzazioni diverse che si sono divise il territorio. Altri fatti accadono nel disinteresse generale, come il consumo costante di territorio agricolo, la costruzione dei centri residenziali che stanno trasformando il paesaggio in una periferia di Roma, in barba a piani regolatori e urbanistica o con il loro “consenso” addomesticato.
 
Ma l’enorme patrimonio agricolo del viterbese sta anche diventando oggetto di altre speculazioni che vedono gli agricoltori, in difficoltà per la crisi, contattati da individui che, con una liquidità sospetta per i tempi che corrono, offrono di rilevare le proprietà pagando molto di più del reale valore dei terreni. Quindi ci si pone la domanda circa la provenienza di questa massa di danaro che può concedersi “il lusso” di attendere i tempi di future varianti ai piani regolatori.
E una conferma che la penetrazione di entità criminali sia un dato e non un’ipotesi viene dalla recente confisca ad organizzazioni mafiose di cinque terreni.
 
Anche il traffico di rifiuti è diventato un polo d’interesse per le ecomafie come dimostrano i sequestri di discariche e giro di false bolle compilate in Campania. In una situazione che Camilli disegna in modo preciso, con dati puntuali, si innesca anche il fenomeno delle cosiddette “archeomafie” , che in terra etrusca vede il proliferare di scavi clandestinicio che origina il traffico illecito internazionale di reperti archeologici.
 
Per contrastare il fenomeno della mafia, secondo Camilli, non bisogna far finta di nulla, serve un’analisi economica attenta e serve un’informazione che faccia il suo mestiere, andando a indagare sui fatti e non aspettando le notizie in redazione.
 
Anche la CGIL ha voluto portare il suo sostegno all'iniziativa con Cesare Caiazza, responsabile di Roma Nord-Civitavecchia che ha riaffermato i principi della trasparenza delle opere pubbliche e di come si debba privilegiare la salvaguardia della salute dei lavoratori che non è oggetto di scambio con uno sviluppo insostenibile.
 
Ora ci auguriamo che lo Stato ma anche le Istituzioni pubbliche, chiamate in causa da tutti, comprendano come sia indispensabile la lotta alla corruzione, che costa all’Italia non meno di 60 miliardi di euro l’anno. Risorse sottratte al futuro dei giovani, ai servizi agli anziani, alla manutenzione del patrimonio artistico del paese.

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